Arriva dal Parlamento un invito ad affrontare il tema del recupero degli uomini maltrattanti, come parte della più ampia strategia di contrasto alla violenza di genere: la Commissione Femminicidio del Senato ha approvato all’unanimità la Relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere: prevenire e trattare la violenza maschile sulle donne per mettere in sicurezza le vittime. E’ inoltre iniziato in commissione Giustizia del Senato l’esame di due disegni di legge con misure per rafforzare questo tipo di interventi.
Si tratta per l’Italia di un approccio “nuovo”, “pionieristico” alla prevenzione della violenza contro le donne, affermano le due relatrici Alessandra Maiorino (M5S) e Donatella Conzatti (Iv). “Pionieristico in Italia ma – rimarca Maiorino – non ci stiamo inventando nulla: serve un approccio a 360 gradi, come si può pensare di lasciare fuori l’autore della violenza?”. E Conzatti rimarca che “prendere in carico l’uomo e ‘disinnescarlo’ è un tassello aggiuntivo nella strategia di protezione della vittima”.
La relazione parte dalla ricognizione del quadro normativo europeo ed internazionale che ha come centro la Convenzione di Instanbul per poi approfondire le esperienze già esistenti all’estero e in Italia. Nel nostro Paese, ad esempio, c’è quella dei Centri aderenti alla rete nazionale Relive associata all’europea Wwp e programmi come il Protocollo Zeus attivato dalla Questura di Milano e presente ora in 26 Comuni. Esperienze ancora sbilanciate sul territorio (sono concentrate soprattutto al Centro-Nord) e a cui mancano linee guida nazionali e condivise.
Dall’approfondimento del tema, durato due anni con il supporto di un team di esperti, è emersa “la necessità di un quadro normativo attuativo e regolamentare nazionale” che porti il sistema dei Centri per il trattamento degli uomini autori di violenza “a un livello di sviluppo superiore che preveda linee guida, livelli di specializzazione degli operatori e standard organizzativi dei trattamenti omogenei a livello nazionale nonché verifiche sull’efficacia dei programmi e sulle recidive, operate da soggetti terzi”. Perciò, sottolinea la Commissione, è “essenziale approvare in Parlamento una normativa di riferimento completa per le attività di trattamento degli uomini autori di violenza” ed è inoltre “fondamentale approvare linee guida e standard di servizio che diano la garanzia di uniformità sul territorio nonché la garanzia di una effettiva possibilità di accesso, rendendo omogenea la diffusione nazionale dei percorsi trattamentali”.
La direzione delineata dalla Relazione dunque è chiara: all’interno di una strategia complessiva di prevenzione, protezione e punizione, bisogna lavorare anche sul recupero degli uomini autori di violenza e per farlo servono norme per rendere automatico ed omogeneo su tutto il territorio nazionale questo approccio. Un tassello aggiuntivo nel contrasto alla violenza di genere che, ricorda Maiorino, ha un valore sia a livello individuale che collettivo: “Non solo ci attiviamo sull’individuo specifico che ha comportamenti violenti ma anche a livello collettivo si dà il messaggio del disvalore sociale e della necessità di cambiare approccio sul tema perché la violenza sulle donne non è un problema delle donne ma un problema degli uomini”. Inoltre si porta avanti un “messaggio culturale, contribuendo a decostruire lo stereotipo di genere dell’uomo che non chiede aiuto”.
Anche Conzatti osserva che “l’Italia è arrivata dopo a implementare questi percorsi, che oggi ci sono, ma sono disomogenei sul territorio e organizzati spontaneamente dal terzo settore. Solo da quest’anno – aggiunge la senatrice – sono stati istituzionalizzati con l’accreditamento, bandi e risorse”. Conzatti ricorda che “la convenzione di Istanbul è stata ratificata in Italia nel 2013 e agli articoli 12 e 16 prevedeva che uno dei tasselli della strategia integrata fosse quella di contenere l’azione violenta degli uomini maltrattanti, ‘rieducare’ gli uomini maltrattanti. Ma l’Italia – rimarca anche lei – è ancora molto immersa nella cultura patriarcale ed ha fatto molta fatica ad accendere la luce sulla responsabilità dei maltrattanti”. E’ vero che scattano le sanzioni e il carcere per chi commette reati ma, rileva ancora Conzatti, “solo pochissimi finiscono in carcere perché solo il 10% delle donne denuncia. E poi – aggiunge – anche coloro che vengono condannati spesso escono senza avere compreso la gravità del reato, il disvalore sociale e il danno fatto e quindi recidivano”.
E proprio questo è il centro della questione che emerge dalla Relazione e che viene spiegata dalle due relatrici: all’interno di una strategia integrata di prevenzione della violenza di genere e di protezione delle vittime (le donne ed anche i minori), il processo di rieducazione degli uomini autori della violenza punta ad evitare escalation e recidive. I dati emersi finora dalle esperienze già esistenti, sia pure limitati e disomogenei, sono incoraggianti. Il Protocollo Zeus prevede che il Questore possa invitare i destinatari di ammonimento per atti persecutori, violenza domestica, cyberbullismo a frequentare un percorso trattamentale. E i dati, riferisce Maiorino, “sono veramente straordinari, con un abbattimento della recidiva del 90% di chi ha frequentato e portato a termine il percorso, nei 4 anni di monitoraggio successivi”. Quindi prima si anticipa alla manifestazione dei cosiddetti ‘comportamenti-spia’ l’attivazione di questo percorso (ora previsto dal Codice rosso in caso di condanna) più si riesce a prevenire la violenza o il suo ripetersi.
I disegni di legge in commissione Giustizia a prima firma delle due senatrici, oltre a prevedere la ‘sistematizzazione’ dei Centri per il recupero degli uomini autori di violenza domestica e di genere, puntano proprio a rendere automatico l’avvio al percorso trattamentale in funzione preventiva sia nel caso dell’ammonimento da parte del Questore che dell’adozione di misure cautelari. Il loro esame è stato avviato in sede redigente (significa che una volta ricevuto il disco verde dalla Commissione, l’Aula voterà solo i singoli articoli e il testo finale del provvedimento, senza ridiscutere gli emendamenti). Un altro snellimento dell’iter potrà derivare dal fatto che sarà acquisito il materiale già raccolto dalla Commissione Femminicidio.
Un ulteriore aspetto, tenuto in conto nella relazione e nei disegni di legge, è infine quello dei fondi. Si riconosce la funzione pubblica di questo approccio e quindi la necessità di stanziare risorse pubbliche che dovranno servire per il funzionamento dei Centri, l’attività che svolgono in rete con gli altri soggetti che si occupano di violenza (come le procure, le questure, i centri antiviolenza, gli assistenti sociali) e anche per le attività di raccolta dati e il monitoraggio del lavoro svolto. Finanziamenti sono già stati previsti lo scorso anno (un milione nel decreto agosto) mentre nella legge di Bilancio di quest’anno sono stanziati 9 milioni destinati ai progetti di recupero, all’accreditamento e diffusione dei Centri, al monitoraggio e raccolta dati e ai Centri che operano negli istituti penitenziari. Mentre i percorsi saranno a carico degli autori di violenza.
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