Aumentare le risorse per l’intero sistema di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne, semplificare e velocizzare il percorso dei finanziamenti rendendolo a cadenza triennale, verificarne l’effettiva erogazione ai centri antiviolenza e alle case rifugio attraverso un sistema in grado di premiare esperienza ma soprattutto specializzazione, potenziare la governance centrale del sistema, istituire un Osservatorio nazionale permanente con compiti di valutazione indipendente. Sono gli impegni principali per il governo contenuti in una risoluzione bipartisan proposta dalla Commissione di inchiesta sul femminicidio, presieduta da Valeria Valente, e approvata quasi all’unanimità dall’Aula del Senato.
La risoluzione nasce da un’indagine, svolta dalla stessa Commissione, sui centri antiviolenza e sulle case rifugio e durata circa un anno, che ha rilevato l’assoluta centralità di queste strutture nella protezione delle donne vittime e quindi nella prevenzione del femminicidio. La risoluzione è sottoscritta dai senatori Valente, Leone, Rizzotti, Conzatti, Rufa, Maiorino, Casolati, Papatheu, Rampi, Laforgia, Vono, Rauti, Untemberger.
Attraverso i dati Istat e Cnr e con specifiche audizioni, la Commissione ha rilevato come, rispetto al passato, il Sud abbia colmato il gap. Nel 2017 i centri erano 366, di cui il 38,4% (137) situato al Nord, il 14,9% (61) al Centro e il 46,6% (168) al Sud. I centri presenti in Campania (69) e Lombardia (47) rappresentano circa un terzo di quelli attivi sull’intero territorio nazionale. In particolare al Nord e al Centro è presente una media di 1,1 strutture ogni 100 mila donne con più di 14 anni, mentre nel Mezzogiorno la proporzione è di 1,8. Tra le regioni “eccellenti” spiccano al Sud Campania, Abruzzo e Molise.
Fondamentali le associazioni femminili e femministe: la maggioranza assoluta dei centri antiviolenza (283) è gestita da privati senza fini di lucro. I centri antiviolenza a gestione pubblica sono 51 (15,2 per cento), dei quali oltre la metà sono localizzati nelle regioni settentrionali. Nel complesso, sono state assistite dai centri antiviolenza 49.021 donne, in media 156 a centro, mentre le case rifugio sono 264 e hanno preso in carico 4.483 persone tra donne e minori. Il balzo in avanti al Sud è avvenuto dopo il 2014, con il 32,5% dei centri nato dopo quella data, per “effetto – come registra la relazione della Commissione – da un lato di una notevole crescita della consapevolezza e impegno delle associazioni del terzo settore e dall’altro di un’azione strategica per accedere ai finanziamenti pubblici”. La risoluzione si propone di rafforzare questo sistema. Tra le richieste: criteri più stringenti per l’erogazione delle risorse, evitare gli appalti basati sull’offerta economicamente più vantaggiosa, sostenere gli enti privati, che hanno bisogno di di finanziamenti pluriennali per programmare meglio le loro attività, rendere più uniformi i livelli di governance delle Regioni.
“Abbiamo mantenuto ferma con tenacia la richiesta della revisione dell’Intesa Stato-Regioni del 2014 e finalmente le istituzioni ci hanno dato ragione”, afferma Antonella Veltri, presidente di D.i.Re, in merito all’approvazione da parte del Senato quasi all’unanimità della Relazione sulla governance dei servizi antiviolenza e sul finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio preparata dalla Commissione femminicidio, che ha ricevuto anche il parere favorevole del Governo. “Speriamo che la conferenza straordinaria annunciata dalla ministra per le Pari opportunità sia convocata al più presto”, prosegue Veltri, ricordando che “le criticità rispetto ai finanziamenti e al sistema di governance dei centri antiviolenza sono state messe in evidenza anche dal GREVIO nel suo Rapporto sull’applicazione della Convenzione di Istanbul in Italia”.
Non solo. “I centri antiviolenza devono essere messi in condizione di rispondere ai bisogni di tutte le donne residenti in Italia, anche delle donne migranti richiedenti asilo e rifugiate che hanno bisogni specifici e per le quali è necessaria la mediazione culturale”, specifica Veltri. “A Pechino, 25 anni fa, si stabilì che i diritti delle donne sono diritti umani. Assicurare loro percorsi di fuoriuscita dalla violenza orientati a una reale autonomia e libertà di scelta, come fanno i centri antiviolenza della rete D.i.Re e come chiede la Convenzione di Istanbul, significa realizzare finalmente anche in Italia gli impegni presi a Pechino”, conclude la presidente.