Wake me up when September ends (svegliami quando settembre finisce) cantavano i Green Day nel 2004.
In questi primi giorni del mese ho osservato le persone intorno a me, sui social come fuori. È sempre interessante analizzare le diverse reazioni a uno stesso avvenimento. Nel caso del rientro a lavoro, ho notato una sorta di pattern, in cui ritornano due diverse posizioni, spesso – e non a caso – polarizzate. Le ho chiamate rispettivamente velocista e struzzo.
Il velocista
Chi a fine agosto è sui blocchi di partenza e smania per (ri)cominciare. Si è portato avanti con il lavoro, ha seminato anche durante l’afa estiva e ora non vede l’ora di poter correre. A tutta velocità. Le ferie sono utili a ricaricare le energie, ma le energie vanno consumate. Il velocista ha fame.
Di solito sono persone che già a metà mese vorrebbero che il mondo fosse in ripartenza. Tanto che l’ultima settimana si stupiscono che gli altri siano ancora al mare. Finalmente, è settembre.
Lo struzzo
Chi ancora prima di cominciare le ferie vive nell’ansia del rientro. Persone che dopo la vacanza hanno bisogno della vacanza dalla vacanza, che tentano di rimandare il più possibile la ripartenza. E, soprattutto, di fuggire dal fantasma di tutto ciò che hanno rimandato a settembre. La testa, ovviamente, è rigorosamente infilata sotto la sabbia.
Quando il fatidico rientro arriva, partono con il freno tirato, disorientati dalla stessa routine che fino a qualche settimana prima scandiva le loro giornate. Ah, è già settembre?
Due posizioni che sembrano agli antipodi, soprattutto dal momento che gli struzzi definirebbero i velocisti workaholic mentre quest’ultimi definirebbero i primi sfaticati. Chi sta nel pezzo, per lo più fa spallucce. Eppure, ci sono almeno due similitudini che rendono queste categorie molto più vicine di quanto si pensi.
Né i velocisti né gli struzzi si godono le vacanze. I primi sono impazienti di ricominciare e vivono le ferie quasi come un incidente di percorso. Stufi fin da subito del lettino, contano i giorni che li separano dalla corsa. I secondi sono talmente angosciati dall’idea che le vacanze finiranno – e finiranno presto, perché voleranno – che non riescono ad assaporare i momenti, troppo proiettati verso l’infelicità che li attenderà al rientro in aeroporto.
Il secondo tratto che li rende simili è il fatto che gli struzzi non sono gli unici a sperimentare paura. Anche i velocisti, infatti, sono mossi dalla stessa emozione, sebbene meno visibile e orientata diversamente. Ciò che spinge al fare e impedisce di godersi il relax, è infatti il timore – e quindi l’incapacità – di fermarsi. Di sostare in spazi e tempi vuoti. In cui al posto di fare si può anche essere. O semplicemente, fissare l’orizzonte.
Nessuna di queste due posizioni è auspicabile. E tanto meno sana. L’equilibrio è sempre da ricercare nel mezzo. È normale sperimentare ansia da rientro. Capita a un terzo delle persone in Italia. Come è normale essere impazienti all’idea di ricominciare. Tuttavia, nel momento in cui questi stati d’animo non permettono di stare bene, è necessario riuscire a regolarli.
Come sempre, la soluzione sta nella sintesi. Che no, in questo caso non è Beep Beep di Willy il Coyote. Il rischio è essere struzzi – e quindi stare male – durante le ferie e diventare velocisti allo scattare di settembre, non rispettando i propri ritmi. È essenziale trovare la propria misura e ricordare che il benessere è tale perché lo si costruisce ogni giorno. Che sia in vacanza o al lavoro.
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