Cara Alley, come può uno strupro avere una vittima fantasma?

mohammado-shokoofe-lkjjo6sbiee-unsplash

Ho 22 anni come la vittima, l’età non basta a dimostrare la mia vicinanza, a giudicare le mosse di quei 10 minuti in bagno in base a quelle della generazione z, ma la invito a unirsi alle urla messe in dubbio perché “nessuno ebbe ad udire”.

Dettagli scarni di una sentenza che mette nero su bianco un corpo senza immagine e colori, una violenza senza sangue, perché è questo il problema, se non si vedono segni sulla pelle, non c’è. Assolto l’accusato per “mancanza di elemento soggettivo”.

Cercando nei meandri di una grammatica giuridica lontana da quella di quel bagno, ho scoperto che questo significava che il soggetto, l’uomo, tolto dal suo elemento soggettivo era un oggetto non sensiente che si muoveva inconsapevole nel mondo, non capendo che stava mettendo il suo elemento oggettivo in una vagina di una ragazza che non voleva.

Ma se non riesci a capire, il problema si risolve iniziando ad ascoltare.

Quanti semafori mancano dal commissariato alla credibilità? Perché dobbiamo dire la solita frase “cosa ci guadagnerebbe a dire il falso” per arrivarci ? ma facciamolo, ci guadagnerebbe un reato per falsa testimonianza. Lui, invece, ha il diritto di difendersi dicendo il falso, funziona così.

Analizziamo i fatti, due sentenze con esiti opposti. Non è forse la parola che conta più dei fatti?

E’ questa la mia critica, si chiama cultura e il linguaggio la cultura ce l’ha eccome quando si descrivono i fatti in casi come questi, molto più delicati di una mano che ruba un portafoglio.

Ma non ti preoccupare, “quando si chiude una porta si apre un portone”, spero sia quella della Cassazione e non la consolazione di una frase fatta per la vittima. Qualsiasi cosa potrà essere usata contro di te, anche una cerniera, chiudi la bocca con la zip prima dei pantaloni, soprattutto quando sei ubriaca.

Non è in grado di descrivere, a causa del suo stato di alterazione”. Io invertirei in “alterazione di uno Stato che non è in grado di descrivere” i fatti zeppi di giustificazioni che si divincolano dall’origine e dalla responsabilità del problema, da una cerniera “di bassa qualità”, a lui che dopo l’ha trovata, anche se calpestata sotto la dignità di lei, alla conoscenza pregressa che la avvisata dell’irrefrenabilità ormonale di lui, di una vescica “sorprendente” per voler andare in bagno proprio alla yogurteria del ragazzo, di aver “lasciato intendere” per una porta non chiusa a chiave che lui potesse entrare dentro.

Sorprende a me la sottigliezza sensibile di intravederci una tattica seduttiva però poi non capire la differenza di calibro emotivo tra entrare in una porta ed entrare in un corpo che passa il pene dell’inferno. E’ questa la retorica che provoca la sfiducia nelle nostre amiche di denunciare, che va oltre lo stabilire l’innocenza o la colpa dell’accusato, perché non è mio compito, ma da cittadina non leggo tracce di norme giuridiche, tanto l’importante è non trovare “traccia di sperma

Serve educazione sessuale per insegnare che per avere un’erezione e per infilare un organo genitale duro come un martello e per considerarlo stupro, qualora la donna non fosse consenziente, non serve venire ?

Quanto è penetrato? non ci serve lo spray al peperoncino, ma un righello. I centimetri sembrano cambiare le sorti, ma c’è un passaggio precedente, cambia la soglia di sopportazione, non quella del dolore.

Ma lei dov’è? Una storia che parla di una protagonista assente.

E’ nella lunga strada percorsa dietro tutti i fischi, le palpate in discoteca, nei nostri volti che fingono nonchalanche quando si avverte una presenza che ti segue e altrettanta nell’abbassare lo sguardo che incrocia la sua ombra.

Sono arrabbiata per tutti i maschi stupendi a cui buttare addosso il pregiudizio di una colpa maschile, per quelli che non vogliono capire che se prendessero parte a questa lotta sarebbero più liberi anche loro, per chi fraintende che indignarsi per questi fatti non vuol dire disprezzare il gioco bellissimo dell’attrazione sessuale e l’eros, per il nome di un popolo italiano scritto a capo di quella sentenza.

Silvia Guzzetta