Non solo Meta. Anche Harley Davidson, Jack Daniels, McDonald’s e Ford. Solo per citarne alcune.
Sono le aziende che stanno facendo un passo indietro sulle loro politiche di inclusione. Certo, tante altre resistono. Come ad esempio Apple, il cui consiglio di amministrazione si è recentemente opposto a una proposta che mira a porre fine ai programmi di DE&I. Eppure, qualcosa sta decisamente cambiando.
Pink washing?
Ci stiamo avvicinando alla sconfitta del progressismo che ha reso possibile le tante iniziative di DE&I di questi ultimi anni, oppure si è trattato di un progressismo di facciata? La velocità – e facilità – con cui tante aziende stanno cancellando le loro politiche di inclusione fa in effetti sorgere il dubbio. Emerge il sospetto che l’attenzione alla DE&I sia più che altro stata una convenienza. Una strategia per attrarre persone, che fossero dipendenti oppure consumatori. Eppure, per un po’ ci abbiamo creduto: sembrava che la spinta dal basso per ambienti di lavoro più equi e inclusivi stesse davvero favorendo un cambiamento.
Tuttavia, non è detto che si sia realmente di fronte alla fine della DE&I. Più facilmente, potremmo trovarci al capolinea delle iniziative di facciata che spesso sono state promosse in tal senso. Quello che viene definito pink washing, tipico di quelle aziende che si sono limitate a dichiarazioni e attività spot, prive di un impatto reale e tangibile.
Con un po’ di ottimismo, potremmo immaginare che assisteremo a un prossimo futuro in cui a rimanere in piedi saranno le attività effettivamente a valore aggiunto, che contribuiscono attivamente al cambiamento. Soluzioni e iniziative che si fondano sul presupposto che la diversità non sia solamente qualcosa da attenzionare, ma soprattutto un’inesauribile fonte di valore per l’organizzazione. Nell’idea che l’azienda possa sì chiedersi cosa fare per le minoranze, ma possa soprattutto domandarsi in che modo queste ultime possono arricchirla.
Il ruolo della disillusione
A prescindere da come andrà, l’inversione di rotta a cui stiamo assistendo ci pone di fronte all’evidenza che l’attenzione alla DE&I da parte di molte aziende fosse più percepita – e prima ancora raccontata – che reale. Non che non si sapesse. Tuttavia, un conto è esserne consapevoli nel silenzio della propria testa o nel confronto con i colleghi, un conto è vederlo scritto nero su bianco, sugli articoli che ultimamente stanno affollando le principali testate.
L’impressione è di aver creduto a una messa in scena. Come se il trucco fosse stato svelato. Ed ecco allora che la disillusione comincia ad aleggiare. Perché dovremmo fidarci di quelle aziende che ancora resistono? La spinta dal basso che abbiamo creduto potesse contribuire a cambiare le aziende, è finita con la DE&I oppure è ancora possibile? Le giovani generazioni e le minoranze continueranno a mobilitarsi?
Chi resisterà?
È facile pensare che, a continuare a investire in DE&I, saranno quelle aziende nelle quali i ruoli di potere sono ricoperti da chi rappresenta la diversità: donne, persone Lgbtq+ oppure appartenenti a minoranze etniche. Sappiamo che organizzazioni di questo tipo sono tuttavia molto poche. Basti pensare che in Italia quelle guidate da donne sono appena il 2%. Nel mondo, hanno raggiunto il massimo storico dell’8,8% nel 2021, ma parliamo solamente delle aziende Fortune 500.
Tuttavia, è facile che queste realtà resistano proprio in virtù del loro essere una minoranza.
Dal momento che deriva proprio da questo aspetto il loro interesse diretto a mantenere i programmi e le iniziative di DE&I.
E le altre? I grandi brand detteranno necessariamente la direzione. Pertanto, è facile immaginare che saranno in molti a seguire Meta, McDonald’s, Ford e gli altri. Eppure, l’esempio di Apple ci pone di fronte alla possibilità che ci siano realtà che sceglieranno di mantenere gli impegni presi. Anche alla luce di una spinta dal basso che comunque sembra non arrestarsi. Specialmente se si pensa alla GenZ e, a seguire, alla Generazione Alpha.
Lo scenario più plausibile sembra dunque essere quello di una polarizzazione. Da un lato realtà che resistono e continuano a investire in programmi di DE&I, dall’altro aziende che cessano totalmente di farlo. Ancora una volta, una polarizzazione. Quel che è certo, è che il cambiamento per un mondo del lavoro davvero equo “is yet to come”.
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