Il percorso adottivo non è lasciato all’improvvisazione dei singoli, ma è scandito da tappe e passaggi precisi. Tra questi, un momento fondamentale e atteso con trepidazione dalle coppie è il cosiddetto “abbinamento”. Un termine decisamente asettico, che designa in realtà un passaggio dell’iter carico di emozione, quello in cui una coppia per le sue caratteristiche viene individuata dagli addetti ai lavori come la più adatta a diventare il padre e la madre di un preciso bambino (o più, se parliamo di fratelli). Ricordiamo, una volta ancora, che scopo dell’adozione è trovare una famiglia a un bambino che non ce l’ha e non il contrario! Per la coppia è il momento cruciale in cui il bambino tanto desiderato e immaginato assume finalmente contorni definiti: sesso, nome, età, peso, altezza e altre informazioni più o meno dettagliate a seconda delle risorse e dell’organizzazione del Paese di provenienza del minore.
All’interno di questa tappa, un momento particolaremente delicato e carico di emozione per gli aspiranti genitori è il ricevere la fotografia del bambino. Ogni ente adottivo segue in realtà le proprie regole e le proprie prassi: ci sono enti che mostrano le foto alle coppie al momento dell’abbinamento, ce ne sono altri, come quello a cui noi ci eravamo affidati, che le fanno vedere tassativamente solo al momento della partenza per il Paese, ovvero quando il margine di imprevisti si riduce e l’incontro con il bambino è imminente, per scongiurare il rischio di false illusioni.
Ma perché attribuire tutta questa importanza a una banale immagine?
Per una coppia che aspetta da anni di conoscere il futuro figlio, la fotografia è carica di significato. Ho ricevute le foto delle mie bambine poco poeticamente in allegato alla mail che ci comunicava la data della partenza per il primo viaggio (da lì a un mese circa). La loro presenza non era minimamente segnalata nel testo della mail. A un certo punto, tra gli alti file, ho notato due jpg denominati con i loro nomi. Ho intuito e sperato che fossero le foto delle bambine. Con quanta apprensione, con quanta emozione ho cliccato su quei file…
Non tutte le foto sono uguali, dipende naturalmente dalle possibilità del Paese di origine dei bambini. Ci sono coppie che ricevono più immagini, anche contestualizzate, con i bambini immortalati nel loro ambiente mentre si dedicano a qualche attività. Ci sono Paesi più organizzati che inviano anche video, in cui si può ascoltare la voce del bambino.
Le mie figlie vengono dall’Etiopia, noi abbiamo ricevuto il minimo indispensabile. La foto era una singola per ogni bambina, ritratta in posa, in piedi, dritta davanti a un muro marroncino, anonimo e spoglio. Lo stesso muro che ho poi ho rivisto alle spalle di tutti i bambini nelle foto provenienti da quell’istituto. La stessa posa per tutti.
Ma quanto aveva in realtà da comunicare quella foto a noi che non aspettavamo altro! Nella semplicità dell’ambientazione, le bambine emergevano in tutta la loro personalità.
Abbiamo studiato e analizzato nei minimi dettagli quelle due minuscole figure. Ogni particolare, anche il più apparentemente insignificante svelava una parte del loro piccolo essere. L’espressione del volto, lo sguardo rivolto all’obiettivo, gli abiti scelti per l’occasione, la tensione nelle manine, la pettinatura, tutto contribuiva a delineare due personalità precise, agli antipodi l’una dall’altra in questo caso. Analisi che poi si è rivelata azzeccatissima, una volta conosciute le bambine di persona. Quelle immagini le abbiamo stampate, mostrate con orgoglio ad amici e parenti. Non si può certamente dire che fossero due belle foto… ma era tutto ciò che avevamo di loro.
La fotografia per le coppie diventa il simbolo del legame con il bambino, e l’ultimo periodo, quello in cui si aspetta di andare a prenderlo e di cambiare il corso della nostra ma soprattutto della sua vita, è decisamente il più difficile da gestire emotivamente. Tra l’abbinamento e la partenza possono passare anche molti mesi. Èd è proprio alla foto che ci rivolgiamo la sera dando la buona notte al nostro bambino lontano; è la foto che guardiamo ogni mattino al risveglio per avere la forza di affrontare un nuovo giorno, l’ennesimo, d’attesa; è l’immagine ritratta nella foto che abbiamo davanti che ci spinge a sperare e a lottare per superare eventuali ritardi o difficoltà, sempre in agguato dietro l’angolo, che si possono presentare nel Paese d’origine o nell’iter burocratico.