Università, essere studentesse oggi al PoliMi

Foto di Andrea Piacquadio da Pexels

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Politecnico di Milano a due velocità. Ma solo se si parla di presenza femminile fra gli studenti.

Dopo la prima edizione del 2019, anche quest’anno il Politecnico di Milano ha pubblicato il suo Bilancio di Genere. Un’istantanea dell’Ateneo rispetto alla prospettiva di genere nei percorsi di studio e di lavoro (cioè all’interno del corpo docente e tra il personale tecnico-amministrativo), ma anche un approfondimento di alcuni ambiti specifici che sono considerati strategici per la definizione di ulteriori politiche dell’istituto, vale a dire l’internazionalizzazione della componente studentesca e il personale docente junior.

Per quanto riguarda la popolazione studentesca dal rapporto emerge “un andamento a due velocità: da un lato una buona presenza femminile ad Architettura e Design, dall’altro una scarsa rappresentanza ad Ingegneria”, spiega Donatella Sciuto, prorettrice vicaria del Politecnico. Più in dettaglio nel primo caso c’è una maggioranza di studentesse, seppur non molto marcata. Ingegneria, invece, ha ancora una predominanza maschile, seppur con un trend di crescita nelle iscrizioni femminili (che nell’A.A. 2018-2019 si sono assestate al 24,1% e 27,5% rispettivamente nella laurea triennale e quella magistrale).

All’interno degli stessi corsi di laurea di Ingegneria comunque vi è un’ampia variabilità nella presenza femminile e maschile, con diversi livelli di “segregazione per genere”: in alcuni corsi di laurea, ad esempio Ingegneria Biomedica, le donne sono in proporzione maggiore degli uomini (il 44% degli iscritti), mentre i corsi di studio in Ingegneria a più marcata vocazione produttiva e industriale vedono una sproporzione a favore degli iscritti maschi. A Ingegneria Meccanica, Elettronica, Informatica e Aerospaziale le iscrizioni sono maschili per più dell’80% sia per la laurea triennale sia magistrale.

Donatella Sciuto - Prorettrice Polimi

Donatella Sciuto – Prorettrice Polimi

Il numero di immatricolazioni è stabile e riflette dinamiche tipiche di processi generazionali lenti, di una consapevolezza che le ragazze ancora devono maturare appieno. Tuttavia, anche se poche, quelle che intraprendono percorsi STEM si dimostrano più tenaci e tendenzialmente più brave”, spiega la prorettrice. E infatti le ragazze tra i banchi di scuola non hanno nulla da invidiare alla controparte maschile. Anzi, tutt’altro. Come fa notare Sciuto: “le percentuali di abbandono sono minori anche ad Ingegneria e i voti di laurea sono mediamente superiori, con una differenza ancora più marcata per le lauree magistrali”. In generale – con l’eccezione della Laurea Triennale in Architettura e della Laurea Magistrale in Ingegneria – infatti le donne hanno abbandonato la carriera universitaria in misura minore rispetto agli uomini.

Alcuni esempi: le percentuali di abbandono delle donne al primo anno per i corsi triennali di Ingegneria sono 10.9% contro il 12.9% per gli uomini; nei corsi di laurea triennale in Archittettura sono 10.9% e 8.8% rispettivamente; mentre nei corsi di laurea triennale in Design sono sono 7.2% vs 9.8%. Questo potrebbe spiegarsi con una maggiore motivazione delle studentesse che scelgono i corsi di Ingegneria, che le porta a essere più perseveranti anche in un ambito a forte prevalenza maschile.

Per quanto riguarda i voti d’uscita dall’università il 9,7% delle studentesse di Architettura e Design raggiunge il voto massimo (110 e lode) contro quasi il 5.9% degli studenti. A Ingegneria si registra in generale un minor numero di voti massimi conseguiti: ottengono il voto massimo il 4.7% dei ragazzi contro il 3.4% delle ragazze. In tutte le aree osservate, sia per la laurea triennale sia per la magistrale, il voto di laurea medio delle studentesse è stato consistentemente più alto di quello riportato dagli studenti, con una differenza più marcata nelle lauree magistrali. Come nel caso degli abbandoni, i dati sembrano suggerire che le studentesse che entrano in un ambiente a maggioranza maschile, come quello di un Politecnico, abbiano una maggiore motivazione, che si traduce poi anche in migliori prestazioni.

Essere “le prime della classe” però non basta perché quando si chiude la porta dell’università e si spalancano quelle del mondo del lavoro le giovani laureate incontrano le prime difficoltà. Come fa notare la prorettrice: “La loro determinazione non viene premiata: minore è il numero di contratti a tempo indeterminato rispetto agli uomini e alto il gender pay gap, che si mantiene in linea con la media europea, intorno al 18%. Certo non va meglio alle ricercatrici, il cui numero diminuisce mano a mano che progrediscono verso posizioni più elevate”.

I dati ci dicono che il tasso di occupazione a Ingegneria e Architettura è identico per genere (rispettivamente 97% e 86%), mentre a Design vi è una prevalenza femminile (93% vs 88%). La tendenza si inverte quando si passa ad analizzare le percentuali di contratti a tempo indeterminato, dove si riscontra una significativa differenza di genere. Il 12% in più di uomini hanno un contratto a tempo indeterminato per Architettura, il 25% a Design e il 7% a Ingegneria. Segno che le donne incontrano una maggior difficoltà nel raggiungere una posizione lavorativa stabile anche quando operano in ambiti lavorativi considerati appetibili per il mercato.

Meno stabilità ma anche meno soldi. Anche le laureate al PoliMi infatti devono fronteggiare il gender pay gap. Per la precisione il divario salariale a favore degli uomini è del 10% a Ingegneria, del 14% a Design e del 15% ad Architettura. Una situazione che si conferma anche dopo il Dottorato di Ricerca, assestandosi al 12% per Ingegneria, all’8% per Design e al 24.6% per Architettura. Il conto è salato ma per Sciuto una soluzione c’è: “Credo che su questo aspetto si possa lavorare, in collaborazione con le aziende, per ottenere risultati più immediati”. In conclusione, commenta: “investire energie su questi due fronti, l’inserimento nel mondo del lavoro e la progressione di carriera, è centrale nel breve e medio termine, tanto dentro quanto fuori dall’università. Questo sarebbe di stimolo per aumentare il numero di donne all’interno di percorsi più tecnologici”.