Ricerca sui tumori, sono online le azalee per la Festa della mamma

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L’emergenza sanitaria mondiale che stiamo vivendo non ha fatto sconti. Neanche ad eventi,  feste e ricorrenze. Anzi forse soprattutto queste occasioni mancate, saltate, o semplicemente rinviate, ci hanno dato il senso di una vita in qualche modo bloccata, per ragioni indipendenti dalla nostra volontà, e di attimi che ci sono sfuggiti di mano.

Dopo la festa del papà, vissuta chiusi rigorosamente a casa, in piena pandemia, ora tocca anche per la Festa della Mamma ridimensionare riti e abitudini. Uno di questi era l’acquisto dell’azalea della ricerca dai volontari AIRC che quest’anno – per la prima volta in 36 anni – non saranno in piazza. Una scelta doverosa per tutelare sia la loro salute che quella dei sostenitori della Fondazione dai rischi dell’emergenza Covid-19.

L’azalea sboccia anche in questo 2020, ma sarà disponibile esclusivamente online  – ordinandola su Amazon (info anche su AIRC.it) per riceverla direttamente a casa – a fronte di una donazione di 15 euro. Il messaggio che porta con sé è quello di non abbassare la guardia nei confronti della lotta ai tumori, anche e soprattutto in epoca di pandemia e garantire continuità alla ricerca sui tumori che colpiscono le donne.

La Ricerca non si è fermata durante la pandemia ed è proseguita in smartworking, portando avanti progetti che non possono essere interrotti. Lasciati in tutta fretta i laboratori, i ricercatori hanno raccolto armi e bagagli pronti a lavorare dal computer di casa e mettendoci la stessa passione di sempre. Questo periodo ha dimostrato che non solo è possibile condurre la ricerca lavorando da remoto, ma ha anche consentito di fare ulteriori e interessanti “scoperte” – è il caso di dirlo – come, ad esempio, dedicare tempo e risorse ad attività cui spesso non si riesce a destinare il tempo necessario, come la ricerca bibliografica.

airc_aza_federica-facciotti-img_0755«I laboratori sono stati chiusi da un giorno all’altro – racconta la ricercatrice e responsabile di gruppo Federica Facciotti – giusto il tempo di raccogliere i dati e siamo tutti andati a lavorare a casa, dove ci siamo prevalentemente dedicati all’analisi e alla ricerca bibliografica. Gli studenti e i dottorandi si sono suddivisi in gruppi di lavoro coordinati da una persona più esperta, e sono stati molto attivi, cercando di sfruttare il tempo a disposizione anche per scrivere articoli». «La ricerca condotta in smartworking – ha aggiunto – ha dimostrato alcuni risultati sicuramente positivi e che meritano di essere incentivati. Ha funzionato molto bene, sia sotto il profilo della qualità che della quantità. Pensiamo, ad esempio, ai viaggi che non abbiamo fatto per partecipare a convegni internazionali che siamo riusciti a gestire benissimo in remoto. C’è stato un notevole risparmio di tempo e di denaro, che, invece, potrebbe essere investito proprio nella ricerca. È mancato, d’altro canto, però, un lato importante per il nostro lavoro che è quello del fare network».

Conciliare smartworking e vita da neomamma non è stato facile, però, come si può facilmente immaginare. «Con le misure restrittive, la vita personale si è complicata – ammette Facciotti – ho un bimbo di 9 mesi, i nonni sono obbligati a stare in casa, così come la baby sitter. Mio marito è medico al Policlinico di Milano e, pur non assistendo direttamente pazienti COVID, è costantemente impegnato a fornire informazioni ai suoi pazienti, soprattutto a rassicurarli. Durante il giorno mi districo tra la cura di mio figlio, le telefonate, le videochiamate e le mail. Di sera, quando finalmente il bambino dorme, riesco a concentrarmi per esaminare i dati del laboratorio. Il Prof. Pelicci, direttore del Dipartimento di oncologia sperimentale in IEO, aveva già applicato alcune misure eccezionali per permettere ai ricercatori di continuare a lavorare in sicurezza, organizzando turni di lavoro in laboratorio e incentivando lo smart working, fornendo computer a tutte le persone per permettere loro di restare da casa. Dall’inizio dell’isolamento, i miei collaboratori mi hanno inviato ogni giorno dati, analisi, grafici, idee per nuovi esperimenti e articoli da leggere. Organizziamo periodicamente videochiamate e abbiamo una chat in cui ci mantenere i contatti. Proprio durante una di queste chiacchierate via web, il Prof. Pelicci ha condiviso con noi la necessità di dare un contributo in questo momento difficile e ha lanciato, quindi, la proposta di scrivere una lettera al Governo per convertire i nostri laboratori in centri per le analisi molecolari dedicate al Covid, chiedendo a ciascuno di noi un contributo attivo, che abbiamo accordato. Tanti colleghi del dipartimento sono sostenuti da AIRC – precisa – tutti hanno condiviso la necessità di mettere a disposizione la propria esperienza. Questa emergenza mi ha fatto capire quanto siano importanti gli affetti. La mia famiglia, i miei amici mi mancano immensamente ma so che presto potremo di nuovo stare insieme. Sono certa che questa emergenza ci abbia resi consapevoli del fatto che, come scienziati, abbiamo la grande responsabilità di comunicare la scienza nel modo più corretto ed efficace e che la vera forza è condividere le nostre conoscenze, unire le nostre forze per trovare risposte e terapie, tanto contro il Covid quanto contro il cancro».

visual-campagna-azalea-2020_def_jpg_bassaGià. Il cancro non si ferma con la pandemia. I dati ci dicono che solamente lo scorso anno in Italia circa 175 mila donne hanno ricevuto una diagnosi di tumore (Fonte: AIOM, AIRTUM, Fondazione AIOM e PASSI, I numeri del cancro in Italia 2019). Tra i tumori più diffusi al primo posto quello della mammella con 53mila nuovi casi nel 2019. In pratica colpisce una donna su nove nell’arco della vita, e con lei le persone che le stanno vicine. È però anche il tumore per il quale, negli ultimi decenni, la ricerca ha ottenuto risultati significativi, portando la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi a crescere fino a circa l’87%. Molte pazienti tuttavia aspettano risposte specifiche per le forme più aggressive che non rispondono alle terapie oggi disponibili, come accade per il tumore al seno triplo negativo e per il carcinoma mammario metastatico.

Segue al secondo posto di questa triste classifica il tumore al colon retto con 22mila nuovi casi e da quello del polmone, con 13mila nuovi casi.

Da AIRC, inoltre, fanno sapere che i tumori ginecologici interessano ogni anno circa 16.000 pazienti. Per il cancro dell’endometrio e della cervice uterina la sopravvivenza a cinque anni ha registrato una crescita costante, arrivando rispettivamente al 77% e al 74%. Più complessa la situazione del tumore dell’ovaio che risulta difficile da diagnosticare precocemente e spesso presenta un alto tasso di recidiva e di resistenza ai farmaci. Per superare questi problemi i ricercatori AIRC sono al lavoro su nuove combinazioni terapeutiche capaci di ridurre la resistenza ai farmaci e insieme stanno focalizzando l’attenzione sull’immunoterapia, con l’obiettivo di individuare composti in grado di stimolare le risposte immunitarie delle pazienti.

«Non dobbiamo dimenticare che il cancro non si ferma con la pandemia e non dobbiamo dimenticare le difficoltà dei pazienti oncologici che devono continuare a recarsi in ospedale per le terapie  – conclude Facciotti  – all’IEO, Istituto Europeo di Oncologia, dove lavoro, sono stati creati percorsi speciali per i pazienti oncologici perché sono più fragili e non possono essere esposti ai rischi durante le terapie. La prevenzione non può fermarsi perché sappiamo tutti quanto sia importante affrontare un tumore con la giusta tempistica».