Vado in vacanza, anche se non me lo merito

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Quest’anno mi sento come se ci avessero tolto le vacanze. Ricordo le emozioni con cui mi accingevo a partire l’anno scorso: stanchissima ma convinta di aver fatto tutto ciò che potevo, e che la vacanza, intesa come vuoto temporaneo di pensiero e di intenzioni produttive, fosse meritata. In questo stesso periodo dell’anno nel 2020, il clima era estivo anche nelle conversazioni e, nonostante la pandemia (o forse proprio per quella sensazione speciale di aver vissuto insieme qualcosa di grande e di difficile), sembrava che ci sentissimo tutti autorizzati e pronti per andare.

Quest’anno no. Non solo perché siamo molto più consapevoli del periodo storico in cui siamo immersi, non solo perché la “prossima fase” continua a spostarsi in avanti, come un vero e proprio bersaglio mobile: è come se queste vacanze non me le meritassi, come se tutti noi non ce le fossimo meritate. Troppe cose ancora per aria, troppe promesse non mantenute, troppe incertezze. Mi sento come se andassi via senza aver chiuso il gas e garantito la sopravvivenza delle piante in mia assenza.

Comunque vado. Vado perché l’apnea di questi mesi, il senso di fatica quotidiana e ineluttabile e soprattutto l’impotenza davanti a cose più grandi di me, che non posso cambiare, non possono durare più a lungo di così.

Il mio mestiere è rivelare le cornici perché nel profondo penso che ognuno di noi possa ridefinire la propria, e la mia cornice oggi è troppo stretta, troppo evidente. Le transizioni hanno questa potenza inaspettata: ti mettono davanti a uno specchio più a lungo di quanto sei disposto a sopportare, ti costringono a vedere l’invisibile. Le transizioni ti fanno incontrare i tuoi limiti, quelli che l’abitudine aveva furbescamente lasciato ai margini.

Quanti altri, come me, si sentono così? Finalmente “battuti” dalla realtà eppure ancora interi, nonostante tutto? Ancora in gioco, insomma, eppure invitati ad andare in panchina? Quest’anno la mia vacanza è una resa a metà partita. La mente forse non se la merita: razionalmente non ho risolto abbastanza per potermi permettere di uscire dal campo. Ma non esiste solo la performance, esiste anche il giocatore. E lo vedi da come curva le spalle che per lui è l’ora di una pausa.

Quando è il momento di andare via, speri che lo sia per tutti perché così è più facile. Andare via senza lasciare le cose in ordine ha un sapore aspro, sei tentata di restare o comunque di tenere aperto uno spiraglio per continuare a esserci, a contribuire. Lo fai per te stessa più che per gli altri: perché per gli altri, invece, che tu vada è un dono.

Difficile da accettare per una manager, per una che fino a un attimo prima aveva indossato la casacca della leader. Difficile, il più difficile di tutti: il movimento di lasciar andare. Lasciar andare altrimenti non c’è vacanza: non c’è “vuoto” se parti portandoti tutto dentro, tutto addosso. A livello di società, questo vuoto quest’anno non ce lo siamo dato, e non è strano. Avrebbe dovuto essere l’”estate del villaggio”, quella che segnava la vigilia di un nuovo inizio: ci ritroviamo invece un interminabile venerdì, mettendo in fila tutte le cose ancora da fare, con un sabato che sembra non arrivare mai.

Comunque vado. Vado perché, anche se la mente non si capacita, il cuore ha le idee chiare e chiede di respirare.

La mente è arrogante, convinta di poter ancora dare qualcosa, fare la differenza. Il cuore, però, non si inganna: ha le redini del respiro, non può permettersi di disperare. Ecco, forse la chiave di questa vacanza sta nella relazione tra questi due verbi: respirare e sperare, tanto assonanti pur se etimologicamente diversi. Abbiamo bisogno di respirare per reimparare a sperare, che vuol dire aspirare, tendere verso il futuro, ma anche aspettarlo senza pensare di poterlo determinare: semplicemente aspettarlo. Ci prendiamo una vacanza, quindi, per alzare gli occhi da tutte le cose che possiamo far succedere noi, con la nostra forza di volontà e le nostre capacità.

Ci prendiamo una vacanza così che lo sguardo sia riposato e pronto per ricominciare a guardare più lontano quando la nostra partita ricomincerà.

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  • lorenzo |

    Grazie, ho trovato la risposta a quello che cercavo e stavo vivendo, grazie, buone vancanze. Lorenzo

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