Un viaggio fra le botteghe di Tokyo restando a Milano

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“Benvenuti a bordo, vi auguriamo buon viaggio verso Tokyo”. All’ingresso del gate allestito in piena zona Navigli a Milano c’è Lily, che accoglie i visitatori con il suo abito tradizionale e un passaporto color magenta. Solo che stavolta la carta di imbarco non serve a cambiare latitudine, ma per iniziare piuttosto un viaggio tra “Le Botteghe di Tokyo”. Si tratta di una mostra immersiva allestita negli spazi di Tenoha, il primo concept store in Europa dedicato alla cultura giapponese, pensata per presentare l’omonimo volume dell’artista polacco Mateusz Urbanowicz (L’Ippocampo Edizioni).

botteghe-tokyo-mostra-milanoI lavori di Urbanowicz nel tempo sono stati notati da Makoto Shinkai, il famoso regista di film di animazione, e Mateusz è stato reclutato come suo disegnatore di sfondi. Ne ha realizzati per esempio moltissimi per il film “Kimi no na wa” (Your name). A esperienza finita ha capito però che quella mansione non faceva per lui e ha deciso di dedicarsi alla carriera personale. In questa fase ha preso forma il progetto delle botteghe di Tokyo.

Con gli acquerelli Mateusz disegna facciate di negozi raccolti dalla realtà, ne replica le insegne, i ticchettii dei neon, i desideri di chi ci entra. E il volume che contiene le sue riproduzioni altro non è che un’esplorazione che lascia ai segni di colore, e all’acqua che li ammorbidisce, il racconto di una metropoli votata all’innovazione, ma con un centro romaticamente legato a tutto ciò che si può ancora fare con le mani: dai biscotti taiyaki e le bambole in legno kokeshi, ai tagli di capelli e alla riparazione artigianale delle biciclette. Eppure Urbanowicz ha un modo tutto suo di restare fedele alla realtà: inventare qualcosa, disseminando impercettibili elementi che esistono solo nella sua testa, rende l’elaborazione quasi magica anche quando ha a che fare con vicoli, cemento e gas di scarico.

whatsapp-image-2022-05-10-at-12-30-17A trasmettere questo linguaggio ci ha pensato Laura Micalizzi, interior designer specializzata nella creazione di ambienti immersivi, che ha curato il progetto e l’allestimento di “Botteghe di Tokyo”. Nel suo portfolio si leggono prestigiose collaborazioni e i lavori riportati (si può dare un’occhiata qui) esprimono meglio di ogni presentazione la sua cifra stilistica. Le diamo appuntamento negli spazi della mostra, mentre intorno a noi i visitatori scattano foto e si ripetono che sembra davvero di essere a Tokyo e che no, non può esserci Milano una volta superata l’uscita. Laura arriva, attraversa le illustrazioni di Mateusz che ha volutamente reso giganti e raggiunge il nostro tavolo.

Laura, com’è stato lavorare all’esposizione “Botteghe di Tokyo”?
le-botteghe-di-tokyoAbbiamo iniziato a dedicarci al progetto a giugno dello scorso anno, per poi inaugurare ufficialmente la mostra a gennaio 2022. Sono stati sette mesi intensi. Non ero preoccupata dal risultato finale, nonostante fosse fondamentale: ci tenevo piuttosto a raccontare una storia. E quando si ha a che fare con il lavoro degli altri, occorre metterci tutta la sensibilità e l’attenzione di cui si è capaci. Il concetto di spazio si percepisce forte e chiaro dalle illustrazioni di Mateusz. Così ho deciso di ricreare i vicoli di Tokyo, tortuosi, con la segnaletica a terra e le facciate alte che soffocano in alcuni punti il passaggio. Volevo i venditori di alghe, i negozi di spedizioni, le curve delle strade che aprono a nuove scoperte. Davanti alle botteghe ho pensato di inserire oggetti reali per permettere ai visitatori di divertirsi e vivere un’esperienza di viaggio a tutti gli effetti. Instagram è un tripudio di fotografie scattate negli spazi della mostra: la gente vuole scoprire cose nuove e se lo fa divertendosi hai fatto centro.

Hai avuto modo di sentire l’autore delle illustrazioni, Mateusz? Cosa pensa di ciò che avete realizzato?
Mateusz vive in Giappone e proprio durante l’inaugurazione della mostra è diventato papà per la prima volta. Non è riuscito a raggiungerci in Italia, ma lo abbiamo portato con noi in un tour virtuale e non credeva ai suoi occhi: vedere le illustrazioni alte come palazzi lo ha lasciato senza parole. E come noi è molto soddisfatto della riuscita dell’evento. Ripete spesso che negli ultimi mesi sono nate due delle creature a cui tiene di più.

Come imposti il tuo lavoro?
Il mio background mi stimola a progettare esperienze. Sono laureata in disegno industriale, ho iniziato la mia carriera collaborando con l’architetto Angelo Jelmini nella progettazione di sfilate di moda. In quella occasione ho capito che nella mia vita mi sarei occupata di disegnare emozioni. Poi rotta a Londra per tredici anni al fianco di brand internazionali dai quali ho imparato la forza dei contenuti interattivi: se riservi momenti di apprendimento o di gioco, puoi permetterti di spiegare anche le cose più complicate. Ne esci comunque vincente. Io lavoro tenendo in mente un vero e proprio customer journey e sono la prima a divertirsi.

Qual è il tuo concetto di spazio?
le-botteghe-di-tokyo-1140x651Quando penso allo spazio mi viene in mente il mio ufficio, un monolocale pieno di libri, di cose collezionate che mi connettono ai ricordi. Voglio avere intorno oggetti capaci di farmi venire delle idee. Un altro spazio in cui mi sento bene si trova nei corridoi delle mostre di arte contemporanea. E mi dispiace che in Italia non siano frequenti o accessibili come a Londra, per esempio. Qui dobbiamo ancora lavorarci.

Chi sono i tuoi punti di riferimento e cosa ti appassiona?
Seguo gli artisti che lavorano con la luce, gli effetti speciali, quelli che sono in grado di modellare i neon. Mi appassiona la loro ricerca di limiti da battere. Ho collaborato con Mariko Mori che realizza sculture eteree, mi disorienta e cattura al tempo stesso il modo in cui utilizza materiali inusuali riuscendo a farne opere d’arte iridescenti. Per non parlare della fortuna di aver incrociato la strada di Zaha Hadid. Se c’è un ostacolo, voglio vedere se riesco ad andare un po’ più in là. Cerco di guardare proprio dove gli altri non vedono possibilità.

Il tuo è un ambiente per donne?
In Italia c’è ancora da fare per sentirsi davvero libere di lavorare e di avere una famiglia. Una donna non deve essere messa davanti a una scelta: questo succede ancora ed è evidente che c’è qualcosa che non funziona.

Che mondo stai costruendo per te e per chi segue i tuoi progetti?
a70ec633-d6f6-450d-8141-bf4c29f0b25eNella mia dimensione non si può prescindere dalla componente umana che interagisce con ciò che io creo. Sono felice di aver fatto questa scelta, soprattutto perché in Italia non esiste ancora la cultura dei contenuti culturali interattivi come a Londra o in Giappone. Mi sento per certi versi una esploratrice. Dopotutto siamo tutti dei bambini grandi. Per questo, quando lavoro a un progetto, la prima cosa che immagino è come far giocare le persone.

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