Fabiola Gianotti: “Studiate la scienza per essere protagonisti nelle sfide del mondo”

Poter essere d’ispirazione per le ragazze e incoraggiare la curiosità verso la scienza delle nuove generazioni: è questo che ha convinto la fisica italiana Fabiola Gianotti, direttrice del Cern (Centro Europeo Ricerche Nucleari) di Ginevra dal 2016, a raccontare la sua storia in un film.

“Fabiola Gianotti. Alle origini del nostro futuro” è il documentario –  scritto da Chiara Avesani con la collaborazione di Guido Barlozzetti, diretto da Matteo Delbò e prodotto da Rai Documentari – che ha portato su Rai3 la vita di una delle più grandi scienziate al mondo.

Una carriera contro gli stereotipi

Gianotti è la prima donna a ricoprire per due mandati consecutivi la direzione del Cern: dal racconto delle origini del più grande laboratorio di fisica delle particelle del mondo, il film fa rivivere la scoperta più importante della fisica degli ultimi 50 anni: il bosone di Higgs, la particella di Dio.

“Questo documentario è un omaggio alla ricerca, a chi ha deciso di dedicare la sua vita professionale alla scienza e a capire come funziona la natura” – racconta Gianotti durante la conferenza stampa in viale Mazzini – “il lavoro di ricerca è un lavoro di squadra: l’idea di essere protagonista non mi allettava: quello che mi ha spinto è essere d’ispirazione per le ragazze che possono avere un modello”.

Costruire modelli, raccontarli e abbattere gli stereotipi: “per la Rai è importante fare servizio pubblico capace di ispirare e raccontare la storia umana di una professionista che ha raggiunto l’apice” –  dichiara Marinella Soldi, presidente Rai – “sono certa che il film catturerà il cuore e le menti dei giovani”.

Trasmettere l’amore per la ricerca scientifica, trasformandola in potere a beneficio del mondo. “Quello che voglio dire ai giovani è che studiare la scienza è importante per risolvere le sfide del Pianeta, come l’emergenza climatica, la salute ambientale, le sfide dell’ambito energetico”: è alle giovani generazioni che Gianotti si rivolge, invitandole a diventare protagoniste del nostro tempo e di quello che verrà. “La scoperta del bosone di Higgs ci ha fatto capire che avevamo fatto qualcosa di bello per l’umanità. Il bisogno di conoscere, voler capire come funzionano le cose e l’universo: questo di per sé è molto nobile”: alle origini del futuro c’è e ci sarà la curiosità.

Dagli studi classici alla scienza

“Io spesso dico che quello che oggi sono lo devo non soltanto agli studi di fisica, ma anche agli studi classici, alla danza, alla musica, hanno contribuito in parte uguale alla mia formazione, a quello che sono oggi”.

Fin dall’infanzia Fabiola Gianotti si dimostra curiosa, cresce a Milano – dove studia letteratura, arte e musica – suona il piano ed è un’esperta danzatrice. La sua formazione umanistica – spiega lei stessa – sarà fondamentale per arrivare ai vertici della scienza che con la musica condivide un linguaggio universale. Così come fondamentale sarà la biografia di Marie Curie, che l’affascina al punto da scegliere gli studi scientifici e l’Università di Fisica, dove incontra il suo mentore scientifico.

Poi l’arrivo al CERN come giovane ricercatrice e la scoperta della comunità scientifica internazionale di Ginenvra: il racconto documentaristico restituisce la personalità carismatica di Gianotti e “si pone come punto di intersezione tra l’umano e la scienza” – spiega Fabrizio Zappi, direttore Rai Documentari – “coniugando il racconto della scoperta scientifica con la sfera dell’emozione: questo rende concreto anche il racconto più astratto e così anche l’impossibile diventa possibile”.

Passione e ricerca

La passione per la ricerca, la dedizione e il lavoro di squadra. I temi che attraversano il racconto lasciano spazio in modo trasversale alle diverse sfaccettature che caratterizzano la vita della scienziata, svelandone anche i lati più inediti come quello di doppiatrice accanto a Veronica Pivetti: “quando ho incontrato Fabiola io avevo 6 anni e lei 8: abbiamo una differenza minima di età. Siamo due doppiatrici, io lo faccio ancora quando mi capita, ed è un segreto che ci siamo tenute sempre. Fabiola rende accessibile il suo mestiere, facendoti credere che tutto questo sia per tutti: per chi ha interesse a farlo”.

La voce di Veronica Pivetti è tra le testimonianze che si alternano nel documentario. Insieme a lei, a raccontare la poliedrica vita della scienziata, ci sono l’amica Paola Capitano, divulgatrice scientifica che la definisce “la donna di tutti i record, l’unica con un doppio mandato al CERN”; i colleghi del CERN Gian Giudice e Ludovico Pontecorvo e l’amicizia con il più grande violoncellista di fama mondiale Yo-Yo Ma. E ancora Renzo Piano, che ha progettato per il Cern Science Gateway – un nuovo centro espositivo dedicato alla divulgazione scientifica dove accogliere i giovani – che racconta di aver avuto la sensazione di conoscere Gianotti da sempre, perché accomunati dall’affinità per gli stessi percorsi di ricerca e amore per il sapere.

Donne e scienza

Le donne che scelgono gli studi scientifici e si appassionano alla tecnologia già sui banchi di scuola sono sempre di più. Ma gli stereotipi di genere continuano a pesare: le materie scientifiche sono ancora percepite dalle ragazze come “poco adatte” a loro, nonostante incuriosiscano il 54% delle studentesse. È quanto emerge dai dati della ricerca Ipsos realizzata per Save the Children in occasione dello scorso 11 febbraio, Giornata internazionale per le donne e le ragazze nella scienza.

“Ci sono ancora molti stereotipi e per decostruirli gioca un ruolo fondamentale l’educazione, a partire dalla famiglia e dalla scuola” – dichiara ad Alley Oop Fabiola Gianotti“io sono stata fortunata e non mi sono mai sentita discriminata: ma so che invece molte mie colleghe hanno avuto esperienze più complesse. Quando si è una minoranza in un mondo dominato dagli uomini – nel nostro campo le donne sono il 20% – si è sempre sotto esame: non si ha diritto al minimo errore. Per questo bisogna lavorare per essere completamente inclusivi, non solo rispetto alle donne ma anche rispetto alla diversità più in generale”.

E in questo la scienza può essere un’alleata, capace di unire laddove il mondo è fratturato: “la scienza è per definizione una colla perché si basa su dei fatti: le leggi della natura sono le stesse in qualunque luogo della terra. Un po’ come anche la cultura e l’arte sono aspetti unificanti che dovrebbero permettere di creare ponti, anche la scienza deve cercare di appianare le difficoltà che oggi vediamo nella nostra società e fra le persone che si accostano alla scienza”.

Un discorso che vale anche e soprattutto per le ricercatrici madri, a cui la scienza non deve essere preclusa o accessibile solo come “un gioco da equilibriste”. Ad Alley Oop Gianotti spiega come “non basta una singola misura per fare la differenza, bisognerebbe agire a più e diversi livelli: in quello dell’educazione scientifica nelle scuole, attirando bambini e bambine; a livello di infrastrutture, implementando tempi di lavoro flessibili e asili nido; a livello di monitoraggio delle carriere per far sì che donne e uomini abbiano stipendi e possibilità di sviluppo uguali”.

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