Lavoro: il bisogno e la fatica di ricominciare a incontrarsi di persona

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Abbiamo perso l’abitudine: di uscire dalla porta, di prendere dei mezzi, di avere del “tempo morto” di spostamento, di sgranchire le gambe per poi incontrare le persone, faccia a faccia. Forse prima del Covid stavamo esagerando con i caffè e le strette di mano, ma adesso siamo nel mezzo del guado opposto: fioriscono iper-efficienti incontri da 15 o 30 minuti, l’unico modo per usare le gambe è acquistare una scrivania in grado di sollevarsi per farci lavorare in piedi, un corpo sempre più immobile e isolato ospita una mente che si sta pericolosamente abituando a cogliere degli altri solo ciò che passa attraverso uno schermo. E attraverso lo schermo passa pochissimo. Ce lo insegnavano a Scienze della comunicazione già 30 anni fa: la comunicazione è fatta per il 55% dal non verbale (gesti, prossemica, impalpabili sensazioni), per il 38% dal para-verbale (tono di voce, pause, respiri) e solo per il 7% dal contenuto delle nostre parole, unico elemento che potremmo (forse) scommettere di aver trasmesso e acquisito in un incontro via zoom.

In quanti però hanno voglia di ricominciare a incontrare le persone di persona?

Il remote working “sempre e comunque” è una coperta di Linus che sta proteggendo diverse categorie di sintomi, e la sensazione è che continuerà a farlo anche dopo che lo stato di emergenza sarà terminato: abbiamo liberato alcune possibilità e non è detto che si abbia il tempo (o la voglia) per rimettere insieme il prima e il dopo per arrivare a una via di mezzo funzionale ai bisogni e alle attitudini di tutti. Sarà sempre, comunque, un compromesso.

In questo interregno è particolarmente visibile il fenomeno delle riunioni di primo e di secondo livello. In pratica, si riserva la possibilità (e la relativa fatica) dell’incontro di persona solo a chi veramente “merita”. Secondo quanto scrive l’imprenditore Dan Pontercraft su Forbes, la maggior parte delle persone è disponibile a fare questo sforzo per riallacciare le relazioni con i colleghi, ma il filtro si fa molto più selettivo quando si tratta di incontrare persone “esterne”, anche per la prima volta. “Legami deboli”, si chiamano, e lo sforzo fino a qualche anno fa era quello di sfumarne i confini. Perché è lì, nei legami deboli, che si nascondono i “consequential strangers”, definizione bellissima per indicare gli estranei che hanno delle conseguenze sulla nostra vita.

Estranei con conseguenze. Venditori che potrebbero venderci qualcosa di inaspettato, convincendoci a fare una scelta coraggiosa. Consulenti che potrebbero darci, senza nemmeno volerlo, l’idea che cercavamo. Sconosciuti che hanno appena risolto il problema personale che ci tormenta, e non ce lo racconterebbero mai via zoom. Si tratta di meccanismi, però, raffinatamente umani, e la tecnologia non ce la fa a farli passare. Serve incontrarsi: gli estranei non riescono ad avere conseguenze attraverso uno schermo.

Invece stiamo a malapena ristabilendo la nostra comunità di appartenenza più stretta, il cerchio appena fuori da quello familiare e strettamente amicale: oltre questo, i gradi di separazione con gli sconosciuti appaiono oggi moltissimi, la resistenza a superarli rafforzata da mille comuni giustificazioni. Il tempo, la sicurezza, le nuove abitudini, l’impatto ambientale, ma soprattutto la mancanza di un vero perché.

Perché incontrare di persona uno sconosciuto? Che cosa può dirmi da vicino che non può dirmi altrettanto bene da lontano? Che cosa scoprirò di qualcuno che non conosco o che non vedo da molto tempo, respirando la sua stessa aria? Ma tutto, tutto, tutto – direbbe Cyrano de Bergerac.

Un po’ più concretamente e con lo sguardo all’obiettivo di stabilire relazioni di lavoro, costruttive e produttive:

Incontrarsi di persona consente il “fuori onda”: tutto quel che c’è prima, dopo e intorno a un incontro. I convenevoli, il riconoscimento di un contesto, l’informazione che ci scambiamo implicitamente con le scarpe (ma soprattutto i calzini!) che indossiamo. La relazione nasce lì, e difficilmente altrove: sui dettagli che non c’entrano e che, come specie umana, non possiamo fare a meno di cogliere. Sono i segnali deboli dei legami deboli che ci confermano che gli altri sono come noi.

Incontrarsi di persona mette le basi della fiducia. Intanto perché ci vuole fiducia preventiva per decidere di farlo, soprattutto oggi, e quindi proporre o accettare un incontro di persona è un segnale forte di fiducia. Si parte così da una scelta condivisa: quella di “dare di più” di quanto sia in questo momento culturalmente richiesto. Se prima del Covid dire di no a un caffè era quasi sgarbato, oggi dire di sì è “più che garbato” e non è affatto scontato. La partita si apre su un respiro più ampio da entrambe le parti.

Incontrarsi di persona rende più coraggiosi. Siamo una specie sociale e ci sentiamo più forti se facciamo gruppo. La vicinanza fisica di un alleato apre la nostra mente a scelte più audaci, ci fa esplorare territori nuovi. Nell’incontro di persona, nella stessa unità di tempo cogliamo più segnali, ci addentriamo di più. capiamo di più, diciamo di più. Abbiamo e diamo più opportunità alle cose di succedere perché entra in gioco il senso della possibilità: quella caratteristica squisitamente umana che ci consente di immaginare soluzioni al di là della scaletta proposta per un meeting.

E, certo, incontrarsi di persona è faticoso. Ci si mostra di più e si ricevono valanghe di informazioni extra. Quella che scorre tra di noi è energia, e non è detto che si abbia sempre la voglia o la possibilità di aprire quella porta. Ma tenerla chiusa per abitudine o per un nuovo modo di classificare gli incontri, scegliendo a priori chi far viaggiare in business e chi in economica… ecco, comporta dei rischi. Il primo è quello di perdere di vista i legami deboli, impoverirli, riducendo di conseguenza le dimensioni del nostro mondo. Il secondo è quello di farci guidare in modo definitivo dagli stereotipi che ci fanno scegliere a priori chi mettere in una e nell’altra classe, rendendo la cornice delle nostre possibilità sempre più stretta e la nostra possibilità di influenza sul mondo esterno sempre più auto referenziale.

Merita un momento di riflessione in più, questa scelta: merita di essere fatta con consapevolezza già oggi, prima di stabilire le regole che vorremo seguire domani.

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