Ha solo 28 anni, Aurora Casillo. Eppure insieme al fratello e al padre è già sulla plancia di comando del Pastificio Liguori. E da marzo è anche la prima presidente donna del Consorzio di Tutela della Pasta di Gragnano IGP. Eletta all’unanimità dai 14 produttori soci: «Sono tra le persone che si sono battute di più per far ottenere al consorzio il riconoscimento da parte del Ministero, per questo mi hanno scelta», racconta. E ora che è al comando delle imprese di Gragnano ha chiaro in testa dove portarle: sempre più verso l’orizzonte lontano dei mercati esteri. Là dove può crescere davvero il business della pasta made in Italy.
Gragnano è una cittadina della Campania dove la pasta è il prodotto tipico da almeno 500 anni. Il microclima del suo altopiano, compreso tra il mare e i monti Lattari, è quello che ha reso l’essicazione della sua pasta un processo unico al mondo. Un processo che ora viene riprodotto negli stabilimenti dei pastifici: ce ne sono 21, di cui 14 nel 2013 si sono messi insieme e hanno ottenuto il riconoscimento di IGP – Indicazione geografica tipica – per la pasta di Gragnano. Il secondo passo, per il Consorzio, è stato quello di ottenere l’ok dal governo a esercitare anche funzioni di vigilanza e tutela. «Il mio compito ora – dice Aurora Casillo – è quello di portare dentro il Conzorzio anche le imprese che ancora non ci sono: non c’è ragione che restino fuori, ora che sono comunque obbligate a versare le quote per i controlli».
La pasta di Gragnano IGP viene prodotta ogni anno in 100mila tonnellate, di cui sono il 20% è destinato all’esportazione. «Nell’export io credo particolarmente – racconta la neopresidente – i miei sforzi saranno tutti concentrati per far aumentare questa quota». Nella Ue le IGP sono riconosciute, ma sui mercati extraeuropei non è così, Stati Uniti in testa: «Se non ha valore legale – spiega Aurora Casillo – l’indicazione geografica è pur sempre un sinonimo di brand. E io voglio che la pasta di Gragnano nel mondo diventi come il Parmigiano reggiano: un marchio made in Italy riconosciuto e apprezzato». Per fare questo, lavorare in squadra è meglio che lavorare da soli. Così, Aurora Casillo sta pensando di individuare un brand ambassador non del suo plastificio di famiglia, ma di tutti i pastifici del consorzio. «Uno chef, per esempio – dice – che sia capace di raccontare le ricette ma anche il territorio da cui gli ingredienti provengono».
Aurora Casillo è convinta che il successo della sua pasta – della sua, come di quella degli altri suoi colleghi – stia tutto nel saperne raccontare la storia. Che è la storia di una differenza: nel grande duro selezionato, nell’acqua di sorgente, nella lavorazione, che ne fanno un prodotto diverso da tutti gli altri. «Dobbiamo imparare a raccontare questa qualità – dice – io per esempio l’ho imparata stando direttamente a contatto coi macchinari dello stabilimento». Perché la figlia del proprietario ha cominciato da lì, dalla fabbrica, dal funzionamento dei macchinari. Se sarà lei un giorno a guidare l’azienda e i suoi 90 dipendenti? «Per il momento mio padre ha solo 57 anni, è ancora troppo giovane per lasciare. E poi c’è mio fratello più grande», dice. La più piccola di casa no, invece, ha altri piani: pare voglia fare la batterista in una band.