Quante donne oggi ricoprono posizioni di leadership all’interno delle startup? Quante tra queste sono disposte a mettersi in gioco? Vi siete mai posti dei quesiti sul sottile nesso tra il ruolo ricoperto e la volontà di mostrarsi e “farsi avanti” come scrive Sheryl Sandberg nel suo libro “Lean In – Facciamoci Avanti”?
Secondo il report U.S. STARTUP OUTLOOK 2016, pubblicato lo scorso mese dalla Silicon Valley Bank, solo il 34% delle startup intervistate ha donne nei board, contro il 54% dove le medesime ricoprono posizioni dirigenziali.
E in Italia qual è la situazione delle imprese innovative? Secondo il 9° rapporto trimestrale pubblicato da InfoCamere, a fine settembre 2016 le startup innovative iscritte alla specifica sezione del Registro delle Imprese sono 6.363, di cui solo il 13,86% (882) con una prevalenza femminile, contro 44.49% (2.831) in cui almeno una donna è presente nella compagine sociale.
Appare evidente che sia da questa parte dell’Atlantico sia dall’altra ci sia ancora molta strada da fare per ridurre questo “genere” di disparità. Capita a tutti, startupper e non, di partecipare a fiere e convegni per avere visibilità ed entrare in contatto con aziende ed investitori riconosciuti su larga scala. Sono dei luoghi in cui ci si esercita nel networking, e si cerca di adottare il miglior approccio per entrare in contatto con interlocutori strategicamente rilevanti. Una cosa balza sempre all’occhio: l’affluenza prevalentemente maschile.
Lamentiamo, noi donne, la scarsa partecipazione di quote rosa e chiediamo ambienti lavorativi inclusivi, dove ci siano maggiore partecipazione e condivisione tra donne e uomini. Prima di chiedere, facciamo un passo indietro e soffermiamoci sui dati citati. Perché non ci domandiamo quanto a scommettere poco su noi stesse, non mettendoci in gioco, ci renda il percorso di genere ancora più tortuoso? Perché non iniziamo da noi stesse, munendoci di maggiore autostima e consapevolezza, e convincendoci del fatto che siamo leve e protagoniste di un miglioramento?