Scuole chiuse, chi si occupa dei bambini? C’è chi ha trovato una soluzione

scuole-chiuseOggi le scuole sono chiuse e gli uffici sono aperti. I bambini allora cosa fanno, con chi stanno? In Italia questo problema si verifica spesso, ma sembra non essere un fatto rilevante: visto che mamme e papà lavorano, ci si arrangia come si può. I fortunati come me, che lavoro a Piano C, hanno a disposizione un cobaby che chiude solo se è vacanza per tutti. Altri organizzano baby sitting di gruppo o hanno la buona sorte di avere nonni disponibili a portata di mano. Diamo tutti per scontato che sia normale così: le scuole chiudono anche se non è festa e noi dobbiamo arrangiarci.

Poi succede che a capo di un grande ospedale milanese, il Policlinico, ci sia una donna con tre bambini, Simona Giroldi, che sente l’esigenza in prima persona e ha il “potere” di creare una soluzione. Ma non lo fa solo per sé: lo fa per tutta la struttura. Nell’aula magna della Mangiagalli, un baby parking accoglierà oggi i figli di tutti i dipendenti della struttura a partire dalle 9, e sono stati iscritti già 40 bambini. Ad occuparsene saranno ricercatori e volontari e sono previste anche lezioni di alimentazione da parte di nutrizionisti. L’idea si è estesa ora anche alla possibilità di offrire un servizio analogo a chi all’ospedale va a trovare i propri cari e potrà così lasciare i figli al baby parking.

Che ci voleva, direte voi? Evidentemente ci voleva moltissimo, se questo episodio è un’eccezione nel panorama di un Paese che sembra ignorare le dinamiche delle famiglie attuali, dove entrambi i genitori lavorano e le scuole seguono un calendario vecchio di 50 anni. Che cosa è successo, per cui è stato possibile proporre qualcosa di nuovo e veramente utile? E’ successa una cosa che non succede quasi mai: chi aveva il potere di decidere ha sentito anche il bisogno di trovare una soluzione. Quando bisogno e potere sono nelle stesse mani, quelle mani lavorano davvero per l’innovazione e l’evoluzione di una civiltà. Anche per questo è necessario che più donne abbiano potere decisionale: la capacità di portare bisogni che si conoscono da vicino nelle stanze del cosiddetto potere è necessaria perché società ed economia comincino a rispondere in modo costruttivo e nuovo alle reali esigenze dei cittadini, che per ora sembrano restare in larga parte invisibili agli occhi miopi (e poco bisognosi?) dei potenti.

Una nota di marketing: la dinamica per cui i desideri delle donne non sono rappresentati nelle stanze dei bottoni dell’economia ha dato luogo a un intero filone di ricerche, le cosiddette womenomics, che rivelano oceani blu di possibilità di business. Secondo un articolo dell’Harvard Business Review, le donne possiedono oltre l’80% del potere di acquisto nel mondo, ma influenzano così poco il marketing da dichiarare a gran voce nei sondaggi che no, quello che il mercato propone loro non corrisponde affatto ai loro bisogni. Dai SUV ultraveloci ma senza nessuna praticità, alle taglie dei vestiti, alla qualità del cibo: il mercato ha ancora molta strada da fare per soddisfare le donne, e forse coinvolgerle nelle decisioni ad alto livello aiuterebbe.