Avril Lavigne, storia di una rinascita messa in musica

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Cinque anni per rinascere. Per sentirsi nuovamente viva. Avril Lavigne è tornata. Ricomincia dalla musica, dal suo mondo di parole e note. Lo fa con una canzone che mette i brividi. Struggente, feroce. Una ballata che parla di una donna che non si arrende. È il racconto di una battaglia, quella che la cantante sta combattendo contro la malattia di Lyme, male che l’ha colpita nel 2013 trascinandola fuori dalle scene musicali. Cresciuta nella piccola città canadese di Napanee, Lavigne ha raccolto, sin da quando era giovanissima, il coraggio. A 15 anni si esibiva già sul palco, a 17 ha lasciato l’Ontario per seguire il richiamo ineludibile della musica. New York, poi Los Angeles per registrare il suo primo album. Un debutto fulminante con il singolo “Complicated” e un disco schizzato subito in testa alle classifiche di mezzo globo. Lavigne canta e incanta con una voce che mixa fragilità e forza. Un timbro vocale unico che conquista sin da subito milioni di fan in tutto il mondo.

«Tutto quello che voglio è che la gente ascolti la mia musica» ha ripetuto sempre. I fan come motivazione principale e una definizione semplice, schietta nonostante il successo planetario. «Sono solo una diciassettenne a cui piace scrivere canzoni, suonare e cantare rock» aveva affermato in un’intervista.

Lavigne non ha mai dichiarato di essere femminista. Ha però rivoluzionato il mondo della musica. Non hai mai voluto compiacere o sedurre, ma ha cercato di essere se stessa reclamandolo. Una donna che ha rifuggito stereotipi ed etichette. «Io voglio essere come sono realmente. Non come mi dipingete. Ribelle o punk» ha sempre ribadito e cantato “non dirmi cosa devo dire, non dirmi cosa devo essere”.

Non ha solamente parlato di dilemmi amorosi sferzando e ruggendo con i suoi testi. Ha occupato spazi che per molto tempo sono stati considerati esclusivamente maschili come i parchi dedicati a chi ama lo skateboard e le stesse scene musicali pop punk riservate da sempre agli uomini. Ha fatto capire a molte adolescenti che non dovevano più restare in silenzio, che era arrivato il momento di rivendicare la loro personalità, le loro contraddizioni, di mostrare al mondo la loro essenza unica senza lasciarsi ingabbiare dalle omologazioni. È stata un’icona del pop commerciale, ma anche una ragazza che si è opposta alle aspettative di quell’ambiente che era solito esprimere una femminilità conformata e segregante.

Lavigne nel frattempo è cresciuta. Ha continuato a pubblicare album, a esibirsi davanti al pubblico, a cantare, a raccontare la sua generazione. Fino a quando si è trovata immersa nel momento più buio della sua vita. A 30 anni inizia a sentirsi molto stanca, stordita, senza energia. Durante i festeggiamenti del suo compleanno a Las Vegas, un party a bordo piscina, non riesce a mangiare ed è costretta a rifugiarsi nella sua camera.
I medici le dicono che è pazza, depressa, isterica che i suoi problemi sono inesistenti.
Lavigne cerca di capire da sola cosa l’ha colpita. Va da altri dottori che le confermano i suoi sospetti. Ha la malattia di Lyme. Patologia batterica provocata dal morso di un insetto che può portare gravi disturbi cardiovascolari e neurologici. Costretta a lungo a letto, precipita in un incubo.

«Sentivo di non riuscire a respirare, non potevo parlare o muovermi. Non riuscivo a farmi neanche una doccia» ha raccontato la cantantautrice in una commovente intervista.
In uno di questi momenti così terribili è nata la canzone che segna il suo ritorno e preannuncia il suo nuovo album. “Head above water”. È lei stessa a raccontarlo ai suoi fan in una lettera che ha pubblicato nel suo sito web.


«Una notte ho pensato di morire. Avevo accettato l’idea di non farcela e di sentire il mio corpo fermarsi da un momento all’altro. Ero a letto e mia madre era vicino a me. Mi sono sentita come se stessi annegando. Come se fossi sott’acqua con un urgente bisogno di avere un po’ d’aria. Come se fossi un fiume in mezzo alla corrente. Senza più riuscire a respirare. Ho pregato Dio di aiutarmi a mantenere la testa fuori dall’acqua». La canzone, sgorgata da un istante di terrore, è un grido di rinascita che ha subito conquistato la vetta della classifica mondiale di iTunes.

Lavigne ha toccato il fondo degli abissi più oscuri ed è riemersa. Perché quando il buio profondo cerca di inghiottirci, non è mai per sempre. Il risveglio può essere brusco come le tenebre squarciate da un fascio di luce. Ma è quella sferzata che ci ricorda che dobbiamo vivere e combattere. «Questa sono io. Questo disco racconta la mia storia» – scrive – «Sono stata in grado di trasformare questa lotta in musica e ne sono molto orgogliosa. Mi ha aiutato a guarirmi e a mantenermi in vita».

Non è stato facile per la cantautrice parlare della sua malattia. Ha deciso di mettere da parte la paura, non si è tenuta tutto dentro. I suoi fan l’hanno aiutata con un mare d’affetto e lei ha deciso di mostrare la sua vulnerabilità da cui è scaturita una grande forza. Lavigne ha deciso di muoversi con la sua fondazione benefica che raccoglierà fondi da devolvere alla ricerca proprio per la malattia di Lyme. Ma è attraverso la musica, con questa canzone così forte e potente, che ha toccato il cuore:

“Devo mantenere la calma prima della tempesta
Non voglio niente di meno e niente di più
Ho dovuto sigillare le finestre e le porte
Per tenermi al sicuro, per tenermi al caldo
Sì, la mia vita è quello per cui sto lottando
Non posso separarmi dal mare, non riesco a raggiungere la riva
E la mia voce diventa la forza che mi guida
Non lascerò che questo mi spinga a fondo”.

  • Pablox |

    Bellissimo articolo, forse il migliore che ho letto su Avril da molto tempo. Niente luoghi comuni ma una descrizione dell’artista semplice ma completa, e soprattutto il racconto dei suoi problemi e di come la musica possa aiutare le persone, sia chi la fa, sia chi l’ascolta. (e lo dice anche la scienza).

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