Sport, lavoro di squadra per il professionismo femminile

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La rivoluzione è iniziata in Francia, al Mondiale di calcio. Sul piatto c’è il professionismo delle calciatrici e, in generale, delle atlete italiane. “Ora che il sistema si è messo in moto, non ci sono più scuse”, è il pensiero della capitana azzurra, Sara Gama, al convegno “L’importante è pareggiareDiritto del lavoro e parità di genere nello sport”, che si è svolto a Milano il 2 dicembre con l’organizzazione dell’Agi, gli Avvocati giuslavoristi italiani. “Basta riempirsi la bocca con la parola professionismo – prosegue la calciatrice – se non si lavora insieme e non si trova un percorso condiviso che porti alle tutele che oggi non abbiamo“. Tutele presenti in Europa solo in cinque campionati – pienamente professionistici – su 51 (sono Inghilterra, Svezia, Russia, Cipro e Ucraina; altri 19 campionati sono semi professionistici).

Di strada, dal primo open day della Juventus Women nel 2015 con tre sole bimbe presenti, di cui una in infradito, ne è stata fatta tanta, grazie al concorso di molti attori: il Governo, l’Associazione italiana calciatori, le tv – Sky in particolare – e la Federazione targata Carlo Tavecchio e con Michele Uva come direttore generale che vollero uno sviluppo vero, strategico del calcio femminile in Italia. C’è il fondo maternità, pur ancora poco conosciuto, c’è l’emendamento alla legge di stabilità che va incontro al calcio femminile, ci sono tante squadre Under 12 che sono il futuro presente dello sport.

Alle Juventus – spiega Gama – ci sono 8, 9 squadre femminili e già questo è un incredibile passo avanti”, se pensiamo che lei, la Capitana, 30 anni, ha solo due anni di contributi versati, quelli che corrispondono alle sue stagioni al Paris Saint-Germain, anno di grazia 2015: lei in finale a Berlino per la Champions League con la squadra francese e, in Italia, la finale di Coppa Italia senza le righe segnate sul campo e con quella frase vergognosa e irripetibile sul calcio femminile.

In sala ci sono le mie compagne Alice Parisi (Fiorentina Women) e Chiara Marchitelli (Inter), anche loro nel consiglio dell’Aic accanto a Giorgio Chiellini, anche loro protagoniste di quello spirito di categoria che ci ha portato a dire che non si poteva più continuare senza tutele. La nostra voce è unita, iniziano a esserci gli investimenti dei club, gli sponsor si avvicinano al nostro sport, Sky fa la differenza e ora bisogna essere in molti a portare avanti queste istanze”. Istanze di uguaglianza e civiltà, istanze che parlano di parità di genere in una società moderna. «Le soluzioni, le vie si possono trovare, basta la volontà declinata nei punti giusti della catena di comando». Per parte loro Fifa (presente la consigliera Evelina Christillin) e Uefa ci sono con progetti e investimenti: “È una sfida culturale e sociale da vincere solo se si gioca insieme”, dice il vicepresidente dell’Uefa, Michele Uva.

Poi, sono gli avvocati giuslavoristi a ricordare che si deve lavorare, studiare un sistema ibrido sartoriale rispetto alla realtà del calcio femminile. “Per ora con il calcio femminile non si fanno i soldi – sottolinea Federico Ferri, direttore responsabile di Sky Sport –, ma si sta costruendo una strada e ricordiamoci che questa generazione di calciatrici, che ha scritto pagine straordinarie di sport in Francia, sarà ricordata come quella che ha fatto la rivoluzione“. E che ora ha una sola voce per il gol che più conta, quello dei diritti.

Le donne unite mai saranno sconfitte” c’è scritto sul muro di fronte alla sede del convegno. Ben più di un monito, di un programma.