Otto leggi sessiste che non pensavate esistessero ancora

img_0970Che in Arabia Saudita per le donne sia vietato guidare è cosa nota. È la discriminazione di genere, bellezza. Nel mondo, però, c’è discriminazione e discriminazione. Ci sono quelle non scritte, che si tramandano di padre in figlio e che fanno parte delle attitudini culturali: dalle stanze separate delle case indiane fino alle differenze di stipendio nelle moderne aziende occidentali. E ci sono le discriminazioni scritte, quelle sancite dalla legge: come il divieto di avere la patente per le donne saudite, appunto. Purtroppo, però, le autorità di Riad sono in buona compagnia: ecco altri sette Paesi al mondo dove sopravvivono normative sessiste. Così sessiste che non vi sembrerà possibile esistano davvero. Parola di World economic forum

1) L’India e lo stupro. Violentare una donna? Non sempre è reato. Se a farlo è il marito, allora si può. E non sono pochi gli uomini ad approfittarne: secondo uno studio dell’Onu, più o meno un indiano su quattro si sarebbe macchiato di questo crimine

2) La Russia e il femminicidio. Proprio in questo 2017 il parlamento di Mosca ha approvato a larghissima maggioranza la norma che depenalizza la violenza domestica. Quel che succede dentro le mura di casa sono affari di famiglia, e non dello Stato, sostengono gli onorevoli russi. E così, ogni 40 minuti, in Russia una donna impunemente muore per mano del proprio partner.

3) Gli Usa e la patria potestà. Il tema dello stupro manda in corto circuito anche quei campioni di democrazia e legalità degli Stati Uniti d’America. Ogni anno, negli Usa, tra le 17 e le 32mila donne che subiscono uno stupro restano anche incinta del loro stupratore, e di queste almeno una su tre decide di tenere il bambino. Ora, ogni donna ha il sacrosanto diritto di veder rispettate le proprie scelte. Ma c’è da sperare che nessuna di queste viva in Maryland, Alabama, Mississippi, Minnesota, North Dakota, Wyoming e New Mexico: perché in questi sette stati, allo stupratore viene concesso di rivendicare i propri diritti di paternità.

4) Il Sudan e le spose bambine. Qual è l’età giusta per sposarsi? E l’età minima per farlo? In Sudan bastano dieci anni. Una bambina su tre, in questo Paese dell’Africa nera, invece di essere a scuola è all’altare.

5) L’Iran e le trasferte di lavoro. A Teheran una donna ha bisogno del permesso del marito non solo per ottenere il passaporto, ma anche per usarlo e andare all’estero. Anche per lavoro: la comunità internazionale se ne accorse due anni fa, quando il capitano della nazionale femminile di calcio non poté disputare una partita all’estero con la sua squadra perché il marito le rifiutò il permesso. Chissà, forse era invidioso della sua bravura in campo

6) La Giordania e l’onore. No, non si tratta di uno sceneggiato di mafia: in nome dell’onore in Giordania si può uccidere e, grazie agli articoli 340 e 98 del Codice Penale, si può portare a casa un considerevole sconto della pena. I commi valgono per i mariti che uccidono una moglie adultera (o il di lei amante), ma anche per chi uccide la sorella per difendere il buon nome di famiglia

7) La Bielorussia e i Tir. Le donne Bielorusse non li possono guidare. E fin qui il divieto farebbe sorridere, se non fosse che l’autista di camion è solo uno dei 181 lavori che una donna bielorussa non può fare. La legge dice che è per tutelare la salute femminile. Ma la pancia ne è certa, che si tratta di una discriminazione bella e buona.