“Chi come me”, lo sguardo che serve sul disagio psichico dei più giovani

«Gli adolescenti soffrono», «è emergenza ansia e depressione tra i più giovani», «siamo di fronte a un’epidemia». Dalla pandemia di Covid in poi, il faro sul disagio giovanile è rimasto sempre acceso, con allarmi più o meno ascoltati e con soluzioni ancora neanche abbozzate. Ma mentre – come adulti – guardiamo come da dietro un vetro quello che succede a una generazione che spesso definiamo «troppo fragile», o – come genitori – ci troviamo travolti da problemi che non pensavamo ci avrebbero mai riguardato, raramente succede di poterli guardare da dentro, questi adolescenti. Questo è quello che succede a teatro, in uno spettacolo in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino a dicembre, in cui entriamo nelle vite – e nelle anime – di cinque adolescenti ospiti di una clinica psichiatrica.

La pièce firmata da Roy Chen

Lo spettacolo si chiama “Chi come me” ed è la trasposizione teatrale curata e diretta da Andrée Ruth Shammah di una pièce di Roy Chen, scrittore e drammaturgo israeliano. Il testo nasce dall’incontro dell’autore con il personale medico e alcuni ragazzi ospiti di un centro di salute mentale di Tel Aviv, avvenuto nel 2019, quando fu contattato e invitato a partecipare a una lezione di teatro. Da questo primo incontro è nata un’intensa frequentazione e l’idea di realizzare un testo per il teatro. Lo spettacolo ha debuttato nel 2020 al Teatro Ghesher di Giaffa, ottenendo un grande successo ed è rimasto in cartellone fino ad oggi.

Una finestra aperta sulla salute mentale dei più giovani

La trasposizione teatrale curata con rara maestria da Shammah, torna in scena a Milano in una sala del Teatro Parenti trasformata in scenografia dello spettacolo. Protagonisti cinque adolescenti, di età compresa tra i 13 e i 17 anni, ospiti del reparto giovanile di un centro di salute mentale perché affetti da disturbi psichici di varia natura. Disturbi che facilmente identifichiamo, che i protagonisti stessi nominano e in alcuni casi spiegano con cura, ma che dopo poco restano ai margini. Quello che viene fuori con forza non è solo la sofferenza di quel disagio, ma sono le singole umanità di giovani alla ricerca del loro posto e del loro spazio nel mondo, alla ricerca di relazioni che li nutrano ma che – per ora – così tanto li mettono in crisi.

Il potere del teatro

E allora, man mano che lo spettacolo va avanti, che i ragazzi e le ragazze nella narrazione devono sperimentarsi con una sfida importante (un laboratorio di teatro!), da spettatori si diventa parte, cade quel vetro da cui li osserviamo e di cui parliamo. Complici anche le sorprendenti interpretazioni dei giovanissimi attori, le miusiche (quella di apertura, che resta dentro, firmata da Michele Tadini), la messa in scena, le straordinarie prove degli attori adulti, lo spettacolo dice più di qualsiasi report e permette di comprendere, più di ogni numero, quale sia la strada da percorrere.

Il cast

In scena, Samuele Poma interpreta il ruolo di Barak (16 anni); Federico Di Giacomo è Emanuel (14 anni); Chiara Ferrara interpreta Alma (17 anni); Amy Boda è Tamara/Tom (15 anni) e Alia Stegani interpreta Ester (13 anni). I giovani attori sono affiancati da Silvia Giulia Mendola nel ruolo di Dorit, la nuova insegnante di teatro, Paolo Briguglia (Fausto Cabra) in quello del Dott. Baumann, direttore del reparto, mentre Pietro Micci e Sara Bertelà interpretano tutti i genitori dei giovani protagonisti.

Con loro si gioca, si piange, si ride, si sogna. Il vetro da cui guardiamo «gli altri» si apre e diventiamo noi stessi parte di quel che accade, inevitabilmente. In certi momenti si vorrebbe scappare via, in altri si capisce quanto sia importante restare. E si esce pieni arrichhiti, di emozioni contrastanti. E di domande, soprattutto sul nostro ruolo di adulti, insegnanti e genitori.

***
La newsletter di Alley Oop
Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.