Lavoro, cosa ci rende stanchi e stressati?

Una persona su due percepisce alti livelli di stress lavoro-correlato e il 47% convive con vissuti di stanchezza diffusa. È quanto emerge dai dati 2024 dell’Osservatorio BVA Doxa-Mindwork* sullo stato di benessere psicologico nelle aziende italiane. Uno studio giunto alla sua quinta edizione, che viene pubblicato ogni anno in occasione della data odierna, in cui ricorre la Giornata mondiale della salute mentale. Un dato in linea con quanto messo in evidenza dal rapporto “State of the Global Workplace 2024” di Gallup, condotto in 90 Paesi, 

Evidenze che fanno riflettere soprattutto quest’anno, alla luce del tema scelto per la ricorrenza dalla società Mindwork per il suo evento annuale, tramite una votazione aperta al pubblico: “È tempo di dare priorità alla salute mentale sul posto di lavoro”. Il legame tra benessere psicologico e lavoro non è una novità, ma vale la pena ricordarne le sfaccettature, per comprendere la forte valenza che la giornata di oggi assume.

Stare bene per lavorare (bene)

Come sa chiunque abbia affrontato un periodo di vita complesso o abbia convissuto con problemi psicologici, non è semplice riuscire a portare a termine il proprio lavoro se la mente è da un’altra parte. Per svolgere bene il proprio impiego, è infatti necessario possedere un buon equilibrio psico-fisico. Tanto che, per lo stesso Freud, la salute mentale consiste (anche) nell’essere capaci di amare e lavorare.

Lo ricorda indirettamente l’ultimo rapporto OCSE, affermando che le persone che hanno una qualche forma di disagio mentale hanno tassi di occupazione più bassi. In particolare, l’indagine rivela che la probabilità di trovare un impiego è, per questa fascia della popolazione, tre volte più bassa. È così che si determina un circolo vizioso: lunghi periodi di disoccupazione, infatti, sono a loro volta associati a problemi legati alla salute mentale.

Lavorare per stare bene

Alla luce di quanto affermato, risulta evidente l’importanza che il supporto all’occupazione riveste per le persone che convivono con malattie mentali. Il lavoro può infatti diventare un importante mezzo non solo di emancipazione, ma anche di cura.

Ecco perché è necessario che lo stesso sia il più possibile – e per chiunque – non solo accessibile, ma anche sostenibile e orientato al benessere. Sebbene ciò non sempre accada. Come evidenziano i dati 2024 BVA Doxa-Mindwork, infatti, il 55% delle persone in Italia afferma che le responsabilità e gli impegni di lavoro interferiscono con la loro vita privata e familiare, impattando negativamente sul loro benessere complessivo.

Stare bene al lavoro

Abbiamo tutti il ​​diritto a un ambiente di lavoro sicuro e sano, anche da un punto di vista psicologico. Questo non vuol dire eliminare il malessere (sarebbe sia impossibile sia poco sano), quanto piuttosto offrire alle persone gli strumenti per gestirlo e fronteggiarlo.
Un’azienda che vuole davvero rendere la salute mentale una priorità, ha dunque la responsabilità di sostenere il benessere a tutti i livelli. Partendo dalla leadership. Non è un caso che – alla luce dei dati BVA Doxa – Mindwork già citati – manager e collaboratori abbiano una percezione profondamente dissimile da questo punto di vista. Il 72% dei primi ritiene di essere in grado di riconoscere i segnali di malessere psicologico all’interno del team, ma solamente il 37% dei secondi è d’accordo.

Dare priorità al benessere mentale in azienda è essenziale per promuovere un clima non solo sereno, ma anche produttivo. Lo stare bene – come è noto – impatta direttamente su assenteismo, turnover e coinvolgimento delle persone. Lo conferma la ricerca BVA Doxa – Mindwork: anche quest’anno, l’alto tasso di drop out dovuto a malessere psicologico associato al lavoro raggiunge quasi una persona su due (45%).
È arrivato il momento di comprendere che investire nella salute mentale al lavoro fa bene tanto alle persone quanto alle aziende. Non è solamente un atto “compassionevole”, ma una decisione strategica, necessaria per una crescita realmente sostenibile. 

* Mindwork, di cui l’autrice di questo articolo fa parte

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