Lo sport, la mia pallanuoto, è stato il mezzo che mi ha permesso di coltivare i miei sogni rendendoli obiettivi concreti e il primo luogo dove ho iniziato a far tesoro di ciò che apprendevo. Molte delle mie competenze sono nate in ambito sportivo e proprio a quel mondo ho attinto tanto per il ruolo più importante della mia vita: fare il papà!
Inseguire i propri desideri
Ho iniziato a giocare a pallanuoto perché non potevo più giocare a basket, la mia prima passione. Ho iniziato a sognare di diventare un campione quando l’Italia ha vinto le Olimpiadi a Barcellona. Lo sport mi ha dato capacità e competenze per cercare di rendere concreti i miei sogni. Essere un atleta mi ha permesso di conoscere i miei limiti e i miei punti forti. La pallanuoto mi ha insegnato a tarare i miei obiettivi sulla base delle reali possibilità e facendo tesoro di quelli dei miei compagni di viaggio.
Pur condividendo con compagni ed allenatori il comune sogno di sportivo, ognuno di noi aveva una ragione intima differente per cui giocava. Dai desideri di popolarità alla rivincita personale, dal puro piacere di vincere alla voglia di porre le basi per costruire un successivo sogno politico o imprenditoriale; queste sono alcune delle ragioni personali che trainavano noi singoli verso l’obiettivo comune. Conoscere queste ragioni, ascoltarle e accettarne la diversità dalle proprie, comprenderne l’importanza per l’altro consentiva di starsi accanto più facilmente tutelando il proprio sogno e facendosi un po’ carico di quello degli altri. L’interdipendenza degli obiettivi di squadra e la tutela del proprio desiderio come di quello degli altri mi da oggi la forza di fare squadra con i miei figli.
Quando sono diventato papà ho dovuto ben presto far tesoro della capacità di accogliere i sogni degli altri e capire come realizzare i miei. Avevo ventinove anni e da subito ho iniziato a sognare per i miei figli la grande carriera sportiva che sognavo io. “Papà, sono sincero, della pallanuoto poco mi importa! Voglio fare l’attore! Sogno la notte degli Oscar!” Queste le parole con cui Filippo, il mio secondo figlio oggi sedicenne, ha messo in seria difficoltà i programmi che avevo in serbo per lui. Ecco che molte delle skill comprese nello sport mi hanno permesso di comprendere i limiti del mio desiderio iniziale e ristrutturarlo rendendolo quello che è oggi:
il mio sogno di papà è permettere ai miei quattro ragazzi di coltivare i loro sogni.
Quali skill arrivano dallo sport?
Ogni percorso per raggiungere un traguardo è costellato da piccoli obiettivi che vengono perseguiti attraverso alcune capacità. Già si è accennato alla flessibilità con cui si debbono rimettere in gioco i propri traguardi e all’ascolto con cui si possono comprendere quelli degli altri.
Ecco le cinque principali skill che ho appreso che cerco di applicare nel mio ruolo di padre:
- Orientamento ai risultati – Assumersi la responsabilità di inseguire i propri sogni
I sogni possono rimanere tali o è possibile provare a trasformarli in realtà. Questo ho imparato intervistando molti campioni di nuoto che hanno partecipato e vinto alle paralimpiadi. Ognuno di loro non nascondeva la costanza e la determinazione con cui si assumeva la responsabilità di rendere accessibili i propri traguardi che per altri apparivano inaccessibili. Cerco ogni giorno di passare ai miei figli il loro insegnamento: non basta desiderare che una cosa avvenga, sta a noi assumere la responsabilità di farla avvenire. Lo sport mi ha insegnato che questo distingue i sognatori che rimangono tali da chi prova ad essere campione.
- Visione prospettica e programmazione. Trasformare i propri sogni in obiettivi.
In che modo è possibile dar vita ad un sogno? Da direttore sportivo di settori giovanili in passato e di una serie A oggi, ho dovuto far conto con la costruzione di progetti giovanili competitivi che sostenessero i risultati di breve e di lungo periodo. Costruire un percorso per i giovani prevede visione prospettica e pianificazione dei singoli step. Costruire un vivaio che alimenti le squadre future vuol dire programmare prendendosi cura dei sogni di ognuno dei giovani atleti che ne faranno parte e degli allenatori che li seguiranno. Essere padre aiutando i miei ragazzi a trasformare i loro sogni in obiettivi passa proprio per il tentativo di rendere questi traguardi concreti, di evidenziarne i vincoli e le opportunità così come prendere in considerazione le priorità e le criticità che servono per raggiungerli.
- Gioco di squadra. Costruire una responsabilità reciproca tutelando obiettivi personali e obiettivi comuni.
Quando Como Nuoto ha scelto di chiamare me a giocare in serie A mi ha dato la possibilità di inseguire i miei sogni, e così ha fatto con tanti altri ragazzi. Giocare bene in una squadra e per la squadra significa aver compreso che ognuna delle persone che ne fa parte ha degli obiettivi che condivide con gli altri e degli obiettivi personali. Ho sempre cercato di prendermi cura dei miei obiettivi senza smettere di tutelare quelli dei miei compagni. Il gioco di squadra mi permette oggi di collaborare con i miei figli perché ognuno raggiunga il proprio obiettivo personale senza mai trascurare quelli comuni. A volte può accadere che un padre veda la collaborazione come la possibilità di togliere l’ostacolo davanti al cammino dei propri ragazzi e ragazze. Il gioco di squadra, inteso come il supporto perché la collaborazione sostenga gli altri nel percorso condiviso, è la skill che mi aiuta ad affiancare i miei figli nelle difficoltà. Non sempre riusciamo, a volte va ritarato l’obiettivo. Ma in ogni squadra sono le prestazioni con-vincenti che valgono di più delle prestazioni con-vittoria. Insieme collaboriamo per queste.
- Gestione dell’errore e degli insuccessi. Superare i limiti e le sconfitte per continuare ad inseguire quello in cui crediamo.
A volte si perde. Spesso si sbaglia. In alcuni casi si retrocede o si manca l’accesso alle fasi finali di competizioni importanti. Questi sono solo alcuni dei potenziali piccoli e grandi fallimenti che uno sportivo attraversa. Il mio primo figlio, Matteo, lo scorso anno è uscito dalla Nazionale all’ultimo giorno dell’ultimo raduno che precedeva gli europei giovanili. Avrei fatto di tutto perché lui ci potesse andare. Ero pronto a trovare mille alibi per dirgli che non era colpa sua. Mi ha chiamato al telefono direttamente dal raduno per raccontarmi la delusione e la tristezza che provava. La più grande soddisfazione di padre è arrivata quando ha saputo mostrarmi le skill che io non avevo in quel momento: tornato a casa aveva trasformato in consapevolezza e voglia di riscatto tutto l’accaduto. Non aveva alibi, non aveva rimpianti, aveva capito che altri avevano meritato di più e aveva voglia di mettersi a lavorare per farlo. Oggi cerco di insegnare agli altri tre figli più piccoli la gestione dell’insuccesso appresa dallo sport vissuto da papà.
- Leadership e followership. Guidare gli altri seguendo le loro scelte
Nella pallanuoto le azioni di difesa le guida il portiere o il marcatore “del centro-boa”, in attacco le guida chi vede il gioco. Io ho sempre difeso cercando di farmi seguire dai miei compagni. In attacco ero io ad esser follower di chi aveva caratteristiche più forti delle mie. Fare il papà in tante occasioni ti mette nella situazione di dover guidare, ma una delle cose più belle è quando ti accorgi che i figli sono cresciuti e che “chi gioca con te” ha imparato a prendere la sua strada. In quel momento puoi accettare il fatto che chi è cresciuto con te ti sta portando a gioire del gol che lui stesso sta segnando. Essere follower dei propri figli è molto spesso ancor più emozionante che saperli guidare.
E a questo punto parlo a chi è papà come me: quali sono i vostri sogni? quali skill mettete in gioco per difendere il diritto dei vostri figli di coltivare i loro sogni?
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