Quando si parla di diritti lgbtqia+ e ambienti di lavoro, le sfide da affrontare sono ancora tante e aperte, e in molti casi quello che ancora manca è la presa di coscienza della necessità di affrontarle. Lgbt+ People at Work è un incontro tra aziende, professionisti e istituzioni, invitati a confrontarsi sulle buone pratiche aziendali italiane in tema di Diversity Equity & Inclusion, per mettere in luce come l’inclusione possa essere anche una chiave per il successo e per migliorare le performance aziendali.
Arrivato alla sua nona edizione, la prima in presenza dopo lo stop imposto dalla pandemia, il forum quest’anno sarà ospitato dal Teatro Elfo Puccini di Milano, il 23 giugno. Tutto il programma ruota attorno alla suggestione teatrale, e si suddivide in tre macrotemi rappresentati da altrettante famose pièce teatrali. Il tema centrale, il presente, è introdotto da uno dei più famosi testi del teatro dell’assurdo, “La cantatrice calva”. A spiegare il perché è Igor Suran, direttore esecutivo di Parks – Liberi e Uguali, l’associazione che c’è dietro all’organizzazione del forum.
“Il percorso del programma è pensato per esprimere una connessione tra passato, presente e futuro” spiega Suran: “Mentre oggi cerchiamo di creare il futuro, ci rendiamo conto che non c’è presente senza la memoria del passato. La scelta della Cantatrice calva per il presente intende esprimere la preoccupazione per quell’immobilismo che si percepisce nella società su alcuni temi importanti. Quella sezione del programma sarà dedicata a parlare delle sfide attuali in relazione al quadro legislativo che conosciamo, alle carenze normative sui diritti dei genitori in coppia omogenitoriale, sull’omobitransfobia, sulla facilitazione della transizione sociale delle persone che stanno compiendo una transizione nella vita privata. In questo momento storico si sta forse minimizzando l’importanza di questi temi, quando non addirittura ignorando. E questo causa immobilismo. Noi con le nostre aziende cerchiamo di dare delle risposte”.
Quali sono le grandi sfide che le aziende devono affrontare o stanno affrontando su queste tematiche?
“Quando Parks cominciò la sua attività tredici anni fa, il pensiero comune era “va bene essere gay, purchè ognuno lo faccia a casa propria”. Anche se ancora oggi spesso si sente questa frase, c’è stata un’evoluzione della società. I datori di lavoro, le aziende, non si chiedono più perché parlare di certi temi, ma come parlarne, e questo vuol dire aver acquisito la consapevolezza dell’importanza di farlo. In modo molto pragmatico e realistico oggi la sfida duplice. Da una parte ci si chiede come sviluppare una cultura inclusiva all’interno dell’azienda, come superare la cultura del silenzio e sviluppare la cultura della voce, e quindi dell’ascolto come parola chiave del percorso di inclusione. Ma affinchè qualcuno ascolti, qualcun altro deve parlare.
Quindi l’obiettivo è creare un ambiente in cui le persone si sentano libere. Perchè sul lavoro non si deve parlare solo di professionalità, ma c’è tutta una sfera personale che impatta profondamente anche sulla professionalità. Ricordiamoci che un’azienda, oltre a essere datrice di lavoro, svolge anche il ruolo di precursore dei cambiamenti sociali”.
In quest’ottica anticipatrice, l’azienda è chiamata anche a superare il legislatore nazionale? Per esempio creando una cultura inclusiva con interventi mirati di sostegno o riconoscimento dei diritti?
“L’azienda non può cambiare la legge, ma può esprimere un buon esempio. Le grandi aree in cui manca protezione, ma che toccano profondamente le persone, sono tre: l’omolesbobitransfobia, le policy sulla genitorialità, le transizioni di genere. Per esempio, prima della legge Cirinnà alcune aziende concedevano il congedo matrimoniale alle coppie dello stesso sesso che avessero contratto matrimonio all’estero. Altra buona pratica è equiparare previdenze e permessi che fino a oggi sono stati concessi solo ai genitori riconosciuti in quanto tali, estendendoli a chi vive una condizione di genitorialità non riconosciuta. O ancora, creare la possibilità per le persone che stanno affrontando una transizione di essere riconosciute nel genere e nel nome di elezione prima che la legge stabilisca la riassegnazione del genere.
Ma c’è anche altro. Un’azienda non è un’isola: ha tante controparti, a partire dai dipendenti fino ai clienti, i fornitori, il mondo istituzionale. Le aziende che hanno già intrapreso un percorso di consapevolezza sono anche chiamate a intervenire su tutta la filiera per aiutare gli interlocutori meno privilegiati, che non hanno risorse. C’è quindi un impegno interno che va accanto a un impegno esterno. Un’azienda che ha creato valore e bellezza in casa ha anche la responsabilità di comunicarlo all’esterno”.
Il forum LGBT+ People at Work del 23 giugno è dunque anche uno spazio per creare questa occasione di condivisione, in un percorso che, riaffermando le conquiste del passato, metta in luce le sfide del presente per delineare gli obiettivi futuri. Per questo i panel delle tavole rotonde accolgono oltre alle imprese anche figure del giornalismo, del mondo accademico, terapeutico, e i temi spaziano dal linguaggio inclusivo all’intersezionalità delle differenze. La giornata si concluderà poi con lo spettacolo comico “Chi dice donna dice TUTTO” che vedrà in scena Laura Formenti e Annagaia Marchioro.
“Abbiamo la possibilità e la responsabilità di creare una cultura inclusiva in casa nostra e di dimostrare ogni giorno quanto crediamo nel cambiamento, non solo nei mesi di celebrazione del Pride. La miglior prevenzione è raccontare all’esterno storie virtuose che si basino su ciò che è stato realizzato all’interno” conclude Suran.
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