Il disegno di legge 735 a firma Pillon è un’ottima notizia per il nostro Paese. A quanto pare abbiamo finalmente deciso di prendere sul serio le raccomandazioni europee* e l’esempio di Paesi come il Belgio e la Svezia, più avanti di noi sul tema della genitorialità condivisa.
“Il bambino”, dice testualmente il documento “ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con il padre e con la madre, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali, con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni e pari opportunità. Ha anche il diritto di trascorrere con ciascuno dei genitori tempi paritetici o equipollenti, salvi i casi di impossibilità materiale.”
Bene: da dove cominciamo?
- Per consentire una compresenza equilibrata dei genitori nella vita dei figli, si potrebbe iniziare dal congedo parentale, oggi usato per l’82% dalle madri: come farlo usare maggiormente dai padri?
- Uno strumento adatto a coinvolgere i padri nella vita dei figli sin dall’inizio è il congedo di paternità ad essi dedicato in esclusiva: oggi in Italia è 50 volte più breve di quello garantito alle madri (2 giorni – 4 in forma sperimentale solo nel 2018 – contro 100)!
- Per permettere poi a entrambi i genitori di lavorare e contribuire al sostentamento dei figli, lo Stato potrebbe migliorare la copertura dei servizi all’infanzia, sia in termini quantitativi che di flessibilità, portandoli a livelli più vicini al 33% raccomandato dall’UE: siamo appena al 22%, ma la Calabria è per esempio al 6%.
- Si potrebbe poi agire, come quasi tutti gli altri Paesi europei hanno già fatto, anche sul calendario scolastico: per avvicinare i tempi dei figli a quelli dei genitori, riconoscendo che per genitori che lavorano la “voragine estiva” di tre mesi è difficilmente sostenibile.
Ma aspetta… il disegno di legge 735/2018 non riguarda tutte le famiglie, ma solo quelle in cui i coniugi si stanno dividendo! E’ dunque nella separazione che viene promosso, veramente e per la prima volta nella nostra cultura, il concetto di bi-genitorialità?
E perché poi escludere da questi nuovi diritti le coppie non separate? Per esempio, all’articolo 11 leggiamo: “Dovrà essere garantita alla prole la permanenza di non meno di dodici giorni al mese presso il padre e presso la madre”. Perché le coppie che restano insieme non dovrebbero avere lo stesso sacrosanto diritto? Basterebbe prevedere che tutti i padri dedichino ai figli circa 5 ore al giorno per 12 giorni al mese, ovviamente potendo scegliere liberamente se chiedere dei permessi al lavoro, optare per il part time o farsi direttamente licenziare.
Per quanto riguarda un altro tema molto controverso di questo disegno di legge, ossia la non attribuzione della casa familiare, anche qui le separazioni potrebbero fare scuola per tutte le famiglie. Si dice infatti che “non può continuare a risiedere nella casa familiare il genitore che non ne sia proprietario o titolare di specifico diritto”, e che, nel caso invece vi risieda nell’interesse dei figli minori, “è comunque tenuto a versare al proprietario dell’immobile un indennizzo pari al canone di locazione computato sulla base dei correnti prezzi di mercato”.
In conferenza stampa Pillon si è raccomandato di non fare delle “ideologie femministe”, quindi parliamo solo in termini concreti: l’occupazione femminile in Italia è inferiore al 50%, il 25% delle donne perde o lascia il lavoro dopo la maternità e quelle che lavorano hanno comunque un reddito radicalmente inferiore. Come faranno quindi a pagare un affitto all’ex marito? La soluzione avveniristica è nel ddl stesso: vi si afferma infatti che il Piano Genitoriale (una specie di business plan della gestione familiare), in cui viene indicata la misura e la modalità con cui ciascuno dei genitori provvede al mantenimento diretto dei figli sia per le spese ordinarie che per quelle straordinarie, deve considerare anche “la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore”.
Nel caso delle coppie separate, quindi, si potrà proporre uno scambio merci tra l’affitto e la cura dei bambini e della casa. Ma non c’è ragione perché questa valorizzazione non debba avvenire anche nelle coppie non separate: è stato calcolato che i 306 minuti al giorno che una donna (che lavora) dedica a casa e famiglia valgono circa 3.000 euro netti al mese, mentre il lavoro della casalinga a tempo pieno comporterebbe una retribuzione di 7.000 euro. Valorizzare da subito questo lavoro – giacché altre cose, come l’abitazione, hanno già un valore esplicito – renderebbe più semplice la gestione del Piano Genitoriale, che si stia insieme oppure no.
E l’altro problemuccio dell’avere due domicili, ossia lo sbattimento fisico e psicologico per i bambini – specialmente quelli piccoli? Nessuna paura, anche qui la conoscenza specialistica dei firmatari ci rassicura:
“I nostri figli svolgono quotidianamente le attività più disparate: dal nuoto, alla danza, corso di inglese, catechismo, corso di teatro, durante l’estate vanno a fare corsi di approfondimento in Inghilterra oppure ovunque, sono sostanzialmente fuori tutti i pomeriggi… ma se vanno dal papà oppure dalla mamma ci preoccupiamo che siano dei pacchi postali”
ha detto l’on. Pillon in conferenza stampa, dimostrando di conoscere bene sia le routine quotidiane e vacanziere della famiglia media italiana, sempre presa tra corsi di danza e viaggi all’estero, che la pedagogia.
Questo disegno di legge nasce perché, nelle parole dell’on Pillon, “non possiamo più permetterci che i nostri figli nell’80-90% dei casi perdano la relazione con uno dei genitori” (di cosa parla? dove sono i dati di questo fenomeno?) e per questo l’onorevole ribadisce: “Il bambino non potrà più scegliere tra papà e mamma: il bambino deve essere libero di stare con entrambi i genitori” (un ossimoro che si commenta da sè).
Ma questo disegno di legge sembra nascere soprattutto dall’idea che, una volta separata la coppia, la famiglia non sia più una famiglia. Nelle parole di Pillon:
“Questa soluzione è comunque una soluzione rimediata: non è possibile dare una soluzione piena. I bambini crescono bene, crescono sereni solo se entrambi i genitori si prendono cura di loro vivendo insieme a loro: separazione e divorzio sono già ferite inevitabili per i bambini”.
174.000 coppie si sono separate o hanno divorziato in Italia nel 2015: ogni anno, se consideriamo anche 100.000 bambini, questo evento della vita coinvolge quasi mezzo milione di persone. Non si tratta di un’anomalia: non sono centinaia di migliaia di persone che “hanno sbagliato” e quindi devono inevitabilmente pagare qualche tipo di prezzo. E’ la società nel suo insieme che evolve verso nuove forme di relazione, e non dovrebbe essere possibile tentare di rallentarle o di negarle rendendole drammaticamente dolorose con una legge sbagliata.
*il documento cita esplicitamente la risoluzione n.2079 del 2015 del Consiglio d’Europa che consiglia gli stati membri di adottare legislazioni che assicurino l’effettiva uguaglianza tra padre e madre nei confronti dei propri figli