Chissà quando, dopo essere stato un bambino adorabile, ci si tramuta in un uomo deprecabile? Eppure a guardare indietro si vede solo un filo rosso che si srotola. La fisicità e il gioco di esercitare la violenza. La capacità di fare gruppo e poi di esercitare un potere di genere. La negazione dei sentimenti e la derisione guascona del femmineo. Eppure i bambini crescono con le madri, principalmente, in Italia e nel mondo. Che siano allora le madri a trasmettere, inconsapevolmente, una certa struttura di relazione di genere, quella stessa che viene denunciata come odiosa e ingiusta?
La madri talvolta sembrano ignorare che fare a botte non è una necessità biologica, ma un costume, un tratto culturale. Giustificano le zuffe dei loro figli come un normale percorso di crescita, eppure il gioco della violenza non è un esercizio che insegna a dominarla, ma che la istituisce come caratteristica di genere. Una volta una mamma mi disse che sarebbe stato utile che i padri facessero la lotta con le loro figlie, ché da questa attività nasce la consapevolezza di quanto male infliggere, poco o tanto, a seconda delle occasioni. Insomma se ci si vuole bene, poco, mi pare di intuire.
A proposito di volere bene, quando capita spesso ci si prende cura. In particolar modo le femmine dei maschi. Perché è la mamma che fa tutto. Cucina e riassetta casa, accompagna a scuola, a judo e alle feste, dedica le sue notti al capezzale dei febbricitanti. Insomma le donne accudiscono e gli uomini no. Questa dinamica è una punzonatura di genere, determina le scelte di tutta la vita. Dal “chi fa cosa”, passando per il “cosa mi aspetto da qualcuno”, fino alla partita di basket il sabato pomeriggio, mentre “la moglie è con i pupi”.
Anche l’educazione sentimentale dei maschi è semplificata come quella domestica. Le madri sembrano pensare che fino ai dodici anni i maschi abbiano a cuore solo lo sport, i videogiochi e i dinosauri. E che dopo i dodici anni diventino bersaglio della concupiscenza femminile, perché si sa, le ragazzine crescono prima, si sviluppano presto e sono sempre un po’ troppo spigliate. Il racconto è di figli maschi che dai loro quattro anni sono assillati dalle attenzioni delle bambine e dai fidanzamenti e da tutte quelle cose che “ai maschi proprio non interessano”. I maschi corrono e le bambine inseguono, questa in sintesi la morale sentimentale.
Quel bambinesco che intenerisce oggi sarà domani quel maschile che giudica malevolmente l’indipendenza delle donne, che evita gli impegni e le responsabilità, che sa come fare male. Dipende anche da voi, care mamme, molto dipende da voi.