E’ ormai abituale per le donne utilizzare nella vita personale e professionale il proprio cognome, anche se sono sposate. Ma cosa vuol dire il ‘proprio’ cognome? Significa ancora nella maggioranza dei casi (sia per le donne che per gli uomini) il cognome paterno. In Senato si punta a rilanciare l’esame di alcuni disegni di legge, presentati fin dall’avvio della legislatura, che intendono colmare questa disparità di genere lasciando ai genitori la scelta di attribuire a figlie e figli il cognome della madre o quello del padre o di mantenere entrambi. Una accelerazione necessaria, visto che della questione si dibatte ormai già da anni.
“L’obiettivo è di approvare questa proposta entro la legislatura” afferma la cofirmataria di uno dei disegni di legge, la senatrice Donatella Conzatti (Iv). “E’ il momento giusto per introdurre questa modifica” vista la centralità che viene data nel Piano di ripresa e resilienza al superamento della disparità di genere, spiega ancora la senatrice, riferendo che la questione è stata affrontata dall’Intergruppo donne del Senato da cui è emerso che “c’è l’accordo politico di portare avanti la proposta. E’ un principio condiviso dal punto di vista politico e sociale. Non capiamo perché in Italia non ci si possa adeguare al principio stabilito in Costituzione della parità tra uomo e donna e al diritto consolidato a livello europeo” aggiunge Conzatti, ricordando lo stop in Senato nella scorsa legislatura a un passo dal traguardo di un disegno di legge in materia approvato dalla Camera nel 2014.
Sulla stessa linea, si è espressa recentemente la ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità, Elena Bonetti intervenendo al convegno ‘Verso la parità formale e sostanziale: Gli strumenti. A 60 anni dalla sentenza della Corte costituzionale che apri le principali carriere alle donne’: “Anche accogliendo alcune indicazioni della Corte – ha detto – penso sia venuto il momento che il legislatore si faccia carico e porti a compimento il percorso necessario sul tema del cognome materno, e quindi della possibilità della scelta di consegnare alla storia in qualche modo il nome delle donne”. La ministra, ricordando i disegni di legge già presentati, ha affermato che “se il percorso parlamentare procederà celermente sarà importante sostenerlo. Dal punto di vista del Governo, farò tutto il possibile per accelerarlo e trovare una convergenza sul lavoro già fatto”.
La riforma degli articoli del Codice civile si rende necessaria per adeguarsi alla sentenza del 2016 della Consulta che ha bocciato la norma che si può ricavare da queste disposizioni e che prevede l’utilizzo del cognome paterno. La modifica legislativa serve inoltre per uniformarsi a quello che avviene già in altri Paesi europei, come Francia, Spagna e Germania, e che è sollecitato da diverse Convenzioni internazionali e dal Consiglio d’Europa per garantire la parità di genere anche da questo punto di vista. E’ vero che alla sentenza della Corte Costituzionale è seguita nel 2017 una circolare del ministero dell’Interno che esplicita la possibilità di attribuire entrambi i cognomi con il comune accordo dei genitori, aggiungendo quello materno. Ma non è sufficiente dato che la stessa Corte aveva sollecitato un “indifferibile intervento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di parità”.
I disegni di legge presentati a Palazzo Madama sono quattro (a prima firma Laura Garavini, Pd, Julia Unterberger, Aut, Alessandra Maiorino, M5S, e Paola Binetti, FI) e sono abbastanza simili (in alcuni si propone di modificare anche la disposizione del Codice civile sull’aggiunta del cognome del marito a quello della moglie al momento del matrimonio, prevedendo invece che ciascun coniuge conserva il proprio cognome). Sono stati presentati a partire dall’inizio della legislatura (due nel 2018, uno nel 2019 e un altro quest’anno) e risultano assegnati alla commissione Giustizia in sede redigente (una procedura che accelera l’iter di approvazione delle leggi con una lettura più snella da parte dell’Aula) ma il loro esame non è stato ancora avviato. Conzatti non esclude l’ipotesi che si possa chiedere di assegnarli alla commissione Affari Costituzionali che anche potrebbe essere considerata competente sulla materia.
L’avvio della discussione dovrebbe portare all’adozione di un testo base rispetto a quelli presentati ma in sostanza quello che si propone è la modifica degli articoli del Codice civile e alcuni articoli di legge in materia dando la possibilità di scelta ai genitori tra il cognome materno o quello paterno o quello di entrambi. Le misure riguardano sia i figli nati nel matrimonio che quelli nati fuori dal matrimonio (con una disciplina più articolata in questo caso a seconda che il riconoscimento da parte dei genitori sia o meno contestuale). Analogamente la nuova disciplina si applica nei confronti di figli adottati e di quelli nati da genitori italiani residenti all’estero. La scelta deve essere consensuale da parte dei genitori altrimenti si attribuisce il doppio cognome in ordine alfabetico. Nel caso in cui venga dato il cognome di entrambi i genitori sarà poi il figlio a dover optare per la trasmissibilità di uno dei due per evitare una moltiplicazione di cognomi nel passaggio di più generazioni. Infine si prevede che il cognome stabilito per il primo figlio sarà attribuito anche ai successivi nati dagli stessi genitori. Alcuni dei Ddl chiariscono inoltre che la stessa procedura può essere utilizzata da genitori di figli minorenni nati prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni.
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