Dare senso alla vita: la ricerca del “cerchio perfetto”

Quando ci poniamo di fronte alla nostra vita, vorremmo che tutti i cerchi si chiudessero, che gli eventi di cui siamo protagonisti, o antagonisti, avessero un senso e che nulla fosse lasciato in sospeso. Purtroppo non accade sempre e tanti cerchi, che potrebbero essere perfetti, diventano linee aperte, curve, figure diverse e frastagliate.

Il secondo romanzo di Claudia Petrucci, “Il cerchio perfetto” (Sellerio, 2023), racconta di due cerchi che si chiudono: uno in un ipotetico futuro, che procede in senso orario, e l’altro nel passato, raccontato a ritroso, in senso antiorario. La costruzione del romanzo, quindi, già di per sé è interessante e costituisce uno dei punti di forza della narrazione. La protagonista del primo cerchio, affiancata da pochi altri personaggi, è Irene Sartori, curatrice fallimentare, con un padre architetto, famoso e ingombrante alle spalle. La sua antagonista, che ha chiuso nel passato il suo personale cerchio, è Lidia, la donna con cui si apre il romanzo:

“La fine di tutto è arrivata in fretta, e Lidia ha capito troppo tardi di non aver calcolato il rischio, ha commesso una leggerezza, come direbbe sua madre. Ma l’amore non è proprio questo, non è annullare anni di diseducazione dell’istinto, sbucciare un frutto maturo fino al nocciolo e ricominciare da capo? Chiude gli occhi, la stanza gira”.

“Al terzo piano, Lidia si affaccia alla ringhiera che lui ha fatto costruire, un legno di pregio, si aggrappa al corrimano e guarda giù. La pietra d’angolo la fissa, la chiama, a Lidia gira la testa. Si sporge per errore e, all’improvviso, la metà di lei che sta per cadere è più pesante di quella ferma a terra. Riempie otto metri senza urlare”.

Petrucci pone al centro del suo romanzo la casa di via Saterna, dove Lidia è morta e che Irene viene chiamata a vendere all’asta, in un gioco di incastri perfetto. Mi ha ricordato il romanzo (splendido) di Ali Smith, “Hotel world”, pubblicato nel 2004 dalla casa editrice minimum fax, tradotto da Federica Aceto, nel quale l’autrice sviluppava, attorno a un albergo, le vicende di cinque donne, in cinque racconti che convergevano poi in una storia comune.

La storia di Irene procede in parallelo con la storia di Lidia, nella Milano del boom economico. Lei, futura sposa, riceve una casa in regalo dal padre e segue il progetto di ristrutturazione affidato a Paolo, architetto dalle idee forse troppo originali per il periodo e pieno di passione, che conduce Lidia in un vortice di sensazioni ed emozioni, fino all’epilogo che apre il romanzo.

L’autrice mette in moto un meccanismo di cerchi concentrici che convergono in un punto; punto che sarà il finale, in cui ogni cosa sembrerà chiudersi. Per spingere l’acceleratore, ambienta la storia di Irene in una Milano del futuro, avvolta in una nebbia fitta e costante, conseguenza di un inquinamento fuori controllo, e con il centro blindato, controllato da guardie armate; quest’atmosfera rappresenta un elemento straniante, ma non forzato, che coinvolge il lettore e lo porta a immaginare un possibile domani, che ricorda il passato appena alle spalle.

L’aspetto che ho trovato molto interessante, al di là della tensione che spinge ad andare avanti a passo svelto nella lettura, è proprio la ricerca, da parte di Irene Sartori, del “cerchio perfetto” nella sua vita. Potremmo dire che è una delle tante donne irrisolte, con un marito a cui vuole bene ma che non ama, molto più grande di lei, che forse le ha dato sicurezza nel momento in cui più ne aveva bisogno e da cui adesso si allontana, non solo scegliendo di cambiare città per lavoro e quindi di separarsene fisicamente.

Irene ha anche un padre molto presente (e pressante), che avrebbe voluto per lei una carriera di successo, com’è stata la sua, e si rammarica del fatto che la figlia sia finita a fare, anziché l’architetto, la curatrice fallimentare. Lavoro che svolge nel migliore dei modi, sempre presente a sé stessa, ligia al dovere, con un cinismo che non le appartiene, pur di assolvere al compito assegnatole.

A un certo punto scopre che la casa è occupata da una ragazza in difficoltà; il primo istinto – dettato appunto da “ciò che è giusto fare” – è di mandarla via, ma poi le barriere si sgretolano e lei non solo le permette di rimanere, ma ne diventa profondamente dipendente, ne è attratta, al di là del provare empatia per una persona che ha bisogno d’aiuto.

La sua sembra una continua scommessa fra ciò che è, e ciò che la vita, le esperienze, gli incontri soprattutto l’hanno fatta diventare; come se un padre importante, un marito più anziano e la mancanza di un figlio la avessero in qualche modo indurita, anzi, “inquadrata”. Guardando Irene ci si chiede se lei sia felice, o se porti avanti dei compiti, misurandosi solo con ciò che sa fare meglio.

La maternità è un altro tema che nel romanzo viene portato avanti a latere: il desiderio di un figlio che non arriva, il ricorso a tecniche mediche e gravidanza indotta grazie a un protocollo di un’azienda specializzata (siamo sempre in un futuro prossimo); anche questo percorso viene affrontato da Irene con disciplina e dedizione, ancor prima che con passione e desiderio forse. A volte sembra di trovarsi davanti a modello rudimentale di cyborg, che archivia in un file remoto le emozioni e procede dritta, come a dover dimostrare sicurezza e forza al mondo che la osserva.

Un gran senso di solitudine, che l’autrice costruisce benissimo e in maniera naturale, senza spiegare troppo, ma mostrando Irene al centro del cerchio, contrapposta completamente a Lidia, vissuta nel passato, e che rappresenta un unicum per il periodo in cui è cresciuta: appassionata, emotiva, socievole e disposta a sovvertire tradizioni e regole pur di essere felice (o averne l’illusione).

Le due donne, Irene e Lidia, sembrano l’una il controcanto dell’altra. Al culmine della storia, ci si chiede: c’è un modo, una regola, per costruire la propria vita come un cerchio perfetto, disegnato attorno ai propri desideri, aspettative, bisogni? Un cerchio in cui convogliare tutta la luce che possa guidare in un cammino di conoscenza, di sé stessi, prima che degli altri, e condurre a una vita piena e felice? O il rischio è di perdersi inesorabilmente?

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Titolo: “Il cerchio perfetto”
Autrice: Claudia Petrucci
Editore: Sellerio (2023)
Prezzo: 16 euro

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