“Coming out è l’abbreviazione della frase “coming out of the closet” letteralmente “venire fuori dall’armadio”. L’armadio è sinonimo di “nascondiglio”. Il coming out è l’atto di uscire da quel nascondiglio buio senza più nascondersi per paura di venire ghettizzati o per imbarazzo, mostrandosi alla società con orgoglio. Se c’è qualcuno che pensa che coming out significhi “confessare un segreto”, ora avrà capito che il significato è un po’ diverso”.
Quella che avete letto è una delle lezioni di cultura gay in pillole del manga Il marito di mio fratello di Genghoro Tagame (storia e disegni) edito in Italia in due volumi dalla Panini Comics (Planet Manga – 2014). Dolcissimo ed emozionante spaccato di cultura LGBTQI*, il manga di Tagame affronta con estrema delicatezza i temi classici del coming out e dell’accettazione dell’altro o, meglio, dell’accettazione di tutto ciò che non rispecchia i canoni di una società, come quella giapponese, estremamente rigida e chiusa al cambiamento. In un giorno qualunque davanti alla porta di Yoichi si presenta Mike, il nerboruto marito canadese del suo defunto fratello Rioji. In un avvicendarsi di passato e presente, anche grazie allo sguardo ingenuo ed estremamente onesto di sua figlia Kana, Yoichi elabora il suo personale lutto e comprende che, al di là degli slogan, non esiste nulla di canonico o tradizionalmente corretto, nemmeno in un Giappone in cui anche un semplice abbraccio (hug), è una novità da accettare.
I riferimenti dell’adolescenza
Ho voluto iniziare con una delle più classiche icone della cultura POP del nostro secolo (i manga) per omaggiare giugno il mese più importante dell’anno per la cultura LGBTQI*, il mese in cui si svolgono più o meno tutti i Pride del mondo. Se penso al mio coming out, tante (non troppe) cose sono cambiate nel nostro paese e, tra queste, anche la diffusione delle opere classificate come LGBTQI*. Da ragazzo (e si parla letteralmente del secolo scorso) potevo contare su un numero limitato di fonti di approfondimento e ispirazione. Per cui, al di là dei grandi classici degli autori (pochi) dichiaratamente LGBTQI*, il “me” adolescente non poteva che rivolgersi alla cultura POP ossia musica, fumetti, pubblicazioni di nicchia e serie con sceneggiature ridicole e co-protagonisti (protagonisti non sia mai!) improbabili, decisamente improbabili.
Tuttavia, anche quei piccoli, minuscoli, sprazzi di luce, hanno consolato le mie solitudini e aiutato a costruire, passo dopo passo, l’uomo che sono oggi. Per questo ho deciso di dedicare questo pezzo ad alcune opere che, pur non essendo manifesti della cultura LGBTQI*, hanno parlato, parlano tutt’ora e parleranno, con estrema semplicità, a volte con delicatezza a volte con schiettezza, dei temi cari a questo mondo. Il tutto senza dimenticare le storie a cui appartengono, storie che li hanno resi memorabili.
Serie animate
In questo contesto, far seguire ai manga le serie animate è quasi doveroso. Con The Owl House (Disney + – Disney Channel – 2019-2021), il colosso dell’intrattenimento ha proposto una serie animata per adolescenti e pre-adolescenti estremamente innovativa e accolta molto positivamente dalla critica.
Luz è una ragazza che non ha molta voglia di partire per il campo estivo Reality Check Camp; vive nel suo mondo fatto di storie, romanzi e magie e sogna di seguire le orme della sua eroina fantasy preferita, una maga di grande talento. Proprio il giorno della partenza si imbatte in un portale (alle volte…) che fa accedere a un’altra dimensione, le Isole Bollenti, un arcipelago formato dai resti di un antico Titano. Non ci mette molto a fare amicizia con la strega ribelle Eda la “Donna gufo”, il piccolo demone King, suo figlio adottivo, e Goofy, una casa animata a dir poco adorabile.
In questa realtà fantastica, l’appartenenza di Luz al mondo LGBTQI* non la rende diversa dagli altri, ciò che la distingue è l’assenza di poteri magici innati, posseduti invece dal resto degli stravaganti abitanti. Tuttavia, Luz non si perde d’animo e decide di seguire il suo sogno di diventare strega, come apprendista di Eda, trovando inaspettatamente una nuova famiglia. Ciò che rende The Owl House una serie animata unica nel suo genere non è l’orientamento sessuale o affettivo della protagonista (che non viene in ogni caso nascosto) ma la costruzione dei personaggi e il modo in cui la sua storia viene raccontata. E’ una storia in cui l’arco narrativo, pur non essendo particolarmente originale, coinvolge lo spettatore e lo fa parteggiare per i protagonisti senza che nessun giudizio sia calato dall’alto (e dall’altro). Poco conta il fatto che alcuni di essi siano queer, non c’è morale né il tipico spiegone alla Disney (fortunatamente). Altamente consigliato per gli adolescenti e i pre-adolescenti.
Videogiochi
Dai cartoon ai videogiochi il passo è ancora più breve. Hades (Supergiant Games, 2021) è un roguelike game premiato ai Gaming Awards del 2021, che si è guadagnato in poco tempo un notevole successo. Liberamente tratto dalla mitologia greca, narra la storia si Zagreus, figlio di Ade, e del suo viaggio nell’oltretomba per cercare di raggiungere i suoi zii nell’Olimpo (vi ricorda qualcosa?). Con un gameplay accattivante, una direzione artistica molto creativa e un impianto narrativo incredibilmente sofisticato per un hack-and-slash (letteralmente un corpo a corpo, dove non si fa che combattere) si è guadagnato presto ampi apprezzamenti dalla critica. I
fan, tuttavia, si sono affezionati anche ai personaggi, apprezzando in particolar modo i numerosi spunti LGBTQI*. Zagreus è bisessuale ed è in grado di interagire e stringere relazioni con personaggi di vario genere. Non mancano nemmeno le grandi storie LGBTQI* della mitologia greca come quella tra Achille e Patroclo di cui, con molta cautela (e diciamolo, una buona dose di omertà) ci è stata raccontata la storia a scuola da professoresse o professori spesso più imbarazzati noi. Tutte caratteristiche che hanno fatto confermare il suo prosieguo che, tra i canonici ritardi delle case di videogame, dovrebbe uscire proprio a fine 2024.
Narrativa
Devo dire che sono un po’ invidioso della quantità di spunti LGBTQI* a disposizione degli adolescenti di oggi. Se è vero che non tutti questi spunti si intrecciano a storie degne di nota e spesso si esauriscono in una noiosa lezione all’insegna del politically correct, non so cosa avrei dato per avere la possibilità di interpretare un personaggio LGBTQI* in un videogame. Di sicuro mi sarei sentito più incluso e meno solo. Non vorrei tuttavia far credere che in passato non ci siano state opere che sono riuscite a toccare questi tasti.
A tal proposito e passando al settore narrativa, vorrei fare un passo indietro citando uno dei miei autori preferiti: Terry Pratchett, creatore dell’indimenticabile saga Mondo Disco, una delle più irriverenti e disincantate parodie della società moderna. In particolare, consiglio caldamente la lettura di Piedi d’Argilla (edito in Italia da Salani, 2005), terzo libro del Ciclo delle Guardie del Mondo Disco (se state già rinunciando all’impresa, non vi preoccupate, ciascun libro della saga del Mondo Disco può essere letto a sé, anche se non vi garantisco che non ne nasca una certa dipendenza).
Piedi d’Argilla è un romanzo che parla di diversità e di accettazione a 360°, senza che (quasi) ve ne possiate accorgere. Tra uomini, troll, licantropi e nani ci sono differenze culturali difficili da gestire, quando poi ci si mettono anche gli schiavi per eccellenza, i GOLEM, a ribellarsi, diventa tutto più complicato. E’ in questo contesto che incontriamo il caporale Felice Culetto (Littlebottom nella versione inglese, non sto a spiegarvi le origini del nome), alchimista ed esponente della razza nanica che rifiuta categoricamente le sue origini e le tradizioni nanesche.
Niente, asce, scazzottate, canzoni da ubriachi (ehi-ho!) e, soprattutto, niente oro o metalli preziosi da estrarre. Abbandonato il suo clan, Culetto Felice sarà accolto nella Guardia cittadina guidata da Vimes, malinconico capitano di un coacervo di disperati reietti; con il sostegno di Angua, donna e reietta lei stessa, Il/la nan*, trova il coraggio di affermare sé stesso e di addentrarsi in un mondo più frivolo di rossetti, smalti e lingerie, che spingerà gli stessi nani che l* disprezzavan* a trovare il coraggio di essere loro stessi.
Che gli strumenti usati da Sir Terry Pratchett negli anni novanta (la pubblicazione in inglese Feet of Clay, risale al 1996) per smascherare l’ipocrisia di chi si sente parte di un élite, può sembrare oggi ingenua e poco “corretta”. Nondimeno, Pratchett riesce, in pochi mirati passaggi a cogliere nel segno, senza mai smettere di farci sorridere con la sua beffarda ironia.
Che sia questa breve carrellata l’occasione per chiedere a chi conoscete un consiglio su un opera di ispirazione LGBTQI*, che siano figli, amici, conoscenti o colleghi. Scoprirete qualcosa di più su di loro e sulla società inclusiva che si sta costruendo.
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