Bambine e bambini che finiscono in affido condiviso in oltre il 70% dei casi, nonostante querele, indagini o condanne per violenza nei confronti del padre da parte delle madri. Provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale del padre, sospettato, indagato o condannato per aver violenza, solo nel 20% dei casi e incontri padre-figlio che nel 42% avvengono in maniera libera. Minori non ascoltati dal giudice e madri considerate alienanti. Sono i risultati di un’indagine realizzata dall’associazione Goap, che gestisce il centro antiviolenza di Trieste.
Numeri che confermano quelli dell’inchiesta pubblicati nell’aprile 2022 dalla Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio, secondo la quale su 1400 fascicoli riguardanti procedimenti civili di separazione giudiziale con affidamento di figli minori e procedimenti minorili sulla responsabilità genitoriale, in oltre un terzo dei casi erano presenti allegazioni di violenza domestica – ovvero denunce, certificati o altri atti e annotazioni relativi a violenza fisica, psicologica o economica – che in tribunale non venivano prese in considerazione.
Così, non considerando la violenza, i bambini, nella maggioranza dei casi, finiscono in affido condiviso anche al padre. Nei casi più critici allontanati dalle madri, considerate alienanti e manipolatrici verso la figura del padre e messi in comunità. Come è accaduto ad Alma, la mamma dei quattro fratelli di Cuneo, la cui storia viene raccontata nel podcast originale di Radio24 e de Il Sole 24 ore “Per il tuo bene” . E come accade ogni giorno, in Italia, a tante donne e ai loro figli.
Su questi casi la deputata cinquestelle Stefania Ascari ha presentato innumerevoli interrogazioni in parlamento, l’ultima qualche giorno fa, per il caso di un tentato prelievo di una bambina di 5 anni, a Roma. Per la garante per l’infanzia e l’adolescenza, Marina Terragni, «l’articolo 31 della Convenzione di Istanbul, adottata anche dall’Italia, esclude che un uomo violento nei confronti della madre dei suoi figli possa essere un buon padre. Al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli gli episodi di violenza devono essere presi in considerazione. Questo vale a maggior ragione quando la violenza è assistita». Terragni interviene duramente anche sui casi di prelievi forzosi dei bambini, per allontanarli dalle loro madri: devono essere limitati ai casi di pericolo per l’incolumità fisica dei minori, devono essere solo un’estrema ratio. Ma così non è, ancora oggi.
Lo studio Goap
Lo studio Goap parte dalle interviste realizzate a 243 donne che si sono rivolte al centro negli anni 2019, 2020 e 2021. Facendo una media, tra le donne che hanno querelato e/o per le quali si è aperto un procedimento d’ufficio (circa il 55% del campione), solo il 30% ha richiesto e ottenuto un provvedimento di tutela. Per il campione 2020/21 solo nel 31% dei casi il maltrattante è stato condannato, nel 36,6% c’è stata un’archiviazione. Il 15% circa delle donne che hanno querelato ha poi ritirato la querela. Da segnalare che secondo lo studio le donne sposate con il partner maltrattante e che avviano un processo di separazione nella metà dei casi ricorrono a una separazione di tipo consensuale. Nel 20% dei casi le donne intervistate riferiscono di essere state definite dagli operatori dei servizi o dai giudici ostative o alienanti il rapporto padre-figli. Solo nel 43% dei casi il minore viene ascoltato direttamente dal giudice (minorile o civile).
Ancora l’alienazione parentale nei casi di violenza
«Purtroppo accade che i bambini vengano allontanati dalle mamme, non abusanti o maltrattanti, ma che denunciano la violenza subita dal loro compagno, violenze spesso agite anche nei confronti dei figli. In nome dell’alienazione parentale, teoria ritenuta ascientifica, le donne vengono ritenute infatti ostacolanti, madri che non garantiscono la bigenitorialità e l’accesso all’altro genitore». E’ quanto ci spiega Maria Grazia Apollonio, psicologa e psicoterapeuta del centro antiviolenza Goap. Contro l’utilizzo nei tribunali dell’alienazione parentale nei casi in cui sono presenti maltrattamenti c’è un appello proposto da un gruppo di giornaliste e attiviste e inviato, tra gli altri, al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, alla ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella. «La Corte di Cassazione ha più volte rigettato come costrutto ascientifico il concetto di alienazione parentale. Non basta cambiargli nome, parlando per esempio di rifiuto genitoriale o escogitando altre definizioni fantasiose, per aggirare quanto affermato in queste sentenze», precisa la garante Terragni.
Le interrogazioni parlamentari
«Ricevo quasi quotidianamente segnalazioni di madri disperate che mi raccontano storie strazianti: bambini prelevati da scuola, strappati dalle braccia delle madri tra pianti e urla. Situazioni che generano traumi irreparabili», ci spiega Stefania Ascari, deputata M5S, che ha presentato varie interrogazioni parlamentari. «Dopo la presentazione di un’interrogazione, il ministero dovrebbe inviare degli ispettori. Cosa che oggi non avviene», continua Ascari. Varie anche le proposte di legge depositate, tra cui quella relativa alla modifica dell’articolo 337-ter del codice civile, secondo cui Il figlio minorenne ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori. «La bigenitorialità – sancita dalle legge 54 del 2006 – non può essere applicata in presenza di un genitore violento. Il supremo interesse del minore deve prevalere su ogni cosa», sottolinea la deputata.
Il dramma dei prelievi forzosi, l’ultimo caso a Roma
Tra le interrogazioni depositate da Ascari una riguarda una donna bresciana, madre di due minori di otto e nove anni, prelevati da scuola, allontanati e portati in due comunità differenti, sempre sulla base di una diagnosi di sindrome da alienazione parentale. I minori sono stati allontanati due volte: il 14 ottobre 2024 e l’8 novembre 2022. Un altro caso è accaduto proprio in questi giorni: la notizia, riportata dall’agenzia Dire, di un tentativo di prelievo forzoso di una bambina di 5 anni a Monteverde, un quartiere di Roma, dopo che sua madre, nei mesi scorsi, ha denunciato il compagno, padre della bimba, per maltrattamenti. L’uomo a gennaio è stato rinviato a giudizio.
Il 28 febbraio 2025, il tribunale di Roma ha deciso che Stella, nome di fanstasia, deve andare in casa famiglia. Perché? Perchè la ctu, la consulente psicologa del giudice, ha accusato la madre di aver trasmesso alla minore «il rifiuto genitoriale» e di averla quindi «esposta a un trauma dissociativo». Dunque, per riavvicinarla al padre, deve essere allontanata dalla mamma ed essere collocata in comunità. «Passaggio necessario nel suo superiore interesse», si legge nella relazione citata dall’agenzia Dire. Sul caso è già stata depositata un’interrogazione.
«I prelievi forzosi possono avvenire solo se un bambino rischia la sua incolumità psicofisica in famiglia, quindi nel caso in cui si trovi in una situazione di grave pericolo. Si tratta quindi di interventi limite che devono essere ampiamente e adeguatamente motivati e non possono in alcun modo diventare prassi», aggiunge la Garante per l’infanzia.
La storia dei 4 fratelli di Cuneo
Anche Francesco, Caterina, Edoado e Matilde (gli ultimi due sono nomi di fantasia) sono stati allontanati dalla mamma con la forza e collocati in quattro strutture diverse (la piccola in affido familiare), dopo una denuncia di violenza nei confronti del padre. La madre, Alma, è infatti stata valutata da assistenti sociali, curatrice e consulente tecnica d’ufficio «paranoide, borderline, schizoide, simbiotica e alienante, a causa di un processo di demonizzazione della figura paterna» (ma nessuna diagnosi è stata poi confermata successivamente dalla perizia a cui la donna si è sottoposta volontariamente).
Così il tribunale ha deciso di allontanare i ragazzi poiché – secondo le valutazioni – manipolati. Per farlo, una mattina di luglio del 2020, è stata utilizzata la forza pubblica. All’epoca i fratelli avevano 16, 14, 11 e 6 anni. «Come potremo avere ancora fiducia nella giustizia dopo quello che ci è successo?» ripete Francesco, il più grande, oggi maggiorenne. E’ la loro storia quella raccontata nel podcast “Per il tuo bene, la storia dei 4 fratelli di Cuneo”.
Il bimbo portato via alla famiglia affidataria
Riguarda il tema degli affidi anche la storia di Luca, nome di fantasia, un bimbo di 4 anni portato via alla famiglia affidataria, con cui viveva dalla nascita e collocato presso un’altra coppia. Luca era stato affidato a una coppia residente in Lombardia, nel 2020, quando aveva solo un mese. Avrebbe dovuto restare con loro per un “progetto ponte“, quindi per un tempo limitato, ma è rimasto quattro anni. A gennaio 2025, però, il tribunale per i minorenni di Milano ha decretato l’adozione e l’inserimento in una nuova famiglia adottiva, nonostante gli affidatari avessero chiesto l’idoneità all’adozione.
A febbraio 2025 i genitori affidatari hanno presentato un ricorso d’urgenza per l’adozione in casi particolari, ci racconta l’avvocata della famiglia, Sara Cuniberti e la prossima settimana è attesa un’interrogazione parlamentare. «Il bambino ha accolto la notizia con una regressione totale. Lo hanno trasferito in un’altra famiglia nel giro di 24 ore. Hanno detto: domani dovete consegnarlo, se non lo fate useremo la forza pubblica», sottolinea l’avvocata. Da quel momento i genitori affidatari non lo hanno più visto. A dicembre sono stati interrotti anche gli incontri con i genitori biologici, con cui il bimbo aveva comunque sempre avuto un rapporto. «Era davvero necessaria una tale sofferenza alla famiglia e al bambino?», si chiede il garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, Riccardo Bettiga. Anche la garante nazionale si associa alle preoccupazioni di Bettiga. «La speranza è che possano essere individuate misure per garantire la continuità affettiva nell’interesse del bambino, interesse che è e resta la nostra assoluta priorità», spiega Terragni.
In crescita i minori in affido
Secondo gli ultimi dati ufficiali del ministero del Lavoro che risalgono alla fine del 2023, i minorenni allontanati dalla famiglia di origine, al netto dei minori stranieri non accompagnati (msna), sono 33.310, di cui 15mila “in una qualche forma di affidamento familiare” (12.632 considerando l’affidamento familiare per almeno 5 notti la settimana) e 18.304 accolti in comunità residenziale (a cui si aggiungono 7706 minori stranieri non accompagnati). Numeri in linea al 2022 ma in decisa crescita rispetto al 2021, quando i minori in comunità erano 14.081 e quelli in affido 13.248. “Il dato nazionale risulta in crescita rispetto alle precedenti rilevazioni e si osservano, come previsto, degli scostamenti a livello regionale dettati dalla differente impostazione territoriale della raccolta dei dati”, si legge nel report relativo ai dati del 2022. Considerano gli msna, gli ats segnalano la presa in carico di 42.002 minorenni in affidamento familiare o collocati in strutture residenziali.
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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.
Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.
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