Joker è un film pericoloso? Ma per chi?

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Ci sono diverse ragioni per cui Joker è un film potente di cui vale la pena parlare. E non tutte sono prettamente cinematografiche. Anzitutto, c’è da chiedersi perchè il New York Times e il Guardian, due giornali dalle vedute tendenzialmente aperte e democratiche, lo abbiano decisamente maltrattato. Per il Guardian è il film più deludente dell’anno. Per il New York Times è “senza peso e superficiale”, salvo poi attirare l’attenzione sul pericolo di emulazione che può scaturire da film come questi, in cui la separazione tra bene e male non è manichea come si vorrebbe, ma colma di ambiguità.

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Per guardare veramente questo film, bisogna essere pronti a immergersi in un’apnea silenziosa in profondità, perchè il vero messaggio non sta ovviamente sotto la superficie del racconto, ma nemmeno nel sottolivello della metafora sociale. C’è di più, ci sono almeno tre strati di significato da attraversare.

Il primo strato è naturalmente la narrazione dei fatti, e se c’è un pericolo in questo film si annida proprio qui. I meccanismi narrativi sono utilizzati con molta cognizione di causa per creare nello spettatore non solo l’empatia, come già era avvenuto in passato per esempio con l’Alex di Arancia Meccanica. Se lì il carnefice diventava vittima, ed era tutto sommato facile empatizzare con il suo dolore vedendone l’ingiustizia, qui accade il contrario. La vittima si fa carnefice, l’uomo disfatto e spezzato si erge alla fine con una forza che lo rende sorprendentemente affascinante. Il pericolo è dunque di fare una confusione sostanziale tra la deriva patologica del personaggio e una qualche forma di rivolta sociale, di tensione all’uguaglianza, al riscatto, alla giustizia persino. Quella di Joker è una storia di emarginazione dove l’empatia è praticamente d’obbligo. Ma se si arriva all’approvazione delle scelte, all’identificazione, a simpatizzare con la violenza, c’è qualcosa che sta sfuggendo di mano.

Che cosa, lo si può capire solo scendendo in profondità, al secondo livello. Qui si riavvolge il nastro della narrazione e diventa chiara la metafora sociale. In questo livello si può disquisire del carico di violenza presente nel film, ritenerla gratuita, non consona al pubblico mainstream che correrà al cinema aspettandosi di vedere un film sui supereroi. Questa è la lettura moraleggiante. Oppure si può comporre una cartella clinica del personaggio, per togliersi di dosso quella vischiosità empatica e provare a ridefinire il disagio in una lettura dei traumi che sposti l’identificazione in una zona più sicura, quella in cui si annidano le zone d’ombra che in fondo tutti possediamo. Ma si può anche darne una lettura politica: se Gotham City è la rappresentazione simbolica delle democrazie occidentali, allora la deriva criminale del protagonista sofferente è il risultato di precise scelte politiche: i tagli alla spesa pubblica, i servizi sociali praticamente inesistenti, la povertà dilagante che trasforma tutti in monadi diffidenti e aggressive. È vero tutto, ognuna di queste letture ha la sua verità.

joker4Ma la vera potenza del film credo si dispieghi nel terzo strato, scendendo in profondità: qui avviene uno scardinamento del linguaggio. Il cittadino Arthur si trasforma nel criminale Joker con queste parole: “Ho sempre creduto che la mia vita fosse una tragedia. Invece era solo una commedia”. A questo punto tutte le carte del suo passato sono state mischiate, non siamo più certi di cosa abbia causato la frattura nella sua psiche. Ma non importa più. Joker utilizza la violenza per liberarsi di tutto ciò che lo circonda e lo ferisce. Se il film fosse finito con la scena del piccolo Bruce Wayne nel vicolo accanto ai genitori morti (genesi di Batman), tutta la morale del film si sarebbe ricomposta in quel messaggio di ingiustizia: guarda cosa succede quando la violenza prende il sopravvento, soffrono tutti. Invece c’è un’ulteriore scena, giocata sugli stilemi della commedia musicale, con un Joker che cammina incontro al sole, danzando su una canzoncina allegra, inseguito da un lato all’altro dello schermo dai suoi infermieri nell’ospedale psichiatrico. Una scena stridente, fastidiosa.

joker2Metafora nella metafora: il personaggio si libera distruggendo il linguaggio che causa sofferenza e riappropriandosi del significato delle cose. In questo strato di significato non esiste più nessuna simpatia per la violenza di Joker. Ritroviamo la consapevolezza delle ambiguità di un linguaggio che emargina o esalta arbitrariamente, senza nessuna connessione con il merito personale.  Non è un caso che il cinema di Gotham stia proiettando per i ricchi una pellicola di Charlie Chaplin. Gran parte della comicità occidentale si basa sulla sfortuna altrui, sulle disgrazie. Buster Keaton, Ugo Fantozzi. Tom e Jerry. Ma non è solo questo. La brutalità linguistica che si annida in questo strato, ci dice sostanzialmente che se vogliamo cambiare la società, dobbiamo anzitutto cambiare il modo in cui la raccontiamo e ne parliamo. Non si tratta per noi di riscrivere il significato di commedia e tragedia. Non si tratta di ridere della violenza come il Joker patologico. Ma per esempio di rivedere i termini che usiamo per raccontare i femminicidi, per raccontare il successo, per spiegare il progresso tecnologico, per definire la nostra identità, e via così. In questo senso sì che siamo chiamati a mettere sotto assedio la polis con ferro e fuoco, ovvero con intelligenza e attenzione. Dobbiamo riappropriarci delle parole e del loro significato, se vogliamo rimodellare la realtà che ci circonda. 

joker3E se qualcuno avesse ancora voglia di dire che si tratta solo di un film su un fumetto, si sappia che Todd Philips, il regista, lo ha descritto come  uno stratagemma per far passare al grande pubblico “un vero film facendolo sembrare un film su una storia dei fumetti”.

  • Paola |

    Ne ho assaporato dal primo all’ultimo fotogramma.. L’ho trovato intenso ed assolutamente valido oggi come nel 1981, periodo in cui si incentra la vicenda. L’interpretazione di Phoenix e’ superlativa. Credo si possa cogliere un ulteriore livello.. ‘La liberazione’ dalla catena morale che vuole il protagonista bloccato nel meccanismo dell’uomo ovattato dai farmaci incapace di reagire alla brutalità che lo circonda, inconsapevole di se stesso.. Quel che ne viene fuori è la reazione più terrificante ma l’unica per lui. In un mondo fatto di capre inconsapevoli e meccanizzate, ogni sorta di scossa è un sollievo.

  • Roberto Benedetti |

    È solo un film noioso. Arancia meccanica invece era un capolavoro.

  • Andrea |

    c’è un quarto livello: il crimine può trasformare chiunque, anche il più anonimo, in una celebrità.

  • Mel |

    In realta’ uno degli stilemi seguiti da Phenix era di cercare che nessuno si potesse identificare nel personaggio:
    https://variety.com/2019/film/news/joker-joaquin-phoenix-todd-phillips-venice-film-festival-1203320067/

    …e francamente mi pare che ci sia abbastanza riuscito.

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