Il tasso di occupazione femminile in Italia è il più basso d’Europa. A fronte di una media europea del 49%, nella popolazione italiana maggiore di 15 anni si attesta al 38%. Ma il problema non è solo che le donne lavorano meno: sono scarsamente rappresentate nelle posizioni apicali e marcatamente concentrate nelle categorie meno qualificate della classificazione professionale. E anche quando lavorano, guadagnano meno: non solo per la questione annosa del gender pay gap, ma anche perché nel nostro Paese il part time femminile resta il triplo di quello maschile. Circa il 24% delle donne occupate ha un impiego part-time, contro una media dell’8% di uomini occupati (Openpolis, dati al 2023 su basi Istat). Non stupiamoci: in una famiglia il part time per oneri di cura ricade su chi guadagna di meno – ovvero le donne.
La questione dell’occupazione femminile è irrisolta, e apre scenari anche sul futuro delle donne: lo svantaggio economico dura, infatti, per tutta la vita, si estende alle pensioni, riducendo la capacità delle donne di garantirsi una sicurezza finanziaria in età avanzata. Riflettere sul rapporto con i soldi e sulla gestione finanziaria è essenziale dunque per le donne perché permette di acquisire competenze fondamentali per l’autonomia e la sicurezza personale. Consapevolezza finanziaria vuol dire non solo gestire meglio le risorse economiche, ma rafforzare anche la capacità di prendere decisioni che possono influire positivamente sulla vita privata e professionale.
«Dobbiamo anche un po’ liberarci dal senso di colpa che alcune di noi hanno riguardo al possedere denaro. Se ci pensi è normale, perché non sono molte generazioni che lo maneggiamo liberamente, quindi dobbiamo ancora imparare molto», racconta ad Alley Oop Natascha Lusenti, autrice de “Il coraggio di contare” pubblicato lo scorso 20 settembre da Il Saggiatore. Il libro, nato in collaborazione con Banca Etica, esplora il rapporto tra donne e finanza, affrontando il pregiudizio che considera questi ambiti come distanti e inconciliabili. Un pregiudizio che, appunto, da troppo poco tempo si è cominciato a portare alla luce e provare ad abbattere.
«È anche una questione di giovinezza rispetto al rapporto collettivo col denaro» prosegue Lusenti. «Non è da molto tempo che le donne sono libere di lavorare, di avere conti correnti. E in ogni caso, ancora oggi, il rapporto col denaro è filtrato da un uomo: che sia un padre, un compagno o un marito, il fatto che ci siano dei rapporti d’amore tra le donne e gli uomini, mentre storicamente le donne sono state oppresse e tenute in disparte, crea nel loro desiderio di emergere e rendersi indipendenti un conflitto di interessi duro da abbattere. Questa cosa è emersa molto dalle storie che ho raccolto per il libro, molte donne e ragazze hanno incontrato queste contraddizioni».
Il libro di Lusenti, è infatti un’assemblea di storie e testimonianze, un saggio corale. Le voci di attiviste, saggiste, esperte di finanza, scrittrici e filosofe, si alternano a quelle di persone comuni, coi loro ricordi ed esperienze, rendendo il libro una sorta di ipertesto in cui, complice la passione di Lusenti per gli incisi e le subordinate, i collegamenti tra le une e le altre sorprendono e spiazzano nel corso della lettura. Con una bibliografia che spazia da Zygmunt Bauman a Audre Lorde, il libro è colto senza volerlo sembrare, con il pregio di mantenere complessità agganciandosi alle storie delle persone intervistate, affidate ora a una prosa dialogica, ora a strofe poetiche che condensano vite come in una Spoon River femminista.
Silvia
ho voluto studiare scienze internazionali
mio padre mi disse:
ma tu sei una donna, non ti serve questa laurea
e io pensai:
siccome mi ha detto di no, lo faccio per davvero
poi ho detto alla giornalista:
che sono grata alla mamma
che la mamma mi aiuta con i bambini
altrimenti non potrei lavorare a tempo pieno
mia mamma ha cominciato a lavorare a undici anni
e ha smesso qualche mese fa, a ottantatré anni
era orafa
e ho detto alla giornalista:
che sono grata anche a mio padre
ai miei bambini che sono piccoli
dico che i soldi:
non sono niente
ma con i soldi:
possiamo far diventare reale quello che abbiamo nel cuore.
Attraverso le figure femminili che prendono spazio con i loro racconti tra le pagine, diversificate per età, provenienza, professioni, scelte di vita, viene tratteggiato il modo in cui la finanza può essere strumento di cambiamento sociale. Sempre ammesso che si mantenga un approccio etico e inclusivo alla gestione del denaro. È una riflessione che unisce economia e impegno civile, incoraggiando una nuova visione del denaro come mezzo per creare benessere condiviso. E non sarà un caso che molte delle donne che hanno partecipato al progetto lavorano nel terzo settore. Scrive Lusenti: «Riassumo il loro pensiero fondante: “Un mondo migliore è possibile e io voglio fare la mia parte”. Nota bene. Nel terzo settore girano molti: ideali, passione, competenza, fatica, immaginazione, straordinari non pagati, ore di volontariato. Girano pochi: soldi».
Volendo dunque potenziare la capacità delle donne di attrarre, gestire e far fruttare il denaro, ma senza snaturare l’approccio femminile, forse è il momento per un cambio di paradigma. Forse si potrebbe smettere di pensare ai soldi come qualcosa in qualche modo sbagliato, che non compete il femminile, e affidare loro un significato che abbia a che fare con una forma di benessere non inteso come lusso di pochi ma come dimensione collettiva. Prosegue Lusenti nella nostra conversazione: «A me interessa la dimensione collettiva dell’uso del denaro, cioè mi interessa l’idea che si possa usare il denaro per fare qualcosa che vada oltre, diciamo, il soddisfacimento dei piaceri. Sicuramente le donne della mia età, forse anche quelle un po’ più giovani, sono cresciute con una difficoltà culturale nel dare valore al denaro, così come nel darsi un valore nel mercato del lavoro, ognuna con la sua storia personale. Spero che per le ragazze più giovani sia più facile».
In un contesto in cui il denaro è stato spesso percepito come un tema “maschile” e legato a dei valori negativi, approfondire questi argomenti consente di superare stereotipi e pregiudizi, promuovendo una maggiore fiducia nelle proprie capacità, da un lato, così come partecipare attivamente al cambiamento culturale, contribuendo a ridefinire il valore del denaro in un’ottica di benessere collettivo e sostenibilità. Comprendere la finanza è oggi per le donne più importante che mai, poiché offre strumenti per investire nel futuro, tutelarsi in situazioni di incertezza e sostenere progetti che hanno un impatto sociale positivo.
«Dove stanno andando i flussi di capitale, chi stanno aiutando? Questo dovrebbe essere il primo discorso quando parliamo di sostenibilità, proprio il primissimo» afferma Alice, una delle testimoni raccolte nel libro. «E parlare di soldi dovrebbe essere sentito come una responsabilità anche tra amici, conoscenti, parenti, per mettere in comune i guai economici: le persone non vogliono sembrare povere, non vogliono parlare del fatto che non arrivano a fine mese, che sono in difficoltà, invece se parlassimo di queste cose più apertamente capiremmo che la maggior parte di noi è in questa situazione».
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Autrice: Natascha Lusenti
Titolo: Il coraggio di contare. Storie di donne, finanza ed etica nell’Italia contemporanea
Editore: Il Saggiatore
Prezzo: 17€
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