Cosa conosciamo della vita online dei nostri figli?

Controllare o no? Censurare o no? E se controlliamo, quanto dobbiamo farlo? E se mettiamo dei limiti, dobbiamo rispettarli anche noi adulti?  Nel Safer Internet Day le ricerche ci parlano di quanto i più giovani siano i più esposti ai rischi del web (le ragazze più dei ragazzi), di quanto tempo passano online (moltissimo), di quali sono i rischi che corrono e di cosa hanno paura. Internet non è in discussione, sono passati i tempi in cui si demonizzava il mezzo, siamo in una fase in cui il mezzo è diventato parte integrante delle nostre vite, a tutte le età. Il punto, allora, è sfruttarlo al meglio ma, per farlo, dobbiamo conoscerlo, noi per primi, e saperlo maneggiare con cura. Con tutto ciò che porta con sé.

Ma quanto ci sentiamo sicuri online?

La Global Online Safety Survey 2023 punta a misurare la percezione della sicurezza online tra adulti e adolescenti: il sondaggio – alla cui realizzazione partecipa Microsoft da 19 anni – viene svolto su 16mila persone in 16 Paesi per diverse fasce di età- e mostra che il 69% degli intervistati a livello globale ha avuto esperienza di un rischio online nell’ultimo anno (62% in Italia). Percentuale che sale all’80% se consideriamo la sola popolazione LGBTQ+ (75% in Italia). Disinformazione (49%), contenuti violenti (32%) e rischi per la persona – come hate speech, cyberbullismo, minacce – (30%) sono i rischi più comuni riscontrati in Italia. Se tra i ragazzi l’hate speech è il rischio più comune – vissuto dal 28%, forme di sollecitazione sessuale sono invece il pericolo che colpisce di più le ragazze, in particolare il 9% del campione. Importante: i genitori di teenager sottovalutano qualsiasi tipo di rischio a cui i propri figli possono essere esposti.

Smartphone troppo presto nelle mani dei bambini?

Un primo elemento che fa riflettere emerge dalla ricerca condotta da Swg per Italian Tech e Telefono Azzurro: il 75% dei bambini tra i 6 e i 9 anni – lo dicono i genitori – usa già lo smartphone, a 10-13 anni lo utilizza il 96%: di questi, 1 su 3 lo fa già in totale autonomia rispetto alla mamma e al papà, che controllano nel 36% dei casi. Secondo un recente rapporto della società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche Lombardia in collaborazione con l’Università di Milano-Bicocca, se nel 2020 i bambini tra i 6 e i 10 anni “possessori” di uno smartphone erano il 23,5% , questo numero sale addirittura al 58,4% nel 2021. Ed è lo smartphone, decisamente più del tablet ma anche delle piattaforme di videogiochi lo strumento principe di accesso al web: quanto siamo consapevoli dell’utilizzo che ne fanno i bambini e i preadolescenti? Quanto è realmente necessario che bambini della scuola primaria utilizzino lo smartphone ancora prima di averne uno proprio?  Qual è la motivazione perché lo utilizzano? Già porsi queste domande, come adulti, aiuta ad aumentare la consapevolezza sull’utilizzo di uno strumento così potente. Certo, l’importante non è il mezzo ma l’uso che se ne fa, ma l’età non è una variabile indifferente, visti gli effetti che l’utilizzo degli schermi ha sulle capacità attentive, sullo sviluppo del cervello e sulla regolazione emotiva in tenera età.

Tra ragazzi e ragazze uno su due vittima di bullismo o cyberbullismo

Se ci spostiamo nell’età dell’adolescenza, quella in cui non ci chiediamo più see c’è o meno lo smartphone ma cerchiamo di capire l’uso e i potenziali rischi, entriamo in una realtà in cui vita virtuale e vita reale sono totalmente sovrapponibili (o quasi). E in questo contesto, secondo i dati dell’Osservatorio Indifesa di Terre des Hommes, il 47,7% dei ragazzi e ragazze è vittima di bullismo o cyberbullismo e il pretesto principale per il quale vengono attaccati è l’aspetto fisico (lo dice il 37% dei partecipanti alla riceerca). Seguono, ma con ampio distacco, origine etnica 7%; orientamento sessuale 5%; condizione economica 3,5%; religione 3,3%; identità di genere 1,9%; disabilità 1,3%. Quasi 8 ragazzi su 10 hanno paura del web e il cyberbullismo è la minaccia più temuta dagli adolescenti quando sono online, lo afferma il 23% tra loro, ma sono percepite come minacce anche il furto di identità (18%) e l’alienazione dalla vita reale (18%). Il 55% tra i ragazzi ci dice che i propri genitori non controllano la loro attività online.

Una cultura che deve cambiare, quella della violenza

Quali sono i rischi online, dunque? Quelli che i ragazzi temono di più sono quelli legati al bullismo e al cyberbullismo, ma non sono gli unici. La violenza viene esercitata tra pari, come nel caso del bullismo e del cyberbullismo, ma anche dagli adulti. E certo, il mezzo conta, perché amplifica e aumenta i rischi, ma quando parliamo di Internet sicuro non dobbiamo perdere di vista i comportamenti. La violenza online è violenza e viene esercitata dagli adulti come tra adolescenti. Per esempio, colpisce un elemento: un adolescente su tre, tra i 13 e 18 anni, dichiara di controllare regolarmente il cellulare del/la partner, secondo il rapporto di WeWOrld  “Navigare senza bussola. Riconoscere e prevenire i rischi online per bambini, bambine e adolescenti”. La violenza di genere nelle relazioni online tra adolescenti è stata analizzata nel 2021 da WeWorld tramite la somministrazione di un sondaggio a circa 1.000 studenti e studentesse (tra i 13 e i 18 anni) e i risultati mostrano che gli/le adolescenti spesso sottovalutano l’entità dei comportamenti violenti o abusivi o non li considerano tali, anche quando sono loro stessi/e ad adottarli. E se torniamo ai numeri che riguardano il web, il 58% delle ragazze tra i 14 ei 16 anni ha subito varie forme di violenza online sui social media e, tra queste, il 39% è stata vittima di body shaming. In più, i social media sono anche il luogo in cui vengono spesso pubblicate fake news che ingannano i/le più giovani a causa della loro inesperienza e della tendenza a non operare un controllo attento dei fatti e delle fonti. Il 76% dei giovani tra i 14 e i 24 anni si imbatte in notizie false almeno una volta alla settimana, e solo il 2% di loro ha gli strumenti per capire se tali notizie sono affidabili o meno.

Violenza online da parte degli adulti

L’adescamento online e la produzione, il download, lo scambio o la vendita di materiale rappresentante sfruttamento e abuso sessuale minorile (CSEAM, dall’inglese Child Sexual Exploitation and Abuse Material) rappresentano le forme più diffuse di violenza online da parte di adulti. Nel 2021 sono stati identificati 252.194 url che contenevano o pubblicizzavano CSEAM, il 64% in più rispetto al 2020. Il materiale può essere spontaneamente creato da bambini/e e adolescenti anche come risultato di altre forme di violenza online, come l’adescamento online che in Italia è aumentato del 33% tra il 2020 e il 2021, in particolare per i bambini tra i 10 e i 13 anni, sempre secondo i dati WeWorld.  “L’aumento dei casi di abusi online ai danni di bambine, bambini e adolescenti ci preoccupa molto. Per questo continuiamo il nostro lavoro di educazione alle relazioni, all’affettività e alla parità nelle scuole e nei nostri centri educativi. Gli strumenti digitali non devono essere demonizzati, perché portano con sé tante opportunità, ma devono essere conosciuti e usati consapevolmente”, afferma Martina Albini, Advocacy and Study Center Officer WeWorld.

Autorità per l’infanzia: “Non serve proibire, garantiamo Internet più sicuro”

Quando si parla di internet e minorenni pensare di vietare non è realistico” ha detto Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. “Occorre garantire una navigazione sicura e assicurare i diritti dei minorenni connessi all’uso della rete”. In partocolare, Garlatti propone  “a livello normativo l’introduzione di una sorta Spid per minori per la verifica dell’età di accesso alle app e ai social” e ritiene sia ncessario “arginare, anche attraverso la co-regolazione con i provider, la sovraesposizione online dei minorenni”. Attenzione poi a quei “pericoli non troppo avvertiti: i furti di identità, l’appropriazione delle immagini dei bambini per la produzione di contenuti pedopornografici e la profilazione, che ingabbia i minorenni in un mondo chiuso di interessi, idee e notizie“. Servono “iniziative di educazione e sensibilizzazione, anche e soprattutto per gli adulti, che in alcune occasioni favoriscono – con le loro condivisioni in rete – la formazione di una cultura della sovraesposizione. Adulti che a volte si rendono protagonisti di comportamenti contradditori, come quello di proibire il cellulare a tavola o in classe mentre contemporaneamente loro stessi ne fanno uso nei medesimi contesti”.

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