Ascoltare il prof. Dario Gasparo, recentemente premiato dal ministero dell’Istruzione come uno dei 5 migliori professori d’Italia, fa venir voglia di riprendere i libri in mano, anzi no. Fa venir voglia di tornare a scuola. Perché i suoi studenti più che sui libri, apprendono sul campo anzi nel campo. “Noi insegnanti abbiamo il dovere di tornare al significato primario dell’educazione. Educazione deriva dal latino ex-ducere, che significa condurre fuori, e io conduco fuori dall’aula i miei ragazzi e li faccio sperimentare, toccare, tagliare, annusare” dice con orgoglio Gasparo.
Dario Gasparo, professore di matematica, chimica, fisica e scienze naturali in una scuola secondaria di Trieste, ha superato una selezione di 11mila candidature, aggiudicandosi il 4 posto dell’Italian Teacher Prize (un riconoscimento che, come recita il comunicato ufficiale del Miur, è volto a valorizzare il ruolo strategico che i docenti rivestono nella vita dei giovani, cittadini del futuro) e un premio di 30 mila euro che spenderà per riqualificare una zona esterna della scuola dove insegna e creare un’aula a cielo aperto per lezioni di scienze e botanica. Subito dopo aver ritirato il premio, con un ristretto gruppo di docenti italiani, è volato a Dubai al Global Education and Skills Forum come rappresentanza dell’eccellenza della scuola italiana dove, mi racconta con una punta di stupore, “l’obiettivo dell’Emiro è di valorizzare la figura dell’insegnate e farlo diventare una star, come un giocatore di calcio!”.
In qualche modo e nel suo entourage scolastico, il prof. Gasparo è già una star dell’insegnamento, molto conosciuto e apprezzato. I suoi allievi e colleghi sono abituati alle stranezze di questo professore, ai suoi metodi di insegnamento e ai progetti “alternativi” che hanno portato nelle aule della Scuola di Trieste materiale didattico acquistato con la vincita di una quarantina di concorsi nazionali e internazionali. Ultimo, solo in ordine temporale, un cortometraggio sulle migrazioni pluripremiato alle Nazioni Unite a New York, che ha visto come protagonisti un gruppo di pesci ospitati in un grande acquario all’interno della classe. Dario Gasparo nelle sue parole dice tutto quello che ogni genitore vorrebbe sentire dall’insegnate dei propri figli. Parla di creatività, di sperimentazione, di dare ai ragazzi nuove opportunità di apprendimento e le sue parole mi rimandano immediatamente alla figura del professor Keating interpretato da un indimenticato Robin Williams nell’Attimo Fuggente: “Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza, in profondità, succhiando tutto il midollo della vita, […]” recitava uno dei suoi studenti ed è proprio per i boschi e nelle grotte nel Carso triestino che il prof. Gasparo porta spesso i propri studenti. In quei boschi ha realizzato e documentato metodi di insegnamento della botanica, sulle piste da sci ha insegnato le leggi della fisica e attraverso l’uso del corpo ha superato le antipatie tipiche della matematica. “Prossimamente disegnerò con i miei studenti un cuore di 4 metri per 4 sul piazzale della Scuola in modo da poter studiare da vicino il funzionamento dei ventricoli, degli atri e delle vene. I ragazzi saranno protagonisti e vivranno il viaggio nella conoscenza in prima persona”. Il suo metodo è quello della classe capovolta, dove l’insegnante diventa un facilitatore che assiste gli allievi nella sperimentazione e nell’apprendimento e dove i ragazzi a loro volta si fanno portavoce della conoscenza presentando ai compagni le nozioni apprese.
“La noia sta divorando i nostri giovani. Noi insegnanti dobbiamo combattere la noia con la creatività, l’improvvisazione e l’entusiasmo”.
E Dario Gasparo quanto a creatività non si risparmia. “Ogni giorno entro in classe e cerco di stupire i miei ragazzi. Mi invento trucchi di prestigio: fingo di inghiottire una penna per spiegare l’esofago, la trachea e l’epiglottide. Cerco di interessarli e coinvolgerli con passione e competenza”. Le sue esperienze e le sue passioni lo aiutano in questo difficile compito. Dopo aver fondato e diretto una società di biologi, ha deciso di dedicarsi all’insegnamento inizialmente all’interno di un carcere per poi proseguire il suo percorso nella scuola media.
“Dei 5 premiati dal Ministero, sono l’unico ad insegnare in una scuola media. Ed è significativo perché qui gli alunni entrano bambini e ne escono ragazzi in piena esplosione adolescenziale con tutte le contraddizioni e i malesseri che questa fase di crescita genera”.
Negli anni ha rilevato come sempre più ragazzi soffrano di difficoltà d’attenzione e difficoltà a gestire le relazioni, sentendosi sempre più soli e sempre meno seguiti dalle famiglie. “I ragazzi di oggi hanno bisogno di raccontarsi e trovare qualcuno che li ascolti nel modo giusto. Troppo spesso i modelli cui si rivolgono sono sbagliati o inadeguati. Questa è la sfida di noi insegnanti: indicare una via giusta e possibile. È una sfida che richiede molte energie, ma sulla quale le istituzioni non devono risparmiare perché, come ho detto alla Ministra Fedeli in occasione della mia premiazione a Roma, l’educazione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo: risparmiare sull’educazione significa investire nell’ignoranza”.