Per me va bene così, da un punto di vista personale. Se non mi si chiedono pareri mi si fa un favore, ma certo che la questione è intrigante. Questa ricerca evidenzia che le economiste, quando scrivono un nuovo saggio, richiedono l’opinione e i consigli dei colleghi e presentano i loro risultati più spesso, e a più persone, di quanto non facciano gli economisti. Ma pur partecipando ad un maggior numero di network, e offrendo i loro commenti più spesso dei colleghi di sesso maschile, sono, alla prova dei fatti, meno citate e meno ringraziate di loro. Gli economisti non chiedono l’opinione delle colleghe o, se lo fanno, non ne lasciano traccia nelle citazioni e nei ringraziamenti.
Se guardo a me stessa, so bene che questo risultato è soprattutto colpa mia. Non mi riesce di esser d’aiuto ai colleghi perché non ho quasi mai punti di resistenza psicologica quando prendo atto dei risultati di una ricerca … sono più propensa a trovare qualcosa di interessante in ogni lavoro, invece che a correggere potenziali errori, e poiché questa propensione non serve a incrementare la probabilità di essere pubblicati non fa neppure guadagnare spazio nei ringraziamenti.
Ho preso piena consapevolezza di questo mio limite facendo la correzione degli elaborati dei miei studenti. Anche nei compiti peggiori trovo sempre qualcosa di inaspettato, un modo arguto di distogliere l’attenzione da quello che non si sa, un effetto comico talvolta involontario che uccide la noia della perfetta uniformità dei compiti migliori, nei quali trovo solo ciò che ho dato.
Pertanto, facendo di necessità virtù, vorrei sostenere qui che una valutazione, sia che abbia esito positivo sia che lo abbia negativo, dovrebbe sempre esprimersi su due fronti: gli errori da un lato, ma anche i punti di forza dall’altro. Le parti di un elaborato che dimostrano intuito, intelligenza, creatività, ecc. dovrebbero essere evidenziate e valorizzate, anche se l’elaborato risulta alla fine non sufficiente (e tale rimane). Non è detto, infatti, che chi si sottopone a valutazione sia del tutto consapevole di quanto di buono ci ha messo (oltre ad eventuali errori), o di quanto siano interessanti le sue soluzioni e i suoi risultati.
Se si adotta questa linea di condotta (lo sappiano, i colleghi) io sono una commentatrice piuttosto entusiasta, trovo sempre nei loro lavori cose che non sapevo, che mi sorprendono, che apprezzo per l’originalità dei contenuti o per la chiarezza dell’esposizione, e che mi sarebbero certamente molto utili se solo me ne ricordassi al momento opportuno …
NB.: Ringrazio Monica per la segnalazione della ricerca di cui sopra.