
Cosa significa oggi essere un maschio? I modelli tradizionali sono ancora molto vivi, una nuova narrazione cerca faticosamente di farsi spazio, senza dimenticare la complessità. Tanti passi avanti nella riflessione sono stati fatti in questi ultimi anni, anche grazie al lavoro di associazioni di uomini (da Maschile Plurale a Mica Macho, al Cerchio degli uomini tra le altre) che a questa domanda cercano di rispondere superando i vecchi stereotipi patriarcali e machisti e cercando di restituire agli uomini e ai ragazzi la libertà di essere se stessi, senza dover aderire necessariamente a vecchi schemi.
Un lavoro di cambiamento culturale profondo e decisivo anche nel delinerare nuovi rapporti tra uomini e donne, andando nella direzione di una maggiore parità in tutti i campi, anche con l’obiettivo di cancellare dalla nostra società la violenza sulle donne. Un lavoro lungo, che ha molta strada davanti a sé, soprattutto se guardiamo alle nuove generazioni.
Di recente, di modelli maschili – non rispettati – si è tornati a parlare anche prendendo spunto da un terribile caso di cronaca, quello del suicidio di Paolo Mendico, 14enne di Latina che – secondo quanto dichiarato dai genitori – potrebbe aver subito atti di bullismo anche in conseguenza al suo non soddisfare certe caratteristiche del modello maschile “classico”. Le indagini sul caso sono ancora in corso e la complessità di una situazione come quella del suicidio di un minore non devono lasciare spazio a semplificazioni, ma certo il tema dei nuovi – necessari – modelli di maschilità richiede una riflessione che non è più rimandabile.
Nel brano qui sotto, estratto dal libro “In TRAPpola. Giovani, parole e linguaggio. Come liberarsi da stereotipi e modelli sessisti”, cerchiamo di andare a fondo per capire quali sono i principali stereotipi (come quelli legati all’emotività maschile, con l’unica emozione legittimata che è la rabbia, quelli dell’uomo che non può mostrarsi fragile o vulnerabile, o triste, o tutti gli stereotipi legati alla cura, che non dovrebbe appartenere al mondo maschile)e in che direzione andare per superarli.
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L’errore da evitare è quello di pensare che questi siano modelli innati, naturali, come dimostra il fatto che variano a seconda delle variabili geografiche, religiose, di tempo e via dicendo. Si tratta di modelli appresi per imitazione, «perché non c’è un algoritmo interno che porta un bambino maschio a diventare uomo. Lo si diventa in contesti tipicamente maschili, si guardano i genitori, gli zii, i cugini, poi gli amici e in questo giocano un ruolo importante i contesti omosociali», spiega Giuseppe Burgio, professore di Pedagogia all’Università di Enna “Kore”. Questo, dice, è un compito educativo importante, ma gli adulti sono assenti nell’intervenire in una cosa che è considerata naturale e naturale non è. «In adolescenza – sottolinea – si cresce per tentativi ed errori, sperimentazioni e per imitazione. E questo tema è centrale proprio nell’imitazione del genere».
Le nuove generazioni, dal canto loro, sentono che il patriarcato non è più un modello corretto e valido; così, dice Burgio, «vanno alla faticosa ricerca di modelli alternativi, che non sono ancora codificati. C’è poi, però, una minoranza di ragazzi che non fa questo sforzo e cerca di ricoverarsi sotto il largo ombrello del patriarcato, tentando di rianimarlo, con atteggiamenti machisti, omofobici e misogini, che possono arrivare a sfociare nella vera e propria violenza contro le donne e contro tutto ciò che non è considerato maschilità».
Ai più giovani, agli adolescenti, va riconosciuto però il grande merito di questa ricerca di nuovi modelli, che stanno sperimentando, cosa che invece gli adulti non fanno, non riescono a fare. «Penso per esempio – dice il professore – al tema dell’amicizia maschile: tradizionalmente l’amicizia tra uomini era ritualizzata, ma molto raramente si parlava dei sentimenti, essere amici significava bere insieme, vedere la partita. Invece, tra adolescenti, si parla molto più facilmente di sentimenti, ci si manifesta affetto senza la paura dello stigma dell’omosessualità. Oggi alcuni adolescenti, che hanno fatto un importante lavoro di decostruzione del maschile tradizionale, non hanno difficoltà a dimostrare affetto fisico per i loro amici maschi». E, forse, sono loro l’esempio anche per gli adulti. «Gli adolescenti sono più costruttivi – dice –, ogni generazione di adolescenti è sempre meglio della precedente».
Anche nei contesti universitari, come raccontano diversi docenti, si nota negli ultimi anni un profondo cambiamento che ha portato a una maggiore consapevolezza e cultura sulle questioni di genere, sulla maschilità e sulla femminilità, e con le identità che sono vissute in maniera molto fluida da parte dei ragazzi e delle ragazze. Il sociologo Marco Deriu, che da oltre trent’anni si occupa di violenza degli uomini ed è tra i fondatori dell’associazione Maschile Plurale, lavora e propone proprio un nuovo modello di maschilità. Per Deriu in questo momento «ci sono due realtà entrambe vere: da un punto di vista sociale siamo entrati in una fase in cui i modelli sono più paritari e democratizzati; dall’altra parte questo produce reazioni opposte». Da una parte, quindi, i ragazzi e le ragazze sono più capaci di riconoscere modi di vedere le identità sessuali con maggiore apertura; dall’altro lato c’è una componente che reagisce con una sorta di regressione verso modelli del passato addirittura enfatizzati. «I due aspetti sono entrambi presenti, in passato erano supportati e rafforzati da una struttura sociale patriarcale, adesso questi elementi sono all’interno di una società in gran parte trasformata e in cui i modelli di relazione sono cambiati», conclude Deriu.

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Questo brano è estratto dal libro “In Trappola. Giovani, parole e linguaggio. Come liberarsi da stereotipi e modelli sessisti” (ed. Il Sole 24 ore), di Chiara DI Cristofaro, Simona Rossitto e Livia Zancaner, un viaggio che parte dal linguaggio dei ragazzi e delle ragazze e che vuole indagare quanto siano profonde, anche nelle nuove generazioni, le radici della violenza sulle donne.
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