Due donne. Due storie distanti nel tempo e nello spazio. Due vite all’insegna dell’affermazione personale e dei diritti. Della lotta e dell’emancipazione. La prima è quella di Deborah Feldman, scrittrice, ebrea, autrice di “Unhortodox – Lo scandaloso rifiuto delle mie radici chassidiche”. La seconda è quella di Billie Jean King, tennista favolosa d’altri tempi, a lungo numero uno al mondo, autrice di “Tutto in gioco – Un’autobiografia”.
Due epoche e due contesti diversissimi. Le protagoniste, tuttavia, hanno in comune più di quanto possa sembrare fermandosi ai titoli. Sono due esempi di empowerment femminile in mondi al maschile. Raccontano di fughe in avanti, di emancipazione, di trasgressione e scandalo (per i mondi che le circondavano e che avrebbero voluto contenerle).
Fuga da New York
Deborah Feldman ha riscosso un successo mondiale grazie alla serie “Unhortodox” trasmessa da Netflix. Racconta la sua vita di bambina, adolescente e giovane donna nella comunità ebraica ultraortodossa di Williamsburg (New York). Per la comunità chassidica Satmar, tutto quanto proviene dall’esterno è il “male”. Anche la lingua inglese è proibita, solo parlare yiddish è permesso.
Mentre in Italia si dibatte se sia assurdo o meno pagare i figli perché leggano, Deborah rischia e sfida il nonno per procurarsi libri che poi nasconde sotto al materasso. Compie trasgressioni sempre più liberatorie, come indossare per la prima volta un paio di jeans al posto dell’abbigliamento tradizionale mortificante.
Del resto, in quella comunità le donne sono un complemento: satelliti in un universo al maschile, con traiettorie definite. Per loro niente istruzione superiore o autodeterminazione, ma un rigido copione scandito da matrimoni programmati, figli, riti e forme da rispettare.
Deborah Feldman matura la sua ribellione e la sua rivoluzione gradualmente, fino alla decisione che avrà lo stesso effetto di un’esplosione.
Campionessa rivoluzionaria
Nella vita di Billie Jean King le battaglie si svolgono su più fronti contemporaneamente. Contro le avversarie sui campi da tennis, contro l’establishment ottuso, contro i privilegi dei colleghi maschi. Affronta sfide ancora attuali, dentro e fuori lo sport, come il razzismo e la parità salariale. Ha un ruolo chiave nel rendere il tennis accessibile a tutti e nel riconoscimento del professionismo femminile. È anche grazie a lei che si apre la cosiddetta era “open” dei tornei maggiori, prima riservati solo ai dilettanti. È sua buona parte del merito se un sistema che si reggeva sull’ipocrisia inizia a vacillare e finisce per cambiare.
Ho un sufficiente numero di anni per avere avuto il privilegio di vedere in tv alcune sfide epiche di Billie Jean King. Complice anche la sua lunghissima carriera, la ricordo contro Chris Evert o Evonne Goolagong. Ha vinto 12 titoli nel singolare dei tornei del Grande Slam, 16 nel doppio, 11 nel doppio misto. Ha vinto 7 titoli della Federation Cup (l’equivalente femminile della Coppa Davis) come giocatrice e quattro come capitano della squadra Usa. Dal 2020 questo torneo mondiale a squadre è stato ribattezzato Billie Jean King Cup dalla Federazione internazionale del tennis. Per dare l’idea, è come se nel calcio maschile i mondiali dal prossimo anno si chiamassero Coppa Pelè, o Coppa Messi.
Quello che non ricordavo, prima di leggere la sua autobiografia, erano le battaglie fondamentali fuori dal campo. L’attivismo per i diritti civili. L’amicizia con Muhammad Ali. Il suo dramma personale trasformato in attivismo per il riconoscimento del diritto all’aborto. Il suo orientamento sessuale reso pubblico e il suo impegno in difesa e a sostegno della comunità Lgbtq+. E parliamo di epoche e ambienti in cui avventurarsi fuori dal conformismo poteva rivelarsi fatale, per il lavoro, la carriera, la sicurezza personale.
A dispetto delle cadute e delle lacrime si rialza sempre e va avanti, “una palla dopo l’altra”. Ancora oggi.
Due donne. Due libri da leggere. Magari come storie della buonanotte alle figlie di oggi.
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Titolo: “Unhortodox – Lo scandaloso rifiuto delle mie radici chassidiche”
Autrice: Deborah Feldman
Traduttrici: Simona Sala e Daniela Marina Rossi
Editore: Solferino
Prezzo: 17,10 euro
Titolo: “Tutto in gioco – Un’autobiografia”
Autrice: Billie Jean King
Traduzione: Salvatore Serù
Editore: La nave di Teseo
Prezzo: 20 euro
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