“Credo che tutti siamo un po’ influencer, perché tutti abbiamo influenza su qualcuno“. Parola di Loretta Grace, che definire solo influencer sarebbe riduttivo. Nata ad Atri (in provincia di teramo), Loretta Grace è innanzitutto una cantante e attrice. Nella stagione 2011/12 è stata la protagonista del musical “Sister Act” al teatro Nazionale di Milano prodotto dalla Stage Entertainment e da Whoopi Goldberg. Proprio quest’ultima ha speso per l’artista italiana parole di elogio.
La seconda vita, parallela, di Loretta Grace è quella di creator e social influencer con una presenza su youtube di un canale che si è andato ad affiancare a quello personale di cantante. Si tratta di “Grace on your Dash”. E da poco è anche autrice di un libro, “Skin”, edito da Mondadori. “Avevo aperto il canale dedicato alla mia musica per esigenze lavorative. Poi un po’ per gioco e un po’ per il disagio di non riuscire a truccarmi in modo adeguato al mio incarnato, ho aperto un secondo canale. Ho capito così, dai commenti e dai messaggi che ho ricevuto, che le mie esigenze di trucco erano condivise da altri. Con il tempo, quindi, ho deciso di dar voce alla community che mi segue, intervistando ragazzi con esigenze diverse e dando loro la possibilità di diventare a loro volta punti di riferimento per altri” spiega Grace ad alley Oop, aggiungendo: “Cerco di sfruttare la mia piattaforma per migliorare la realtà in cui viviamo. Cerco di lavorare in modo che ci sia un connubio fra divertimento eapprendimento. Mi sembra di riuscire a portare le persone, che mi seguono, a riflettere su quello che io dico. E questo è già un gran traguardo“.
Il nuovo canale di Loretta Grace è partito a fine 2012 e qualcosa in questi sette anni è effettivamente cambiato sul web. “Sicuramente siamo arrivati a un sovrappopolamento sul web. Oggi tutti vogliono fare gli influencer. Non c’è ancora la consapevolezza di cosa voglia dire fare questo lavoro seriamente. Dietro un canale di Youtube, ad esempio, c’è una gran preparazione, conoscenza, attrezzature, brain storming. Non puoi pensare di esordire con video realizzati in casa e attrezzature non adeguate. Inoltre devi essere in grado di indicizzare i contenuti, usare tag e titoli corretti senza scadere nel click bite, fare copertina di un video che sia di qualità. Insomma ci sono tante complessità a cui normalmente non si pensa” spiega Grace, sottolineando poi: “In Italia la figura degli influencer non è riconosciuta quindi anche a livello fiscale è difficile essere inquadrati“.
Il web è cambiato anche per l’atteggiamento delle persone che lo frequentano, non solo per il livello di strutturazione dei contenuti. “Il web a differenza di qualche anno fa è più arrabbiato, xenofobo e ignorante. Non so cosa spinga certe persone a scrivere certe cose. Le persone sembrano non avere il giusto livello di empatia nei confronti degli altri utenti o insultano i creator. Cose che magari non farebbero mai trovandosi una persona davanti” commenta Grace, che è stata scelta come nuova ambassador del progetto Vivi Internet, al meglio, l’iniziativa sviluppata da Google in collaborazione con Telefono Azzurro e Altroconsumo, per promuovere l’educazione civica digitale tra i giovani. E proprio questa settimana la creator è impegnata al Giffoni Film Festival, dove sono state annunciate nuove attività e contenuti per aiutare i più giovani a gestire l’odio e commenti negativi online.
Secondo una ricerca commissionata da Google[1], il 98% degli insegnanti italiani ritiene che corsi sulla sicurezza online dovrebbero essere inseriti nei curricula scolastici e l’85% ha dichiarato di non disporre attualmente dei mezzi necessari per affrontare simili problematiche. Secondo l’87% degli intervistati, neppure i genitori farebbero abbastanza in materia di sicurezza online. In questo contesto i role model dei giovani possono giocare un ruolo importante nella formazione all’uso corretto di internet.
“La critica è lecita, ma non deve superare certi limiti. Ci sono modi per esprimere la propria opinione, anche di dissenso, nei confronti del contenuto che si guarda. Ma se qualcuno scrive: “E’ un video di merda. Fai cagare. Ammazzati”, spesso non pensa che dall’altra parte dello schermo c’è una persona, autrice di quel contenuto. Si pensa che il web sia un mondo parallelo che non ha a che fare con la realtà, così è diventato una discarica dove distribuire le proprie frustrazione a suon di tastiera” spiega Grace, che aggiunge: “Negli ultimi due anni, poi, è come se si fosse creata un’astinenza da topic drammatici. Io lo osservo con le notizie che mi riguardano: che ogni volta che il mio nome viene abbinato a situazioni “drammatiche”, i miei contatti su Instagram registrano picchi di contatti“.
Con circa 40mila tweet negativi nel giro di tre mesi, le donne poi quest’anno si sono confermate tra le categorie maggiormente nel mirino degli haters via social. Gli ultimi dati, riferiti al periodo marzo-maggio 2019, della mappa curata da Vox-Osservatorio italiano sui diritti registrano un piccolo aumento dell’1,7% dei tweet rispetto allo stesso periodo del 2018. Mentre per gli omosessuali, grazie probabilmente anche al cambiamento culturale prodotto dalle leggi sulle unioni civili, continua per il secondo anno di seguito la tendenza negativa nei tweet di odio (-4,2%), le donne sono ancora sul podio delle categorie più vessate. Insieme agli islamici (30.387 tweet negativi) e ai migranti (che registrano quest’anno l’aumento più forte e si piazzano in pole position con a 49.695 tweet negativi).
“Non esistono tutele. Ho assistito a persone davvero in crisi per quanto ricevono come commenti sul web. L’opinione pubblica d’altra parte si autogiustifica: tu ti esponi pubblicamente e quindi devi accettare qualunque cosa. Ma non è così” sottolinea Grace, proseguendo poi: “Il mio pubblico è molto ben educato. I creator, a mio avviso, devono dare l’esempio per primi su come ci si deve comportare. Se le persone che commentano i tuoi contenuti vedono che è un oasi di pace il tuo canale, è difficile che arrivino commenti aggressivi. Se vedi invece passare la qualunque, ti senti legittimato a scrivere qualunque cosa“. Proprio per questo, secondo Grace, diventano fondamentali le impostazioni del proprio canale. Su Youtube, ad esempio, lei usa la funzione in base alla quale non sono visibili commenti che contengano determinate parole, come negra, scimmia, a così via (“Una persona con una pelle scura è più soggetta a questi attacchi“). “Ho scelto di lasciare i commenti ma mettendo dei filtri alle parole: negri di merda, ciccione di merda e così via. In questo cerco sempre di incentivare i miei colleghi, perché credo che sia importante filtrare quello che le persone dicono, perché le parole sono importante e possono ferire. Bisogna imparare a tutelarsi“.
Poi ci sono gli eccessi a cui bisogna porre dei limiti con altri mezzi. “Due anni fa ho dovuto querelare una persona per diffamazione aggravata a mezzo stampa” ricorda Grace, che sottolinea: “Capita spesso che le persone che mi hanno fatto male sui social siano persone che hanno una diversity. E’ come se le persone che stanno male, decidano poi di fare male agli altri. E per me non è stato sempre semplice alzarsi la mattina e dire affronto la giornata, quando ricevevo attacchi personali“.
Ma chi sono gli haters? “Spesso sono persone adulte che vengono da un’altra generazione e non sanno a cosa può portare questa tempesta di commenti. Non ti conoscono, non ti hanno mai visto, non ti hanno mai parlato. Eppure si permettono di dirti certe cose, di attaccarti. E’ come se ci fosse ormai un’assefuazione verso questi tipi di contenuti. In America ci sono anche canali con milioni di visualizzazioni per contenuti spacciati come intrattenimento e in realtà sono attacchi a spese di alcune persone” osserva Grace, che reagisce: “Io però non voglio farmi mettere i piedi in testa da queste persone. Alcuni creator in questo momento hanno paura di rimanere coinvolti in questi attacchi e a causa del terrorismo psicologico subito, non parlano. Qualche lacrima è scesa anche a me, ma io non mi arrendo alle persone che diffamano per il gusto di farlo”.
Quale antidoto possiamo usare contro l’odio? “Non c’è un codice di comportamento. Bisognerebbe scriverlo e andrebbe insegnato già a scuola” sottolinea la creator, che ci tiene a mandare un messaggio, soprattutto ai giovani: “Pensate prima di scrivere. Se tu attacchi il tuo compagno perché ha i brufoli, la prossima volta la vitta potresti essere tu. E se sei vittima di cyberbullismo, parlane con i tuoi genitori. Bisogna prendere provvedimenti seri, segnalare e dare il buon esempio. Non si può lasciar correre“.