Il Coronavirus è arrivato in Italia e purtroppo ha mostrato una grande capacità di contagio. Le Istituzioni hanno reagito seriamente per tentare il contenimento e fra le molte restrizioni volte a spezzare la catena del contagio c’è stata la chiusura delle scuole in molte regioni del Nord. Tutto bene, una razionale precauzione. Il Governo ha anche stabilito la sospensione degli adempimenti fiscali, dei pagamenti delle forniture di energia elettrica e delle rate dei mutui bancari fino a fine marzo. Tutto questo a sostegno di privati e imprese delle “zone rosse”.
In parallelo le politiche di supporto alle famiglie hanno toccato l’apice dell’assurdo: scuole chiuse e genitori al lavoro. Sì perché – fatto salvo il positivo apporto delle grandi aziende che culturalmente si confrontano con sensibilità globali – le imprese e gli imprenditori italiani aborriscono il telelavoro e paiono ignorare le esigenze delle famiglie. La politica, inoltre, pare non avere intenzione di occuparsi della questione.
Nasce quindi la categoria dei vacanzieri del Coronavirus, madri e padri che chiedono ferie e permessi per far fronte all’emergenza, per mantenere gli equilibri familiari, per badare ai figli e assistere chi in questi giorni è costretto a casa: principalmente disabili e anziani. Mentre il sistema gira a vuoto e non riesce neanche più a balbettare qualcosa in merito alle politiche di conciliazione, alcuni ancora fanno finta di proteggere dinamiche demografiche positive e nuclei familiari.
Da troppo tempo si attendono una legge ben fatta sui caregiver familiari, incentivi all’applicazione del telelavoro, forme di sostegno al lavoro agile, riconoscimento della centralità delle azioni a favore della conciliazione di lavoro e vita privata. Tutti interventi che tardano ad arrivare perché la nostra classe dirigente è culturalmente restia a derogare al principio di sorveglianza.