Concentratissima nel suo casco con le mani strette al volante del kart, fissa con gli occhi scuri come l’ebano il percorso davanti a sé, arriva la curva, la prende a tutta velocità: ecco che tutte le ruote si librano in aria, sta volando: il fotografo scatta e fissa quell’istante nel tempo. Da quel momento Amna Al Qubaisi diventa flying girl.
Ora Amna ha 18 anni e dal kart è passata alla formula 4 con PREMA Theodore Racing team ed è la prima donna araba a guidare una formula car.
La giovane Amna, nata ad Abu Dhabi negli Emirati Arabi Uniti il 28 marzo del 2000, ha una lunga e variegata carriera sportiva alle spalle: è partita dalla ginnastica artistica, dove per dieci anni ha concorso a livello agonistico, ma che come mi spiega, per lei non era abbastanza: “c’era una sola competizione l’anno, 364 giorni l’anno per allenarsi ed uno solo per competere non era sufficiente, avevo bisogno di più adrenalina, di più competizione, che sono arrivati grazie ai motori.”
Il padre di Amna viaggiava molto e lavorava nel mondo dei motori. E’ stato lui a regalarle la possibilità di conoscere piloti, provare auto ed Amna ha così cominciato a trovare questo mondo molto affascinante. Poi il battesimo con i motori è stato il karting. Da lì alla Formula 4 il passo è stato breve, anche grazie alla sponsorizzazione di Kaspersky Lab, che ha scelto di sostenerla in quanto modello femminile forte e positivo.
In Formula 4 le gare sono circa sei l’anno ela sua vita ora non è più nemmeno lontanamente simile a quella delle sue coetanee, se non nel fatto che la priorità è lo studio e se non porta a casa i risultati che si aspettano i genitori, non può correre. Ma anche le aspirazioni nello studio sono un tutt’uno con la sua passione per le corse, tanto che sceglierà il corso di laurea in ingegneria meccanica, per esser in grado un giorno di riparare la propria auto da sé. Ha le idee chiare e racconta assertiva ad Alley Oop: “Non sono stata ad una festa in tre anni per via delle gare. Sono sempre impegnata, ho perso degli amici, la mia vita è cambiata molto, sono sempre in viaggio in aereo, in diversi Paesi con diversi fusi orari, ma questo è ciò che voglio. Il mio obiettivo? Tra qualche anno prima la Formula 3, la Formula 2 e poi chissà magari correrò con i campioni di Formula 1?”
Correre in formula 4 ha fatto crescere molto Amna, che non dimostra decisamente la sua età, ha un maturità plasmata dalla responsabilità verso se stessa, verso la sua famiglia e verso il suo team. La responsabilità verso se stessa è venuta affrontando la paura con maggiore consapevolezza: “all’inizio ho dovuto imparare a superare la paura: se volevo andare veloce, dovevo avere fiducia negli ingegneri, quando mi dicevano in questa curva puoi schiacciare sull’acceleratore. All’inizio avevo davvero paura, il mio cuore batteva forte, non riuscivo a respirare, ma poi mi sono accorta che ce la potevo fare. Ci vuole un pò di tempo, ogni pilota ha la sua scala di paura, per alcuni ci vuole tempo per prendere fiducia nella macchina altri dopo un incidente capiscono come fare al meglio”.
Correre in kart o in Formula 4 è molto diverso: se si fa un incidente e rompi l’auto di Formula 4, non basta un minuto per ripararla, la gara è compromessa e il tuo team viene penalizzato. Ci vuole consapevolezza, in ogni istante, di ciò che si sta facendo. E proprio per questo Amna non è la classica adolescente che non pensa alle conseguenze di gesti sconsiderati. Il giorno che ci incontriamo ad Imola è reduce da un incidente dove la macchina aveva subito un duro colpo. Il suo sguardo mentre mi racconta dell’incidente del giorno prima è uno sguardo adulto. Per stemperare l’atmosfera le chiedo se ha dei riti, delle superstizioni prima della gara, vorrei che venisse fuori anche la bambina che è in lei. Le si illuminano i profondi occhi neri mentre sorridente mi dice: “prima di ogni gara mangio sempre la pasta, bevo una camomilla, quando mi sveglio mi alzo sempre dal lato destro del letto, prima di andare in pista ascolto sempre la stessa musica, poi abbraccio mia mamma (se non abbraccio la mamma finisco sempre per ultima), mia sorella e mio padre sempre nello stesso ordine”.
Alla mia provocazione se si sia mai sentita discriminata in pista mi risponde con un sorriso: “io non sento stereotipi di genere soprattutto nel mio team, la curiosità verso una pilota è forte, quindi sento di essere osservata con interesse. Quando sei in pista nessuno guarda se sei maschio o femmina, tu sei solamente un numero di gara”.
Però ammette che questo sport richiede tanto impegno e una donna mediamente ha un forte senso del dovere, è curiosa, presta attenzione alle spiegazioni e vuole imparare, mentre gli uomini, in generale, non vogliono imparare da altri uomini e a volte si fanno prendere dalla competizione e non ragionano. Lo sguardo le si accende divertito mentre mi racconta di un episodio: “quando sono nella macchina e vedo due uomini che lottano per la posizione, sono dietro di loro, e penso: che sciocchi, perchè litigano? Potrebbero essere smart e aiutarsi, raggiungere l’altro pilota e solo dopo lottare: mi è successo una volta ed ho guadagnato due posizioni in un colpo solo”.
Amna sa che la passione che ha scelto le sta togliendo un pò di adolescenza, nonostante le stia regalando tante soddisfazioni. E’ ormai diventata un simbolo per il suo Paese e per la cultura araba che rappresenta: “il fatto che le donne in Arabia Saudita ora possano guidare è un importante segno di indipendenza guadagnato con fatica. Ora si spera che si apra il settore delle gare a motori, perché fino ad oggi non abbiamo mai visto in pista una donna dell’Arabia Saudita. Che sia benedetto il mio Paese dove le donne da quando hanno 16 anni possono guidare accompagnate da un adulto e dai 18 anni da sole: nel mio Paese le donne vengono valorizzate in ogni settore, sono molto fiera di venire dagli Emirati Arabi.”
Go flying girl!