Lavoro, un’equa divisione delle faccende domestiche fa bene all’economia

Per salvare l’economia, gli uomini dovrebbero pulire più spesso la casa. Fare la spesa o le lavatrici. Una migliore divisione delle faccende domestiche, infatti, permetterebbe alle donne di partecipare più attivamente al mondo del lavoro. E contrastare, quindi, il grave rischio di una piramide demografica invertita. Tra emigrazione dei giovani, denatalità e crescita del numero di pensionati, il conto economico per gli Stati diventerà infatti presto molto salato.

La bomba demografica

Nella sola Italia, uno dei Paesi più “vecchi” del mondo*, la popolazione in età lavorativa potrebbe assottigliandosi di oltre 5 milioni di persone entro il 2040, con una diminuzione del Pil, stime Bankitalia, del 11%. Le cause principali? Da una parte il continuo calo delle nascite, che ha raggiunto un ulteriore record negativo nel 2024. E dall’altra l’aumento del 34% di over 65 e del 4% di over 75 da qui a venti anni.

La situazione del bel Paese non è certo unica, per quanto estrema. Pur con ritmi differenti, infatti, anche in tutta la Ue continuano a calare le nascite e ad aumentare gli anziani. Senza che ormai nemmeno più l’immigrazione da fuori i confini del blocco riesca a tamponare le falle. Insomma, è ormai chiaro: se il futuro fiscale dipende dalla crescita della produttività ma vanno assottigliandosi i lavoratori, è davvero tempo che gli uomini si rimbocchino le maniche dentro le mura di casa. Dato che serve velocemente un’iniezione di nuovi profili nel mondo del lavoro, dove meglio cercarli se non in quella parte di popolazione meno coinvolta nel mercato occupazionale?

Non troppo provocatoriamente, la risposta a numeri che continuano a peggiorare dovrebbe partire dall’alleggerire il carico domestico (non retribuito) oggi sulle spalle soprattutto delle donne, ridistribuendolo meglio all’interno della coppia**. Accompagnata intanto, certo, anche all’espansione degli asili nido. A nuove strategie di cura per gli anziani – altro tema molto spinoso perché ancora irrisolto. Affiancato da migliori congedi di paternità e proposte di (re)inserimento delle sotto occupate o disoccupate. Senza dimenticare poi piani di sgravi specifici per chi assume le professioniste.

Dal tailleur all’aspirapolvere

Tratteggiate le necessità e accennati le possibili vie, proviamo a guardare alla situazione attuale della distribuzione dei carichi di cura e necessità domestiche. Anche quando sono le “breadwinner” del loro nucleo familiare, le donne passano più tempo dei compagni o mariti in attività non retribuite, come la pulizia della casa, le spese settimanali, la cura dei figli. Ce lo dicono i dati annuali e lo confermano gli studi di lungo corso. Tra cui, in particolare quelli di Claudia Goldin, premio Nobel per l’economia nel 2023 proprio sulla partecipazione al lavoro femminile. Secondo le ricerche, le carriere delle donne sono frenate proprio dalle responsabilità casalinghe, anche quando i posti di lavoro sono aperti a “sfruttare” i loro talenti.

Ma quanto effettivamente più alto è il carico della famiglia sulle spalle delle donne? Solo a livello europeo, le lavoratrici tendono a passare 2,3 ore al giorno in faccende domestiche, dalla pulizia della casa, alla cucina. Mentre tra i lavoratori questa cifra scende a poco più di un’ora e mezza. Se poi al mix si aggiunge la cura dei bambini,  secondo un’indagine Eige, nel 2021 erano il 91% delle madri che se ne faceva carico quotidianamente. La media tra i padri arrivava al 30%.

E se certo nell’ultimo decennio è chiaro l’assottigliarsi della disparità di genere nella generale gestione domestica, è altrettanto chiaro che questa tendenza viene condizionata dal fatto che sono le donne a fare meno. Non (tanto) gli uomini a fare di più. Anche in Paesi da anni modello di parità, di condivisione delle incombenze familiari e dal welfare sociale più equo.

Il caso della Svezia e quello americano

Caso interessante, in questo senso, la Svezia. Nonostante il successo di anni di sforzi per l’allargamento della parità delle tutele alla genitorialità e la promozione di modelli condivisi di cura, anche le svedesi reggono sulle spalle la maggior parte delle responsabilità domestiche. E nonostante lo Stato cerchi di compensare la differenza (serve ricordare ancora che il Paese nordico è primo per il welfare familiare?), sono le mamme a usare il 61% dei benefici offerti e la maggior parte dei congedi non retribuiti.

Certo per quanto i “primi della classe” hanno anche loro della strada da fare, la differenza di genere comunque risulta qui la più bassa al mondo. Secondo il “Gender equality worldwide survey”, studio su scala mondiale realizzato dal Worldwide independent network of marker research (Win), in Svezia non solo il gender gap relativo alle necessità casalinghe è quasi inesistente. Ma il Paese nordico è anche l’unico al mondo dove le responsabilità domestiche pendono, per quanto minimamente, dalla parte degli uomini (0,7%).

La seconda posizione nell’indice Win per divisione del carico di cura della casa, è occupata dagli Stati Uniti, dove la differenza di genere è del 2,5% – in questo caso sbilanciata verso le donne. A confermare queste rilevazioni, almeno in certo modo, i dati pubblicati in giugno dal Bureau of labor statistics. Gli ultimi numeri segnalano un nuovo record massimo di ore passate dagli uomini in attività domestiche. Mediamente, nel 2024 gli americani hanno trascorso 100 minuti al giorno lavando casa o facendo lavatrici. Venti minuti in più rispetto al 2003, anno della prima “American Time Survey”.

A parte questo record, anche in Usa come nel resto del mondo, il progresso appare lento. Di questo passo, infatti, oltre oceano l’equilibrio tra i generi relativamente al tempo impiegato svolgendo attività casalinghe si raggiungerà nel 2066. Se nel 2003 le donne erano impegnate nelle pulizie casalinghe un ora in più rispetto agli uomini e oggi “solo” 40 minuti in più, comunque restano percentualmente più impegnate in faccende domestiche (87%) rispetto ai compagni o mariti (74%). E oggi trascorrono 2,7 ore giornaliere in necessità domestiche, contro le 2,3 trascorse dagli uomini.

La forbice si allarga ancora di più nelle case in cui vivono bambini. Nei nuclei familiari con minori di 6 anni, infatti, le mamme passano un’ora in più rispetto ai papà in attività di cura (mediamente tre ore contro due).

La condivisione delle pulizie di casa

È indubbio, comunque, che nel corso degli ultimi anni sono sempre di più i padri che si fanno carico delle necessità dei loro figli piccoli. E i giovani che si mettono ai fornelli o fanno la spesa per la famiglia. Altrettanto innegabilmente, però, come i carichi maggiori restino sulle spalle delle donne, per quanto, secondo la Gender equality worldwide survey, alla voce “lavori domestici” il 69% delle persone creda che la parità si sia raggiunta completamento o in certa maniera.

Le differenze maggiori rilevate si ritrovano tra chi lava i panni e cucina: praticamente ovunque nel mondo, la forbice qui arriva quasi al 30%. All’opposto, l’unica incombenza familiare che sembra essere svolta maggiormente dagli uomini è la gestione della spazzatura. In 23 sui 39 Paesi analizzati, la buttano nel 56% dei casi. Dove si raggiunge un certo equilibrio, è nel fare la spesa: questa attività risulta equamente divisa tra i membri di una coppia in un po’ tutto il mondo.

Risposte alla domanda: “Quali faccende domestiche tra queste hai svolto ieri?”

Tornando a dare uno sguardo alle differenze in un’ottica geografica, in coda alla lista in tema di distribuzione dei carichi familiari si posiziona il Pakistan. Qui il gap di genere raggiunge il 50,7%. Fanno un po’ meglio l’Indonesia (48%), il Vietnam e le Filippine – con percentuali molto simili vicine al 28%.

Tra le altre, alla voce “household chores”, lavori di casa, l’Italia risulta ultima tra i membri della Ue considerati. La distanza dell’impegno casalingo tra uomini e donne nello stivale arriva al 17,1%, appena sopra i numeri registrati in India. E il bel Paese, inoltre, si posiziona dietro a Cile, Argentina, Cina e Grecia, nazioni che hanno medie simili ma di almeno uno punto percentuale superiori.

* Secondo i dati raccolti da Statista sulle stime delle Nazioni Unite, nel 2025 è il Giappone la nazione che conta la percentuale più alta di ultra 65enni residenti (30%). Il secondo posto spetta a Porto Rico (25,3%) che è però un territorio statunitense e non un Paese a sé. A seguire, l’Italia, con una quota molto simile del 25,1%.

** Parlando della dimensione familiare in questo pezzo si usa come riferimento il modello di coppia eterosessuale. Si specificherà appositamente, quando rilevante, la presenza o meno di figli. Ma il piano di partenza resta qui resta quello dei nuclei formati da uomo-donna.

***

La newsletter di Alley Oop
Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.
Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com

  Post Precedente
Post Successivo