«Investire sui diritti non è solo giusto, ma fa bene a tutti. Fa bene alla democrazia, all’inclusione e alla crescita economica». Con queste parole, Lucia Urciuoli, presidente di Edge, commenta i risultati del secondo Rapporto tra inclusione Lgbtqia+ e sviluppo economico locale, realizzato da Tortuga in collaborazione con l’associazione Edge.
Lo studio, che analizza la correlazione tra diritti civili e sviluppo economico, evidenzia come i territori e le aziende più inclusivi crescano di più, attraggano più talenti e siano economicamente più forti. Nonostante ciò, la recente decisione dell’amministrazione Usa di non collaborare con aziende che promuovono programmi di diversity & inclusion (D&I) ha portato molte realtà americane a fare marcia indietro.
Una mossa che potrebbe rivelarsi controproducente per le strategie aziendali ma che, allo stesso tempo, potrebbe dare un vantaggio all’Europa. «L’inclusione, l’apertura e la mancanza di discriminazioni sul luogo di lavoro e nei sistemi produttivi sposta i talenti, che sono un importante fattore economico della produzione».
I risultati
Il rapporto, che ha ricevuto il supporto di Sace, esamina lo sviluppo dei diritti civili in diverse aree del Paese – allargando poi l’orizzonte all’Europa – utilizzando il numero delle unioni civili come indicatore di progresso. Questi dati vengono poi incrociati con indicatori economici quali sviluppo, ricchezza pro-capite, tasso di attività, tasso di disoccupazione e attrattività degli investimenti nei distretti produttivi locali.
Dall’analisi emerge una chiara correlazione positiva tra inclusione Lgbtqia+ e sviluppo socio-economico. I territori con un maggiore indice di sviluppo e crescita dei diritti civili, in pratica, tendono anche ad avere sistemi produttivi locali con performance più elevate e progressivamente migliori nel tempo.
Come spiega Urciuoli: «abbiamo verificato che i sistemi locali più inclusivi, sono il 61% più ricchi, in termini di reddito medio pro-capite, di quelli meno inclusivi. Inoltre, dal 2017 ad oggi, cioè tra il primo e il secondo report, è più che raddoppiato il premio in termini di attrattività per i territori più inclusivi verso le persone lgbtqia+».
La mappa italiana dell’inclusività
Un maggior livello di inclusione si traduce principalmente in maggiore ricchezza e attrattività dei territori. Esiste però, allo stesso tempo, un inclusion divide, che perdura negli anni, tra Nord, Centro e Sud Italia.
Nelle città dell’asse nord-occidentale c’è un maggior livello di influenza. Il tasso di crescita diminuisce invece man mano che ci si sposta verso sud. Ma questo non avviene in maniera omogenea. Restando attorno ai grandi centri cittadini (come ad esempio Napoli, Bari e Palermo), il livello di inclusione, e quindi di crescita, aumenta.
Questa mappa è la dimostrazione che «investire sulla crescita dei diritti a livello nazionale, ma anche all’interno delle comunità locali e cittadine, non è solamente giusto, ma conviene: è un elemento di crescita che insieme a tanti altri di spinta economica fa crescere i territori», dice la presidente.
Il ruolo delle imprese
Edge è una associazione di promozione sociale che associa manager, dirigenti di aziende pubbliche e private, professioniste e professionisti Lgbtqia+ ed alleati e ha come focus quello di promuovere e tutelare i diritti e far crescere la diversity, equity ed inclusion nei luoghi di lavoro e nel business.
Questo studio è recentemente stato presentato a Genova mentre un nuovo lavoro – un position paper su intelligenza artificiale e pregiudizi algoritmici, in collaborazione con Pandora – è in uscita maggio 2025. Attualmente l’associazione è al lavoro sull’individuazione di 25 Role Models Europei che verranno premiati il prossimo 9 maggio a Varsavia, iniziativa patrocinata dal Parlamento europeo.
Per Edge, il report testimonia che «la battaglia per l’inclusione in Italia, quantomeno nei luoghi di lavoro è stata vinta e questo, in un momento così complicato, resta un messaggio volutamente e fortemente ottimistico», commenta la responsabile.
L’associazione sottolinea inoltre il ruolo fondamentale delle aziende, che negli ultimi 15-20 anni hanno promosso attivamente politiche di D&I, riconoscendo in loro un driver di sviluppo, benessere e attrattività dei talenti. Tuttavia, le istituzioni politiche faticano a tenere il passo con questa evoluzione culturale. «Il problema – aggiunge Urciuoli – è che la crescita dell’inclusione non è solo frutto di decisioni organizzative o di leggi, quelle semmai codificano un quadro di norme e di uguaglianza per tutti, ma è anche il frutto di una spinta culturale».
In Europa
Il rapporto di Edge e Tortuga non si limita a esaminare la situazione italiana ma offre anche una prospettiva europea. Anche i dati internazionali confermano l’esistenza di un rapporto tra inclusione Lgbtqia+ e sviluppo socio-economico dei territori.
Vent’anni fa l’Italia era allineata alla media europea, oggi, pur avendo registrato progressi, è sotto-media e «se guardiamo prospetticamente al prossimo studio che vogliamo far partire in inverno, il timore di vedere l’Italia fare passi indietro è abbastanza fondato, in ragione di un atteggiamento istituzionale politico negativo nei confronti delle persone Lgbtqia+, una comunità che viene raccontata e vissuta come elemento esterno rispetto al patto sociale», dice Urciuoli.
Paesi come Francia, Belgio e Spagna, grazie a politiche inclusive e normative avanzate, registrano livelli di sviluppo economico più elevati. Al contrario, nazioni dell’Europa sud-orientale, come Polonia e Ungheria, mostrano una correlazione meno forte, a causa di politiche avverse all’inclusione. La Grecia, si avvicina sensibilmente anno dopo anno e, ancora di più probabilmente, lo farà dopo la recente approvazione del matrimonio egualitario.
In questo scenario l’Unione Europea, con il suo forte impianto di tutela «è il punto di riferimento di una politica che continua a credere nell’inclusione».
Cosa aspettarsi dal futuro
In tutto il mondo, i movimenti conservatori stanno crescendo ma questa reazione rabbiosa, sottolinea la presidente di Edge, «per quanto spaventosa, è indice che le politiche di D&I funzionano e che hanno realmente cominciato a erodere i privilegi. Quelli reali, storici e che per decenni hanno tagliato fuori tutte le minoranze a partire dalla comunità Lgbt». Resta alta l’attenzione sulle fasce più deboli, le minoranze all’interno delle minoranze: «i diritti delle famiglie e delle persone trans».
I movimenti reazionari possono intimorire ma, sottolinea Urciuoli, in questa fase è importante non cedere sulla visione di una società del lavoro più inclusiva: «c’è da mettere in campo talento e creatività, rivedere le strategie, persino il linguaggio, se serve a ridare valore a parole come diversità, equità e inclusione». Passare da D&I, suggerisce, a Best: Benessere, equità, sostenibilità e talento.
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