Carfagna: “Violenza sulle donne, fare di più su fondi e applicazione leggi”

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Fondi ancora da ripartire, forze dell’ordine e magistrati sommersi di lavoro che non riescono a selezionare i casi più urgenti e buone leggi che però “non sempre vengono applicate con rigore”. Sono le criticità nella lotta alla violenza maschile sulle donne sollevate, in un’intervista ad Alley Oop-Il Sole 24 Ore da Mara Carfagna, vicepresidente della Camera dei deputati ed ex ministra per le Pari opportunità. “La strada da fare – sintetizza – è ancora molto lunga”.

Nei giorni scorsi la vicepresidente, proseguendo la campagna di sensibilizzazione ‘Non è normale che sia normale’, lanciata sui social nel 2018, ha presentato una nuova iniziativa in occasione della Giornata internazionale della violenza maschile sulle donne del 25 novembre: ha presentato una canzone rap realizzata dagli studenti dell’istituto Copernico-Carpeggiani di Ferrara e dato vita ad una raccolta fondi in favore degli orfani di femminicidio. “Non è normale che sia normale” è  in vendita su tutti gli store online e gli introiti saranno devoluti in beneficenza all’associazione “Il Giardino segreto” che avrà cura di far arrivare i soldi alle famiglie affidatarie.

   Vicepresidente, il piano anti violenza del 2017 non è ancora implementato del tutto, il piano di azione firmato Spadafora è rimasto al palo. Sicuramente il cambio di esecutivo non ha aiutato, ma dov’è secondo lei il nodo principale da sciogliere ?

Lo stanziamento complessivo dei fondi nazionali per il triennio 2015-2017, circa 85 milioni di euro, non è stato ancora liquidato del tutto. Anche quando vengono erogati agli enti locali, alcune Regioni non sbloccano il denaro che serve a sostenere centri antiviolenza e case rifugio. I criteri di erogazione variano da una regione all’altra e talvolta arrivano a escludere centri di provata esperienza. Come nel caso della Lombardia, che condiziona l’erogazione dei fondi alla comunicazione di dati sensibili, a cominciare dal codice fiscale delle donne accolte. Qualche giorno fa il centro Thamaia di Catania ha reso noto che il Comune deve loro 70 mila euro. Si tratta di uno stanziamento erogato nel 2016 dalla Regione Sicilia, e al centro Thamaia sono arrivati appena 13mila euro.  Credo che  su questi fondi ci vorrebbe un’assoluta trasparenza, e che sarebbe molto utile un monitoraggio costante dopo lo stanziamento.

Il Codice Rosso varato di recente ha ricevuto plausi ma anche varie critiche,  ad esempio nella previsione dell’obbligo dei pm di sentire le vittime entro 3 giorni. Pensa che ci siano dei correttivi da dover adottare?
Il Codice Rosso ha ispirato fiducia alle donne, le ha incoraggiate a denunciare, e si tratta di un risultato molto rilevante. La Procura di Milano ha reso noto che le denunce sono aumentate fino ad arrivare a una media di  30 al giorno, significa 900 casi al mese, la Procura di Roma parla di 700. Questo ci dà l’idea dell’ampiezza e della drammaticità del fenomeno, ma le nostre Forze dell’Ordine, che sono competenti e preparate, così come i magistrati e il personale amministrativo, sono pochi e sommersi di lavoro e lanciano un allarme: non riescono a selezionare i casi davvero urgenti. In tutte le Procure servirebbero task force dedicate con organici adeguati, per applicare drasticamente  l’articolo 282-ter, grazie al quale il giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Il crimine va prevenuto, bisogna evitare a ogni costo il contatto tra chi è accusato di una violenza e chi la subisce. Eppure talvolta neppure questo basta, e infatti abbiamo presentato una proposta di legge per innalzare le pene di chi viola il divieto di avvicinamento così da poter applicare l’arresto in flagranza di reato.

In generale crede che servano altri interventi legislativi sul tema della violenza?In Italia abbiamo già buone leggi, ma non sempre vengono applicate con rigore e una parte della magistratura motiva la riduzione delle pene per il femminicidio con una sorta di “comprensione” per le ragioni degli assassini. Dietro a un femminicidio ci sono sempre delle ragioni, ma sono ignobili, non sono attenuanti. La violenza maschile sulle donne non è fenomeno marginale, non è un argomento come un altro: è una piaga del nostro Paese, dove cala il numero totale degli omicidi ma resta stabile quello dei femminicidi. Non può essere sottovalutata, trattata alla stregua di un reato minore. Questi criminali che distruggono la vita di tante donne, e compromettono per sempre la salute e il futuro dei figli che rimangono, non possono tornare in circolazione dopo qualche anno: non è giusto e crea insicurezza e sfiducia nel Paese. Sono impegnata da sempre in questa battaglia e come legislatore provo amarezza e rabbia quando mi rendo conto che la legge punisce il femminicidio con 30 anni di reclusione ma poi un assassino che si costituisce e confessa prende le attenuanti generiche, se è incensurato ecco che arriva un’altra attenuante, se risarcisce il danno agli eredi, che di solito sono bambini rimasti senza madre, riceve un ulteriore sconto di pena. La strada da fare è ancora molto lunga.

Degli strumenti di tutela per le donne vittime di violenza, di fondi, norme e  azioni concrete nella lotta a un fenomeno radicato nella società si parlerà al convegno nella sede milanese del Sole 24 Ore, organizzato da Alley Oop-Il Sole 24 Ore dal titolo  #NONSEISOLA – #SEMPRE25NOVEMBRE

L’evento è gratuito, con registrazione obbligatoria. Riserva il tuo posto in sala.

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