Contante, a che punto siamo con la cashless society?

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Scegliamo il prodotto nella app di riferimento e autorizziamo il pagamento sfiorando un bottone sullo schermo. A cena fuori, appoggiamo la carta al dispositivo e aspettiamo la conferma di “transizione effettuata”. La spesa online viene direttamente addebitata nel nostro profilo del supermercato di fiducia.

A raccontarla così il contante sembra passarsela maluccio. Persino i bambini riconoscono prima l’icona del carrello che le diverse monete e la fatina dei dentini regala somme virtuali, non più monete sonanti.

Possiamo davvero vivere cashless? Se ci troviamo in alcune parti del mondo pare di sì.
Certo i Paesi Bassi, dove vivo, è un po’ caso limite: nazione tra le prime in Europa per penetrazione e cultura del pagamento digitale, qui si discute piuttosto della legalità del comunissimo cartello “Hier alleen pinnen” – cioè: solo pagamenti con bancomat – presente anche negli uffici pubblici. E si è talmente abituati ai trasferimenti senza monete che per dividere una qualsiasi spesa ci si manda un “Tikkie” (dal nome di una diffusa app che semplifica il farsi un bonifico).

Situazioni particolari a parte, il tema propone risvolti affatto marginali: dalle questioni di sicurezza, certezza dei pagamenti, controllo e contrasto all’evasione (su cui esperti fiscalisti argomentano in modo molto approfondito), alla percezione di praticità nelle transazioni. Senza poi contare la traccia digitale lasciata a ogni transizione che può essere usata da terzi non sempre per scopi cristallini, o il pericolo che un qualsiasi blackout possa bloccare tutto.

Ma seppure sono noti ai più i potenziali rischi, l’ondata d’urto sembra inarrestabile e non è più fantascienza discutere di società senza contante. Lo testimoniano, per esempio, l’istituzione nel 2015 del Community Cashless Society, piattaforma di confronto sul tema del think tank The European House Ambrosetti; le discussioni sui rischi-benefici di inizio 2020, del World Economic Forum; o ancora la diffusione ormai capillare di sistemi di pagamento alternativi, dallo storico PayPal all’Apple Pay e il dilagare di sistemi contactless o l’avanzata delle transizioni autorizzare tramite riconoscimento facciale (con la Cina a fare da apripista). Senza allargare il discorso alle cryptovalute, tema annoso che necessita di un capitolo a parte.

In linea generale, limitare il contate permette di abolire alcuni costi e passaggi intermedi, un controllo più stretto sui pagamenti e, di conseguenza, (dovrebbe) aiutare nella lotta contro evasione e corruzione. Secondo le visioni più ottimistiche (o utopistiche?), poi, permetterebbe addirittura di costruire un mondo più equo in grado di garantire benefici socio-economici nelle aree del mondo in via di sviluppo e di abbattere tutta una serie di disuguaglianze.

L’avanzata del digitale, però mostra alcuni lati “oscuri” ed episodi di stallo, manifesti in alcuni paesi più sviluppati, tra cui l’Italia. Nonostante le leggi introdotte (che non sembrano troppo efficaci ) l’Italia è ferma nella transizione verso il pagamento cashless (anche se negli ultimi anni si è registrata una qualche crescita in termini di volumi), resta tra le peggiori economie al mondo per incidenza del contante sul valore del PIL e presenta un quadro tanto disomogeneo che è più corretto parlare di “Italie”, quasi parlassimo di diverse nazioni . La situazione è figlia anche di questioni più strutturali, su tutte la grande differenza nella diffusione degli strumenti che abiliterebbero la penetrazione del digitale, nonostante alcuni casi virtuosi e buone pratiche. Troppo facile sperimentare limiti di spesa minimi imposti per pagare tramite POS, sempre che non risulti (opportunamente?) “guasto”.

Ogni cambiamento conosce uno scontro di epoche e forse oggi siamo proprio a quel punto lì. Diventa davvero urgente allora immaginare, predisporre e far applicare regole che oltre a quanto è reale-fisico si interessino dei dati che dai server corrono sulle linee ADSL o sulla fibra e arrivano a tutti i dispositivi adatti a gestirli.

  • vittorio rosi |

    per scoraggiare l’uso del contante, e incentivare invece quello della carta, perché i bancomat e i postamat non distribuiscono solo biglietti in tagli da 20 e 10 euro? Chi ha bisogno di biglietti da 50 o più ne faccia domanda scritta allo sportello… Forse tanti “piccoli” pagamenti in nero scomparirebbero.

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