
La violenza economica è considerata accettabile da un uomo su tre, e lo è per quasi la metà dei maschi Millennials e quelli della Gen Z. Per uno su quattro la violenza verbale e quella psicologica sono ampiamente motivate. La maggioranza (55%) dei Millennials ritiene legittimo il controllo sulla partner, soprattutto in caso di tradimento o di mancata cura della casa e dei figli. Anche la violenza fisica è giustificabile per quasi 2 maschi adulti su 10. La violenza è così interiorizzata e normalizzata nelle relazioni affettive e familiari. Molte delle sue manifestazioni sono reinterpretate dalla popolazione maschile come reazioni “comprensibili” a conflitti o comportamenti delle donne percepiti come provocatori. Un quadro che va dalla generazione over 60 dei Boomer, che nega la violenza di genere e non sa vederne le diverse forme, agli uomini più giovani, che pur riconoscendola, la legittimano. Sono le facce dello stesso fenomeno: l’inadeguata prevenzione primaria della violenza nelle scelte politiche italiane, a fronte di annunci e buoni propositi degli anni passati.
È quanto rivela “Perché non accada. La prevenzione primaria come politica di cambiamento strutturale”, ricerca di ActionAid con Osservatorio di Pavia e B2Research su percezioni della violenza e discriminazioni in Italia e come prevenirli. Un viaggio nella vita quotidiana delle donne, dalla casa agli spazi pubblici, dai trasporti alla cultura e al digitale per indagare come disuguaglianze e stereotipi di genere si riproducano in ogni ambito della società, contribuendo a ricreare e legittimare la violenza.
Per Action Aid il 40% delle risorse annuali deve andare alla prevenzione primaria
«Non si può prevenire la violenza senza promuovere uguaglianza, e non si può costruire uguaglianza senza assumere la prospettiva di genere in ogni politica pubblica. Significa intervenire sulle cause profonde, non solo sugli effetti. ActionAid chiede al Governo e al Parlamento che almeno il 40% delle risorse annuali del Piano antiviolenza sia vincolato alla prevenzione primaria insieme all’adozione di un piano strategico e operativo ad hoc, con risorse certe, obiettivi verificabili e responsabilità condivise. La prevenzione primaria non si può fermare alla necessaria educazione nelle scuole, ma deve coinvolgere le persone di ogni età, con azioni dirette a tutti gli ambiti della vita quotidiana, perché solo un cambiamento culturale può fermare la violenza maschile contro le donne», dichiara Katia Scannavini, co-segretaria generale ActionAid Italia.
Vincolare il 40% delle risorse alla prevenzione primaria permetterebbe all’Italia di avvicinarsi alle buone pratiche di Paesi come la Spagna, dove oltre il 50% dei fondi è destinato ad azioni che promuovono l’uguaglianza di genere, con risultati tangibili: dal 2003 al 2024 i femminicidi sono diminuiti di oltre il 30% e lo scorso anno si è registrato il numero più basso di donne uccise da quando esistono dati ufficiali.
La frattura delle diseguaglianze di genere
Ogni spazio, ruolo sociale e privato che le donne vivono è attraversato da disuguaglianze di genere, dove si riproducono ruoli tradizionali e squilibri di potere che limitano l’autonomia delle donne. A casa per esempio: il 74% delle donne si occupa da sola dei lavori domestici, contro il 40% degli uomini, con divari ancora più ampi tra le generazioni più anziane (80% delle Boomer e 83% delle donne della Gen X).
Anche nella genitorialità il carico resta sbilanciato: il 41% delle madri si occupa da sola dei figli e delle figlie, contro appena il 10% dei padri. Se si esce dalla propria sfera privata si sperimenta che gli spazi pubblici sono “a misura d’uomo”, le città sono meno accessibili e sicure per le donne: il 52% delle donne ha provato paura negli spazi pubblici (contro il 35% degli uomini), una quota che sale al 79% tra le più giovani e resta alta anche tra le Boomers (55%). L’uso dei mezzi pubblici per le donne spesso significa “mobilità della cura”: alta frequenza, con spostamenti più brevi e frammentati legati al lavoro, alla cura e alla gestione familiare. Questo modello, le espone a maggiori disagi e insicurezze: il 38% delle persone ha avuto paura almeno una volta di viaggiare sui mezzi pubblici, ma tra le giovani donne della Gen Z il dato sale al 65,5%. Solo il 13% ritiene i mezzi sempre sicuri, mentre il 40% pensa che una donna sia al sicuro solo di giorno e un quarto solo se accompagnata.
Quando si passa a confrontarsi con il mondo della cultura e i suoi prodotti come film, serie tv, spettacoli dal vivo si comprendono gli stereotipi che ne sono alla base: il 55% delle donne si è sentita svalutata nei contenuti culturali, questa percezione sale al 70% tra le giovani donne della Gen Z. Anche online quattro donne su dieci (40%) dichiarano infatti di aver avuto “spesso” o “a volte” timore di ricevere reazioni sessiste ai propri contenuti online. La paura è più alta tra le ragazze della Gen Z (59,3%), mentre scende al 29,1% tra le Boomer. Le più giovani, più presenti nei social, sono più esposte sia agli attacchi sia alla consapevolezza del sessismo digitale.
Politiche di uguagliana e prevenzione: la svolta che manca
Le scelte politiche, finora, non hanno portato ad una svolta su questi temi. Sebbene l’applicazione del gender mainstreaming – la prospettiva di genere trasversale a ogni politica – sia indicata come una delle priorità trasversali della Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, questo principio non è mai stato attuato. Il Pnrr avrebbe dovuto rappresentare un’occasione concreta per integrare la prospettiva di genere in tutte le politiche pubbliche, inclusa la mobilità, ma ciò non è avvenuto.
Infatti, quest’anno l’European Institute for Gender Equality (Eige) evidenzia come in Italia l’impegno istituzionale per l’uguaglianza di genere sia inferiore alla media europea, con un punteggio di 5 su 14, in calo rispetto al 2021. ActionAid afferma che la responsabilità di trasformare le parole in politiche concrete riguarda tutto il Governo e il Parlamento – nessuno escluso. Le tappe necessarie da percorrere sono: applicare la prospettiva di genere tutte le politiche pubbliche e mettere in campo un piano strategico e operativo ad hoc dedicato alla prevenzione primaria, con risorse certe e obiettivi misurabili.
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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.
Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.
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