L’estate è la stagione della conversazione, molto più che delle susine. Sotto l’ombrellone, sulle panchine del lungomare, in fila alla gelateria, al parchetto con i bambini, capita di continuo di essere coinvolti, talvolta nostro malgrado, in conversazioni con perfetti sconosciuti. Spesso gli incontri vengono reiterati, come nel caso dei vicini di ombrellone.
“La conversazione dovrebbe sfiorare tutto, ma non soffermarsi su nulla”, secondo Oscar Wilde. Lo diceva in un’epoca in cui l’attività di conversare non era semplicemente un passatempo, ma una partita in cui si giocavano le sorti sociali dei partecipanti. Secondo il galateo, uno degli errori principali di una conversazione infruttuosa è quello di concentrarsi più sul cosa dire che sull’ascolto di ciò che ci viene detto, finendo col non comprendere il discorso e intervenire in modo inappropriato.
Ma che fare quando, nonostante la nostra buona volontà di ascoltatori, la conversazione prende una piega sgradevole? Se il vicino ha per esempio idee politiche differenti dalle nostre e tende a ribadire continuamente certi luoghi comuni irritanti? Se si diletta con le teorie cospirazioniste? Se polemizza su tutto e con tutti?
Tra ignorare l’interlocutore o dargli contro come pasionari indefessi, una via di mezzo che forse Oscar Wilde avrebbe apprezzato potrebbe essere maneggiare spunti di conversazione abbastanza interessanti da distogliere il nostro interlocutore dalla sua disputa comiziale. Argomenti sufficientemente curiosi, innocenti, totalmente avulsi dai poteri forti, persino edificanti. Una sfida impossibile? Ecco cinque spunti, cinque salvagenti da gettare tra le acque tempestose alzate dai polemisti di professione. Proviamo a mandare in vacanza il livore.
1- Signoramia, ha sentito dei bambini urbanisti di Correggio?
Un quartiere interamente progettato da bambini. Si tratta di Le Cordiandoline di Correggio, in provincia di Reggio Emilia. Una piccola isola colorata tra via Luzzati e via Malaguzzi, ovvero tra la via intitolata allo scenografo e illustratore di mondi fantastici, e quella del pedagogista che ha dato vita ai primi asili comunali per le madri lavoratrici. Il progetto, che ha vinto il Premio Peggy Guggenheim, è stato guidato dalla Grammatica della fantasia di Gianni Rodari, e ha coinvolto 700 bambini delle scuole materne. Il quartiere ha come perno centrale una grande quercia attorno a cui si sviluppano un prato e poi le case, tutte diverse, di tanti colori, come i coriandoli.
2- Signoramia, lo sa che lo sport più diffuso in Giappone è il baseball?
Su Reddit, piattaforma social che aggrega contenuti e news, c’è una pagina dedicata alle mappe. Non semplici mappe geografiche, mappe parlanti, che raccontano ognuna un modo diverso di leggere il mondo. Dalle mappe storiche, interessanti per osservare quanto distorta potesse essere la visione del mondo senza strumenti esatti per misurarlo, alle infografiche più recenti, MapPorn offre spunti infiniti non solo per cambiare discorso, ma anche per relativizzare un po’ certo egocentrismo.
3- Signoramia, gradisce un tramezzino decadente?
Ebbene sì, Gabriele D’Annunzio, il sommo vate, si dilettava nella creazione di neologismi, non solo per ampliare il vocabolario poetico delle sue opere, ma anche per scopi più commerciali o quotidiani. A lui dobbiamo l’invenzione del noto marchio La Rinascente, del termine “tramezzino”, nato per evitare di utilizzare l’inglese “sandwich”, ma anche del nome proprio Ornella. Lui appose per la prima volta lo “scudetto” su una divisa per calciatori, lui mise assieme l’acronimo Saiwa per la nota azienda dal nome ingestibile prima del suo intervento. Spinte sociolinguistiche da superuomo quale lui era, in ogni caso un ottimo spunto per aprire la questione: se la lingua è viva, e muta e si arricchisce in continuazione, perché resistere a certi cambiamenti come l’introduzione del neutro grammaticale nella lingua italiana? (Attenzione: quest’ultima osservazione può aprire una nuova via polemica. Maneggiare con cautela.)
4- Dove andremo a finire, signoramia?
Più che altro, quando andremo a finire? Secondo il Doomsday Clock, fra 100 secondi. Ed è l’orario più vicino alla fine del mondo a cui siamo arrivati dal 1953. No, non vogliamo alimentare i catastrofismi del nostro interlocutore. Il Doomsday Clock è una metafora, che dovrebbe piuttosto portarci a parlare dei problemi più urgenti e reali, al di fuori delle teorie complottiste. Si tratta infatti di un’opera simbolica le cui lancette si muovono verso la mezzanotte (l’apocalisse) in base all’avvicendarsi di eventi che possono infliggere danni irrevocabili all’umanità. Tipo il climate change, per dirne uno. Al momento della sua creazione, durante la guerra fredda, l’orologio fu impostato a sette minuti dalla mezzanotte; da allora, le lancette sono state spostate 22 volte. Tra il 1991 e il 1995, grazie ai trattati START per il disarmo nucleare, sono state spostate indietro fino a 17 minuti dalla mezzanotte. Ma abbiamo recuperato in fretta, a quanto pare.
5- Signoramia, ha fatto il check della UCLA University?
Per concludere, se proprio non siamo riusciti a distogliere il monologhista dai suoi argomenti infuocati, potremmo fargli notare come, stranamente, inspiegabilmente, la notizia che ha così tanta voglia di commentare con noi contenga tutte le istanze che caratterizzano le fake news.
Secondo un gruppo di ricercatori statunitensi, le narrazioni sono tenute insieme da fili che collegano più personaggi, luoghi e cose, ma nelle teorie cospirazioniste se anche uno solo di quei fili viene tagliato, gli altri elementi non possono più formare una storia coerente. Per quanto raffinato possa essere il mix tra elementi casuali, informazioni false e folklore che crea narrazioni verosimili (non lo è quasi mai, raffinato), si noterà inoltre come ogni teoria complottista sia stratificata su teorie precedentemente circolate. Le strutture narrative sono state analizzate da un’intelligenza artificiale. Ma c’è sempre l’ipotesi che anche l’AI stia cospirando per distruggerci tutti.