Fatherly è un news brand statunitense che si occupa di nuova genitorialità. Può piacere oppure no: Ma non gli si può non riconoscere la capacità di individuare tendenze e incidere sull’opinione del suo pubblico di riferimento, che naturalmente è di uomini con figli. Da qualche mese a questa parte gran parte dello sforzo redazionale è concentrato nel racconto di nuove mascolinità. Ma soprattutto nella denuncia della toxic masculinity, la mascolinità tossica, che poi non è altro che violenza – fisica, emotiva, verbale – per ottenere il dominio del singolo – o più spesso del branco – sull’estraneo che sia di genere, razza, religione e via elencando. Detta così sembra una devianza carceraria. Eppure basta scorrere le cronache di un qualsiasi quotidiano o soffermarsi qualche minuto sui social network per scoprire che è un fenomeno sociale rilevante.
Sicuramente discutere di mascolinità tossica e dintorni rischia di essere una pratica salottiera, se non viene accompagnata dal tentativo di costruire nuovi modelli di riferimento, senza una riflessione sull’educazione e le dinamiche di genere. Fatherly esprime il meglio proprio su questo versante, proponendo storie di uomini che non si conformano alle norme maschili e sul lavoro vengono penalizzati, parlando di padri di cura e dad-at-home. Nei loro articoli ritorna spesso il termine “uomini sensibili” e sembra strano che non sia un ossimoro o uno sciocco riferimento all’omosessualità.
Cambiando focale e riconoscendo a Fatherly il giusto ruolo di nicchia che gli spetta, è evidente invece che una gran mole di produzione culturale si stia concentrando su quello che è stato definito women’s empowerment e molta di questa punti a contrastare modelli femminili regressivi, tramutandosi in letteratura per l’infanzia, per le bambine. Scettico sul metodo e non sui fini mi chiedo se questo basti. Tutta questa forza non servirà per competere su un terreno da gioco scelto da altri?
Mosso anche per questi motivi credo che sia di una qualche utilità riproporre qui una selezione di frasi tossiche, di quelle cose che madri e padri dicono ai figli maschi, ma che proprio non dovrebbero.
Sei troppo sensibile. Sopprimere ciò che rendere vulnerabili può essere una buona strategia educativa nella Sparta del VII secolo AC, ma oggi?
I maschietti non piangono. Le ragazze sì, ovviamente. Anche i The Cure hanno detto la loro, e va bene così.
È una cosa da femminucce. Che si tratti di un gioco, di un’attività o di un atteggiamento, tracciare un solco netto fra donne e uomini pare non essere poi una così buona idea.
Sei già un ometto. Insomma, prossimo all’investitura, all’ingresso nella comunità dei forti, degli uomini. Quelli che dettano le regole, che sanno orientarsi nel mondo, quelli egemonici, insomma.
Sono cose da maschi. Così da sollevare da ogni responsabilità, così da giustificare la violenza e scambiare l’aggressività con l’esuberanza fisica.
Nel tentativo di crescere figli forti, quante volte abbiamo sbagliato e quante ancora lo faremo?