Milano Music Week: la donna e il gender balance nell’industria musicale

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A che punto è la parità di genere nella musica? Se n’è parlato il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, durante la Milano Music Week, all’interno del panel “Il ruolo della donna e il gender balance nell’industria musicale”. Sede dell’incontro è stato il campus del SAE Institute Milano (per il sesto anno consecutivo Educational Partner dell’evento), unica sede italiana della scuola di alta formazione in ambito musica, producing, gaming e video, che proprio in quest’occasione ha ufficializzato il lancio del contest WOMEN IN MUSIC. In palio ci sono due borse di studio – in collaborazione con Equaly e POCHE Cltv – dedicate alle donne tra i 18 e i 35 anni che vorranno iscriversi ai corsi di Urban Music Production ed Electronic Music Production per l’anno accademico 2022/2023.

Milano Music Week, un progetto divulgativo “open source” nato nel 2017

La Milano Music Week nasce nel 2017 dalla volontà del Comune di Milano, Assomusica, FIMI, Nuovo Imaie e SIAE, di dedicare un’intera settimana alla musica e al suo mercato in una città che vive da sempre di concerti e appuntamenti fatti di note. Per sette giorni all’anno Milano si trasforma in un grande palcoscenico pronto ad accogliere centinaia di artiste e artisti e più di 100 content partner, offrendo un ventaglio di proposte di oltre 160 eventi dislocati in circa 65 location: dai concerti ai workshop, passando per presentazioni di dischi e libri, film, incontri con gli artisti, dj set e molto altro.

La forza della Milano Music Week è l’essere un progetto divulgativo “open source” che si rivolge non solo ai fan e agli appassionati di musica, ma anche ai professionisti dell’industria e a coloro che aspirano a diventare addetti ai lavori, e che durante questi giorni possono stringere contatti, imparare e tenersi aggiornati.

I dati del rapporto sul gender balance nell’industria musicale internazionale

milano_music_week_sae_institute_3Per molti anni il mondo della musica è stato prevalentemente dominato dagli uomini. Il contributo di artiste, produttrici, cantautrici, foniche, tecniche del suono, manager e distributrici, è sempre stato svalutato. Molte, infatti, sono le donne che nell’industria musicale hanno dovuto lottare per ottenere lo stesso riconoscimento delle loro controparti maschili.

Secondo i dati dell’ultimo rapporto sul gender balance “Inclusion in the Recording Studio?” – stilato dalla USC Annenberg School for Communication and Journalism – le donne non sono ancora alla pari degli uomini. Lo studio, finanziato da Spotify, ha indagato il genere e l’etnia dei professionisti dell’industria musicale che hanno realizzato alcune delle canzoni più popolari nelle classifiche Hot 100 Year-End Billboard, dal 2012 al 2021. Il rapporto, inoltre, ha valutato anche ogni candidatura ai Grammy che ha ricevuto riconoscimenti nelle seguenti categorie: “Record dell’anno”, “Album dell’anno”, “Canzone dell’anno”, “Miglior nuovo artista” e “Produttore dell’anno”.

milano_music_week_equaly_josie_cipollettaNel 2021, per esempio, solo il 23,3% degli artisti presenti nella Billboard Hot 100 Year-End Chart era composto da donne. Nell’ultimo decennio, invece, le donne hanno occupato solo il 12,7% nel cantautorato e un misero 2,8%  nella produzione. Un leggero progresso, invece, è stato fatto per quanto riguarda le persone di colore: dal 38,4 % del 2012 al 57% del 2021. In particolare, le donne di colore hanno fatto passi da gigante sul fronte artistico, rappresentando oltre la metà delle artiste donne nel 2021 e superando le donne bianche come cantautrici. Ma solo una donna di colore è stata accreditata come produttrice nel 2021.

Il rapporto ha inoltre evidenziato anche i Grammy, dove la percentuale di donne nominate nelle categorie principali è diminuita per la prima volta dal 2019. Per concludere, lo scorso anno si sono osservati segnali incoraggianti che mostrano qualche leggero miglioramento, ma l’industria musicale ha ancora molta strada da fare per risolvere il problema del divario di genere.

“Women in Music”, il progetto di ricerca SAE che evidenzia le disparità

E in Italia com’è la situazione sul gender balance nell’industria musicale? La lotta alle disparità di genere è un tema particolarmente caro al SAE Institute Milano, che di recente ha condotto uno studio qualitativo sul ruolo delle donne nell’industria musicale che fotografa lo stato dell’arte, del percepito e del vissuto delle operatrici del settore in diversi ambiti: creativo/performativo, manageriale, tecnico/tecnologico.

milano_music_week_elasi_poche_cltvAnche in Italia la situazione non è molto diversa dal contesto internazionale, con l’aggravante che a mancare non sono solo le donne ma anche la consapevolezza e le azioni concrete verso un cambiamento. In termini numerici (dati IMAIE 2020), se si guarda alle incisioni complessive, la forbice è innegabile: 91,85% brani maschili contro l’8,15% di brani femminili.

Tra i nuovi progetti nati e sostenuti dal SAE Institute Milano, “Women in Music” ha avuto fin da subito l’obiettivo di guardare dall’alto il fenomeno del gender balance nel settore musicale italiano, con una visione più ampia e qualitativa. Andando alla ricerca delle ragioni psicologiche, sociali, culturali ed economiche che governano l’industria e generano un gap imbarazzante: “Siamo partiti con uno studio esplorativo che indagava il percepito e le esperienze delle donne che lavorano nell’industria musicale italiana – ha raccontato Alessandra Micalizzi, responsabile del progetto – e da quel primo segnale, al di sopra di ogni aspettativa, è nato un percorso composto da diverse tappe, l’ultima delle quali è rappresentata da due borse di studio che vogliono offrire ai giovani talenti che si riconoscono nel genere femminile, l’opportunità di formarsi nella musica nella prima accademia italiana che offre percorsi di questo tipo”.

milano_music_week_sae_institute_1“Women in Music” è anche il titolo del contest che, per l’appunto, mette in palio due borse di studio in collaborazione con Equaly e POCHE Cltv, realtà che si occupano di parità di genere all’interno del music business da due angolazioni differenti. La prima è una community composta da cantautrici, interpreti, musiciste, producer, foniche, tour manager, direttrici di produzione, addette stampa, promoter, a&r, legal, product manager, licensing manager e studentesse che si impegnano per fare rete contro la discriminazione di genere: “Fedele ai principi del suo manifesto, Equaly si fonda sui temi della formazione, sensibilizzazione e aumento della consapevolezza sulla parità di genere in questo settore – ha dichiarato Josie Cipollettae l’attenzione verso un’industria musicale più paritaria è possibile solo attraverso azioni concrete e quotidiane che creino spazi e pari opportunità”.

La seconda, invece, è un collettivo di music producer italiane, ma aperto a chiunque abbia voglia di condividere, curiosare e collaborare per costruire pian piano una scena che in questo Paese ancora non c’è: “Il nostro collettivo è nato per supportare le produttrici musicali italiane del presente ma anche del futuro – ha detto Elasi, co-fondatrice di POCHE Cltv – e queste borse di studio sono il primo piccolo e importante passo per incoraggiare le future professioniste che sognano di imparare a scrivere, comporre e produrre la musica che hanno in testa con libertà, arte, unicità, competenza e self-confidence”.

Lady Gaga insegna!

Due pesi e due misure. Si potrebbe riassumere così l’atteggiamento diverso che si ha verso gli artisti rispetto a quello che si ha verso le cantanti. Così capita spesso per esempio nell’ambiente musicale che tematiche “serie” affrontate dalle donne vengano prese poco seriemente e quasi derise, mentre per gli uomini l’accoglienza è diversa. E’ capitato nel tempo a Ariana Grande e Miley Cyrus, quando hanno affrontato temi come il sessismo. Se un cantante invece scrive di droghe e infedeltà, viene acclamato come un artista cool.

Per citare Lady Gaga in un’intervista di tre anni fa:

“Vedi, se fossi un ragazzo e me ne stessi seduto qui con una sigaretta tra le mani ad afferrarmi l’inguine e parlare di come faccio musica e del perché mi piacciono le auto veloci e le fottute ragazze, mi chiameresti una rock star. Ma quando lo faccio nella mia musica e nei miei video, siccome sono un’artista donna pop, allora giudichi e dici che distrae. Ma io sono solo una rock star”.

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