Mamma, papà, potreste mettere giù il cellulare un momento?

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Si parla tanto dell’uso sempre più precoce e diffuso di smartphone, tablet e pc tra i bambini e gli adolescenti: con toni spesso allarmistici, se ne sottolineano gli effetti sulla capacità di prestare attenzione e di concentrarsi, di essere empatici e di relazionarsi con coetanei, familiari e insegnanti. Si parla meno, se non nei termini del “cattivo esempio”, dell’impatto che un uso eccessivo dei cellulari da parte delle madri e dei padri possa avere sulla genitorialità e dunque sui figli.

Una campagna video lanciata qualche giorno fa, che vede come protagonista l’ex milanese imbruttito, affronta questo tema con leggerezza e ironia. Nel video si osservano genitori e figli a ruoli invertiti, con questi ultimi, maturi e responsabili, impegnati a rimproverare il genitore indisciplinato, sempre ad occhi bassi sul proprio cellulare non solo quando è a tavola, ma anche al cinema e durante la partita di calcio del figlio. “Dai papà, metti giù il telefono”, chiede il bambino. “Un attimo – risponde il padre – finisco di rispondere a un messaggio…”.

Secondo i dati di una survey condotta da Digital Awareness UK, oltre un adolescente su 3 dei duemila intervistati, di età compresa fra gli 11 e i 18 anni, ha chiesto alla madre e al padre di limitare l’utilizzo dello smartphone. Un coro che si unisce a quello degli psicologi e degli psicopatologi dell’età evolutiva che da sempre analizzano gli effetti della disattenzione genitoriale su bambini e adolescenti e che, ultimamente, stanno investigando l’impatto di quella particolare forma di distrazione generata dall’iperattività tecnologica in presenza dei figli.

Analizzando le registrazioni video di 225 famiglie durante un pasto, Jenny Radesky della Michigan University ha mostrato come in presenza dei cellulari le interazioni genitori-figli si riducano drasticamente: una caduta del 20% nelle interazioni verbali, del 39% nella comunicazione non verbale e del 28% nella presenza di incoraggiamenti e lodi da parte delle madri. In un altro studio pubblicato quest’anno, nel quale il 40% delle madri e il 32% dei padri dichiaravano di non poter resistere a controllare continuamente i messaggi arrivati sui social e a rispondere alle chiamate in arrivo, i genitori ammettevano la propria difficoltà a prestare attenzione al bambino, a rendersi conto di ciò di cui aveva bisogno e a rispondere alle sue richieste. I cellulari, insomma, sempre più comunemente rappresentano un’interferenza nella sintonizzazione genitori figli, tanto da indurre i ricercatori a coniare il neologismo “tecnoferenza”.

Quali le conseguenze sui figli? Una ricerca pubblicata nel 2016 su Developmental Science osservava come i bambini di età inferiore ai due anni sviluppassero intense reazioni di stress mentre le madri erano impegnate sui loro cellulari, reazioni che non sembravano dipendere da altre variabili come il temperamento, la capacità relazionale e l’autonomia nell’esplorazione dell’ambiente. Un uso più frequente del cellulare da parte delle madri si associava non solo a più frequenti emozioni di ansia e tristezza nel bambino, ma anche ad una maggiore difficoltà a calmarsi quando le madri, riposto lo strumento tecnologico, si riavvicinavano: i ricercatori concludevano che l’uso dello smartphone ha effetti paragonabili ad altre forme di disattenzione e scarsa responsività da parte del genitore, potendo incidere negativamente sia sullo sviluppo emotivo del bambino che sulla qualità dell’interazione genitori-figli.

Quando il genitore è davanti al cellulare, durante i pasti, nel corso di una conversazione o in altri momenti della vita familiare in cui i figli sono presenti, i bambini si sentono “meno importanti” o “non importanti” e possono avviare una sorta di competizione con lo strumento tecnologico, con l’obiettivo di ottenere ciò di cui hanno più bisogno, ossia l’attenzione della mamma e del papà. I modi per ottenerla possono essere molteplici, ma il ricorso a comportamenti disturbanti o oppositivi è frequente perché, non dimentichiamolo, sono molto “efficaci”: se grida, rompe qualcosa o picchia il fratellino, un bambino ottiene attenzione immediata.

Non sorprende, dunque, che un uso eccessivo di smartphone e tablet da parte dei genitori si associ a più frequenti difficoltà psicologiche nei bambini. Cure materne e paterne distratte o offerte “a singhiozzo” possono condurre non solo a disturbi del comportamento e della condotta ma anche a difficoltà nella gestione dell’ansia e depressione in età adolescenziale.

Ancora una volta, non siamo qui a demonizzare le tecnologie in quanto tecnologie, ma in quanto occasione e pretesto, in mezzo a tanti altri, per la disattenzione dei genitori. La preoccupazione verso una presenza eccessiva di smartphone e nuove tecnologie nella vita dei bambini dovrebbe dunque includere anche una riflessione sulla genitorialità, visto che molti adulti al pari dei bambini e degli adolescenti sono attratti dalle nuove tecnologie quale strumento di informazione, gioco e svago, rifugio dai problemi, supporto per la regolazione della noia, della frustrazione e dell’ansia.

Viviamo in un’epoca complessa nella quale, tra stimolazioni continue e ritmi accelerati, finiamo per essere sempre un po’ distratti e sempre un po’ assenti, complici gli sms, le mail e Facebook. Sempre più spesso ci ritroviamo ad abitare un luogo che è un “non qui” e un “non ora”, lontano dalla percezione sensoriale del momento presente.

“Il tempo che passi attaccato al tuo smartphone non ritorna più”, chiosa Germano Lanzoni nel video. Non torna per noi e non fa bene ai bambini perché, come scrive Diana Fosha, una nota psicologa americana: «Le radici della resilienza sono da ricercarsi in quella sensazione di essere compresi e presenti nella mente e nel cuore di un altro che ci ama, che è sintonizzato e padrone di sé». E poiché il 20 novembre è la giornata mondiale sui diritti dei bambini e degli adolescenti, si potrebbe proporre di inserire nella convenzione un nuovo diritto: quello ad un genitore attento.