Arjola ha 35 anni, una positività contagiosa anche solo in una chiacchierata e una grinta che ispira. Albanese di origine, naturalizzata italiana, Arjola è una sportiva da medaglia d’oro, una donna che lavora, una compagna innamorata e, tra poco, una mamma. Ipovedente dalla nascita per una retinite pigmentosa che è peggiorata gradualmente, Arjola oggi percepisce solo la luce e il buio. Ma questa è solo uno dei suoi tratti, non certo quello che colpisce di più ascoltandola parlare. “Negli anni – dice – ho capito che siamo tutti uguali, ognuno con le proprie caratteristiche. E capire questo è stato uno dei miei punti di forza”.
Arjola è arrivata in Italia nel 1998, su un gommone: “Da bambina, in Albania – racconta – soffrivo molto. Mi vergognavo di essere ipovedente, non c’erano strumenti, educazione, neanche a scuola per far sì che la mia condizione non fosse un peso. Sono partita da lì con questo peso, avevo 17 anni, sono arrivata in Italia su un gommone, con mio padre e mio fratello, per raggiungere mia mamma, vicino a Milano. Da lì è iniziata la mia seconda vita”. Una seconda vita che le ha portato il lavoro, i successi sportivi, l’amore e adesso una gravidanza che si concluderà a metà settembre. All’Italia e a Milano è molto legata (nel 2016 è stata premiata con l’Ambrogino d’oro, il massimo riconoscimento della città di Milano, dal sindaco Beppe Sala): “L’Italia mi ha dato moltissimo nell’ambito, lavorativo, sociale e di integrazione. In primis grazie all’Istituto dei Ciechi: sono entrata in contatto con altre persone con la mia stessa disabilità che però facevano tutto e questo mi ha fatto capire per la prima volta che non dovevo vergognarmi, non dovevo nascondermi, non dovevo fingere di essere come gli altri, ma dovevo prendere in mano la mia vita e tirare fuori chi sono veramente“. Da lì in poi sono iniziati i primi corsi, da quello di informatica ad altri percorsi di formazione, che hanno portato Arjola a lavorare a “Dialogo nel buio”, la mostra percorso allestita dal 2005 presso l’Istituto dei Ciechi di Milano che offre un’esperienza al buio totale, in cui i visitatori per esplorare gli ambienti devono affidarsi esclusivamente a tutti gli altri sensi, esclusa la vista.
In questo periodo, Arjola si avvicina allo sport, che diventerà la sua grande passione. “Ho sempre fatto danza, poi sono approdata al baseball che è stato per me fondamentale”. Una fase, questa, che ha segnato un cambiamento radicale: “Prima non usavo il bastone – racconta – e ho deciso di usarlo per far capire che non ci vedo e che non ho nulla da nascondere, nulla di cui vergognarmi”. Il baseball (dove ha conquistato sei scudetti) le ha dato anche l’importante esperienza dello sport di squadra, della complicità, del gruppo, oltre a permetterle di acquisire una grande consapevolezza nell’imperare a gestire il proprio corpo nello spazio e a sapersi orientare.
“Un aiuto importante in termini di autonomia e indipendenza”. E poi nel 2012 arriva il debutto nell’Atletica Leggera Paralimpica, nella velocità e nel salto in lungo. Dopo una lunga serie di successi e record, Arjola ha raggiunto l’oro dei Mondiali Paralimpici di Londra nel salto in lungo e vanta il record italiano indoor nei 60 mt. Un successo, quello di Londra, che ha voluto subito dedicare al suo compagno di vita e di allenamenti, Emanuele di Marino, argento a Londra nella staffetta 4×100 e bronzo nei 400. Con lui ha messo in piedi ‘La coppia dei sogni’, un progetto media per diffondere la cultura dello sport nella disabilità avviato con le Paralimpiadi di Rio2016 e che punta ora a Tokyo2020, oltre a coinvolgere Arjola ed Emanuele in incontri con le scuole e nelle aziende. Un progetto sostenuto sin dall’inizio da Allianz Partners, la società in cui Arjola lavora.
Oltre allo sport, infatti, l’integrazione nel lavoro è un altro tassello importante nella vita di Arjola. Nel 2013 la filiale italiana di Allianz Partners è stata scelta come business unit pilota per implementare in Europa il progetto ‘My Light’ con lo scopo di promuovere le pari opportunità lavorative e finalizzato a impiegare in azienda personale con disabilità visiva. Il progetto prevede la formazione e l’assunzione a tempo indeterminato di personale non vedente e ipovedente all’interno della Centrale operativa, attiva 24 ore su 24, 365 giorni l’anno.
Allianz Partners ha inserito nel proprio organico 10 operatori diversamente abili, tra i 28 e i 43 anni, sviluppando un applicativo software ad hoc, che tiene conto delle esigenze di ipovedenti, non vedenti e normodotati per offrire un ambiente gestionale pienamente accessibile e utilizzabile da tutti. “Si tratta di un software molto complesso – spiega Arjola – che interfaccia perfettamente con quello dei vedenti. In Allianz Partners lavoriamo sulla stessa banca dati dove lavorano tutti, tutti insieme, non c’è il gruppo dei non vedenti e quello dei vedenti. Siamo tutti negli stessi uffici e lavoriamo insieme, siamo semplicemente colleghi che collaborano e si aiutano se ci sono difficoltà“. Un clima quindi che favorisce “una forte integrazione e inclusione” che, dice Arjola, “fa molto bene a tutti perché chi è non vedente non resta isolato e ghettizzato e chi è vedente ha la possibilità di conoscere una realtà diversa dalla sua. Questo è molto importante perché solo conoscendo non ci si spaventa delle diversità. Tra noi colleghi c’è un rapporto spontaneo, non c’è un trattamento diverso dagli altri”. In più l’azienda ha curato anche gli aspetti di accessibilità degli spazi fisici e favorito l’autonomia dei lavoratori non vedenti con una apposita formazione, quando necessario. “Insomma – dice Arjola – il software è molto importante, fondamentale, c’è anche tutto il resto”, che fa la differenza.