A Gravina di Puglia c’è un’azienda che sfata tutti i pregiudizi: è nata, cresciuta e rimasta al Sud, ha il 70% di dipendenti laureati e il 50% di donne. Cinque team leader, tutte donne. Fondata da due coniugi – direttore tecnico lei, Ceo lui – in 17 anni di attività ha visto nascere 11 bambini, il dodicesimo è in arrivo. “Si può fare”, ripete come un mantra la cofondatrice Mariarita Costanza, classe 1971. Si può laurearsi in ingegneria elettronica al Politecnico di Bari e avviare un’impresa informatica nel cuore del “distretto del mobile imbottito” partendo da un investimento iniziale di 30 milioni di lire trovato grazie a un prestito bancario con la casa dei familiari come garanzia. Si può scommettere sulla diversity come valore aggiunto. Si può puntare sui giovani del territorio e aprirsi al mercato, nazionale e internazionale. Si può condividere lavoro e famiglia, crescendo due figli e condividendo oneri e onori. Si può guardare alla maternità come una gioia e non come un costo da abbattere o da scansare. Si può sognare di realizzare la “”, un polo hi-tech nel cuore della Puglia rurale. Si può fare.
Macnil – dalle iniziali di Costanza e di suo marito Nicola Lavenuta, informatico – è un’avventura nata nel 2000 per lo sviluppo di soluzioni Ict. Dal 2014 è stata acquisita dal Gruppo Zucchetti, la più grande compagnia informatica italiana; nel 2016 ha acquisito a sua volta la varesina Geotronic, proprietaria del marchio Gt Alarm. Il core business sono i prodotti e i servizi di localizzazione satellitare, dal controllo e gestione delle flotte aziendali alle “scatole nere” per il mercato assicurativo. Ma al contempo ha sviluppato competenze nelle tecnologie wireless M2M e Internet of things. Oggi è leader in Italia per il fleet management. Nel 2017 ha chiuso con un fatturato di circa 10 milioni di euro, un margine operativo lordo del 20% e 4mila aziende clienti.
Il primo stereotipo che Macnil abbatte è quello più classico: al Sud non si riesce a fare impresa. “Noi stiamo dimostrando il contrario”, afferma Costanza. “Certo, serve molta perseveranza. Spesso penso che se ci fossimo trasferiti altrove tutto sarebbe stato più semplice, proprio per un fatto geografico: le reti di potenziali clienti, le infrastrutture, il fatto che il 90% delle fiere e degli eventi si svolge al Nord. Abbiamo da fare più chilometri, ma nel momento in cui si riesce la soddisfazione è grande. Il secondo pregiudizio demolito: le donne non fanno impresa. “Io non sono mai stata sola”, precisa subito Costanza. “Nicola era il mio fidanzato, poi ci siamo sposati. In Macnil ci siamo suddivisi i compiti: a me lo sviluppo e la ricerca, a lui il business e il mercato. Ma da subito la metà dei nostri dipendenti è stata donna. Al Sud è ancora diffusa la convinzione che le donne debbano stare a casa a occuparsi dei figli e che al massimo possano fare le maestre. Noi siamo la dimostrazione concreta che con spirito di organizzazione è possibile mandare avanti un’impresa e seguire la famiglia”.
Pesa la carenza di una rete di servizi a supporto del lavoro femminile. Macnil compensa: nella nuova sede in via di ultimazione nella zona industriale di Gravina ci saranno un nido aziendale, una ludoteca e una palestra. Ma finora la discriminazione non è stata di casa, anzi: il 90% delle dipendenti si è sposata dopo essere entrata in azienda e ha avuto un figlio in corso d’opera. Attualmente in tre sono in maternità, nel 2017 ne sono rientrate due. “L’assenza comporta ovviamente ulteriori sforzi”, riconosce l’imprenditrice. “Ma conta il Bil, il benessere interno lordo, dei nostri collaboratori. La classe imprenditoriale deve compiere un salto di qualità culturale”. Non solo nell’atteggiamento sulla maternità. In Macnil non hanno visto neanche un congedo di paternità: il passaggio dalla conciliazione alla condivisione è ancora lontano.
Cruciale, per Costanza e Lavenuta, è il rapporto con il territorio, la “tessitura” del capitale umano. La maggior parte dei collaboratori tecnici vengono da progetti di tesi di laurea del Politecnico di Bari. La cooperazione con centri di ricerca, scuole e università è pane quotidiano. “Il nostro obiettivo è non soltanto attrarre giovani del posto, ma anche far rientrare chi aveva cercato lavoro fuori dall’Italia”. E non si creda che un’azienda digitale cerchi soltanto profili squisitamente tecnici: Macnil annovera laureati in lingue, filosofia e scienze politiche. La rivincita delle discipline umanistiche? “Non serve progettare software – sorride Costanza – se poi non c’è nessuno che sa venderlo e comunicarlo, nessuno che sa curare i clienti che acquisiscono servizi e prodotti”.
Si sogna e si realizza, a Gravina. Costanza non sopporta lamentele e piagnistei, invita a capovolgere la prospettiva. La Murgia Valley (sulla quale è stato appena pubblicato da Les Flâneurs Edizioni il libro “Murgia Valley, l’evoluzione della specie – Storie e suggerimenti per creare aziende al Sud”, scritto da Antonio Prota e Flavio Roberto Albano) nasce da questa ostinazione: “Bisogna parlare degli esempi positivi”. Alle giovani non dispensa parole smielate, ma un consiglio asciutto: “Credere in se stesse e seguire quello che si ama. Si può fare restando qui“.