
Tra turbolenze globali e sconvolgimenti politici, il mondo sta diventando sempre più ansioso, stressato e arrabbiato. Questa condizione non compromette solo il benessere emotivo dei singoli ma arriva a minacciare – sostengono Gallup e il World Health Summit (Whs) nel loro ultimo report congiunto – la convivenza pacifica tra le nazioni.
Intanto nella Striscia di Gaza la tregua è fragile e costellata da reciproche accuse di violazione. Hamas ha liberato i 20 ostaggi israeliani in vita e restituito alcune delle salme, mentre Israele ha rilasciato quasi 2000 prigionieri palestinesi. Dopo la firma ufficiale dell’accordo di pace a Sharm el Sheikh, i mediatori hanno lavorato alla “fase 2” del piano, in particolare sulla sicurezza e la futura amministrazione della Striscia.
Gli spiragli di pace che sembrano provenire dal Medioriente non rendono, però, il mondo meno insanguinato. Ancora oggi, infatti, si contano 110 conflitti armati (dati dell’Accademia di Diritto internazionale umanitario e Diritti umani di Ginevra, ai sensi del diritto internazionale umanitario) con effetti negativi vasti sulle popolazioni coinvolte. Nel frattempo anche la pacifica Europa, a 80 anni dalla Seconda guerra mondiale, sta preparando il proprio piano futuro per una difesa comune, con la Readiness Roadmap 2030, presentata giovedì 16 ottobre dalla Commissione Europea.
Mentre le emozioni negative sono aumentate in tutto il mondo nell’ultimo decennio, scrivono gli autori del rapporto State of the World’s Emotional Health 2025, esperienze positive come rispetto, risate e un buon riposo restano stabili. Per gli esperti è più di un semplice problema di salute mentale: è un campanello d’allarme per la stabilità globale.
Mondo inquieto
I dati di Gallup ci restituiscono la fotografia di un mondo in preda a una crisi emotiva che dura da oltre un decennio.
Quasi 4 adulti su 10 (39%) hanno dichiarato di avere vissuto una forte ansia il giorno precedente al sondaggio mentre il 37% si è sentito stressato. Le segnalazioni di emozioni negative quali tristezza (26%), rabbia (22%) e dolore fisico (32%), in generale, registrano valori inferiori rispetto al periodo pandemico ma restano molto più alte rispetto a 10 anni fa. Donne e adulti di mezza età affrontano pressioni emotive più intense e riportano livelli più alti di tristezza, preoccupazione e dolore fisico rispetto agli uomini e ai gruppi più giovani.

Intanto, le esperienze positive e di divertimento restano stabili. Il 52% dichiara di aver imparato qualcosa di nuovo o di aver fatto qualcosa di interessante il giorno precedente al sondaggio, un dato leggermente al di sotto del 2023, ma superiore al 2014. Una nota positiva: nel 2024, quasi 9 persone su 10 (88%) hanno dichiarato di essersi sentite trattate con rispetto, tra i livelli più alti mai registrati da Gallup.

Le emozioni negative, sostiene lo studio che è stato condotto tra 145mila adulti in 144 Paesi, sono strettamente legate anche ai livelli di pace e stabilità geopolitica. «Il disagio emotivo a livello sociale – ha dichiarato l’ad di Whs, Carsten Schicker, riflettendo sui risultati – non è solo un fardello individuale, è un segnale di avvertimento per la fragilità della società e un invito all’azione collettiva».
Il legame tra pace e emozioni
Il rapporto State of the World’s Emotional Health 2025 è stato presentato durante il World Health Summit, che si è tenuto a Berlino dal 12 al 14 ottobre, e che è stata anche l’occasione per riflettere come pace, salute e stabilità emotiva si intreccino. Per questo emozioni negative variano fortemente tra i Paesi e sono spesso più intense in quelli colpiti da conflitti, tensioni o crisi economiche.

La Palestina, che cerca un momento di respiro con l’accordo per il cessate il fuoco con Israele, è al 9° posto tra i Paesi con i più alti livelli di rabbia registrati nel 2024, sempre secondo Gallup, e condivide la parte alta della classifica con Chad, Jordan, Iraq, Iran, e altri contesti segnati da instabilità politica o sociale.
Se il bilancio delle vittime in una guerra rappresenta una ferita visibile, la vulnerabilità che i conflitti comportano ha strascichi anche sulla salute mentale della popolazione: paura costante, tristezza, disturbi da stress post-traumatico e un più alto rischio di suicidio, solo per citarne alcuni.
Stati fragili, affermano i ricercatori, mostrano livelli più alti di rabbia, tristezza e dolore fisico. Allo stesso tempo, ignorare i campanelli d’allarme della salute emotiva delle persone potrebbe significare trascurare segnali precoci di fragilità. Come spiega Jon Clifton, ad di Gallup: «Il nostro lavoro con il World Health Summit chiarisce una semplice verità: il benessere emotivo e la pace non sono obiettivi separati. Quando il primo viene meno, anche l’altra crolla».
Le guerre e il loro costo
Attualmente, nel mondo – conta l’Accademia di Diritto Internazionale Umanitario e Diritti Umani di Ginevra – ci sono oltre 110 conflitti armati attivi e l’impatto economico di queste violenze sull’economia globale è quantificabile.
Nel 2024, stima il think-tank internazionale Institute for Economics and Peace, è stato pari a 19,97 trilioni di dollari in termini di parità di potere d’acquisto, ovvero l’11,56% del Pil globale, pari a 2.446 dollari in meno di produzione economica per ogni persona sul pianeta. La sola spesa militare ha contribuito con 9 trilioni di dollari a questa cifra, costituendo il 45% dell’impatto economico totale della violenza.
Nel frattempo, la spesa per la costruzione e il mantenimento della pace si è fermata a 47,2 miliardi di dollari, ovvero solo lo 0,52% della spesa militare totale, come calcola il Global Peace Index 2025. Un dato preoccupante è che i conflitti stanno diventando sempre più internazionalizzati: negli ultimi 5 anni si contano 98 paesi coinvolti, anche solo parzialmente, in una qualche forma di conflitto esterno, rispetto ai 59 Paesi del 2008.
In Europa
Il livello di tranquillità globale è diminuito quest’anno dello 0,36%, dice lo Iep. Dallo studio emerge inoltre che la spesa militare (in % al Pil) ha registrato il secondo maggiore incremento annuo da quando l’indice è stato introdotto per la prima volta nel 2008. 84 paesi hanno aumentato la loro spesa militare relativa, rispetto ai soli 50 in cui è diminuita.
Mentre in Medioriente si tenta di trasformare il cessate il fuoco a Gaza in una pace duratura, per molti europei la guerra – o un suo possibile avvento – resta una preoccupazione. Secondo una percentuale di intervistati che oscilla tra il 41 e il 55% di un sondaggio YouGov condotto in 5 Paesi europei (tra cui l’Italia), entro i prossimi 5-10 anni potrebbe scoppiare un’altra guerra mondiale e la causa più probabile sono le tensioni con la Russia.
Anche per via delle crescenti preoccupazioni legate alla guerra in Ucraina, la Commissione Europea ha presentato giovedì 16 ottobre una tabella di marcia per strutturare una difesa comune entro il 2030. Di fronte all’incertezza sull’impegno degli Stati Uniti per la sicurezza europea, l’obiettivo del piano è organizzare, per quanto possibile, il riarmo della regione in modo collaborativo.
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